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“Parole facilmente soddisfatte” - poesia, racconti - |
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Dalla Prefazione a: “Parole facilmente soddisfatte” – di Alessandra Carli _____________________________________________ La
coscienza dolorosa di una impossibile rappresentazione dell’esperienza,
specie di un’esperienza inscrittasi con forza, drammaticità se non
esasperazione nelle zone più profonde della memoria personale, è elemento
particolarmente marcato nella scrittura di Alessandra Carli. Una scrittura
che ripropone, a volte con accenni d’insofferenza, altre volte con venature
di sarcasmo esistenziale, tutta la massiccia preponderanza di quella
coscienza. (..) Da qui si dipartono, nella scrittura di Alessandra Carli, i
rivoli di quell’interrogazione che sa accettare la sfida con l’esasperazione,
con lo sfinimento, con lo sfibramento delle corde dell’anima. È una sfida
senza condizioni, potremmo ben dire, a volte costretta a una tregua
dall’immensità divina di un dubbio che le si para contro, e altre volte,
invece, risolventesi in un inaspettato salvifico dominio sul percorso del
proprio destino: “Devo assolutamente creare dopo aver distrutto,
altrimenti si formeranno buchi troppo grossi e profondi da colmare; è così:
il vuoto ti riempie e tu non te ne accorgi” (da “Creare dopo aver
distrutto). Della
scrittura della Carli va infine rilevato un altro aspetto: quello di una
disinvolta e ammaliante miscelazione del tempo e dello spazio costantemente
realizzata sempre attraverso l’uso dell’immaginario di un corpo: l’Autrice
parla di un corpo da lei vissuto e conosciuto in certuni spazi e tempi
andati, ed è già nel presente, in uno spazio condiviso col corpo filiale;
descrive un corpo di lui nella fusione di un giorno d’ieri perdutosi nelle
nebbie della memoria ed è già qui, in altro luogo e spazio, che rimanda la
storia del proprio corpo agli anni della fanciullezza e della speranza più
verde. “Chi siamo, in fondo, se non proiezioni d’incontri, di identità, di
contatti e identificazioni?”, sembrano suggerire certe
dislocazioni immaginifiche. Ora,
anche al di là della resa poetica e di micronarrazione che si pone con una
valenza simbolica e un’originalità di modulazione ritmica tutte proprie,
quell’interrogativo che dalla scrittura della Carli scaturisce ed erompe è, a
mio avviso, un interrogativo ‘forte’ che soprattutto oggi, alle soglie del
terzo millennio, quindi di un’epoca che ha già ben avviato quantomeno le
premesse di un processo per l’estrinsecazione a tutto tondo dell’universo
psico-fisico dell’essere umano (non per ultima quella arditamente proposta
dai nuovi orizzonti del virtuale), la figura dell’artista non può eludere.
Anche perché dietro quell’interrogativo continuano a pulsare antichi approdi
conoscitivi che pur nel loro carattere essenzialmente misterico/esoterico
l’individuo, specie se artista, dovrebbe avvicinare, conoscere, elaborare:
per percepire il senso, com’è nello specifico dell’Autrice Carli, insito per
l’appunto nella prospettiva d’un tempo circolare, nella concatenazione
simbolica della spazialità, nell’Archetipo Androgino. Marina Palmieri |
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^ In copertina (in alto a sinistra): “Lo
specchio” - disegno in b/n di Alessandra Carli (Alexis) |
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