Annotazioni sul (e attorno al) libro
del Prof. Silvio Bolognini «IL CYBERBULLISMO COME VOLTO DEMONIACO
DEL POTERE DIGITALE E LE (POSSIBILI) POLITICHE DEL DIRITTO ANTIDOTO» (Giuffrè
Editore, 2017; Pubblicazioni CE.DI.S. – Università e-Campus) - di Marina Palmieri |
L’interrogativo attorno al paradigma di una relazionalità ‘web-mediata’. Punto 02) >>> Il “qui e ora”. La dittatura del clic. L’effetto disgregazione. Punto 03) >>> Esistenza “tecnomediata” e problematicità del processo conoscitivo. Le declinazioni dell’empowerment digitale. Punto 04) >>> Alla ricerca del sentimento (e del diritto) dell’“Esser-ci nel mondo”. Le strategie educative. Oltre le etichettature paradigmatiche. Punto 05) >>> L’intelligenza morale. Nuove prospettive etiche nei programmi educativi. Una svolta di pensiero contro il Moral Disengagement (e contro cyberbullismo / cyberviolenza). Punto 06) >>> Rilevare il disagio e gli stati di rischio da violenze web-mediate: l'importanza della Metodologia dei Monitoraggi. Risposte a formulazione libera. Problemi di condizionamento nelle risposte. Punto 07) >>> ≈ La centralità della dimensione della morale nell’educazione. «L'“educazione morale” e le istanze provenienti dalle nuove prospettive etiche» (S. Bolognini) ≈ La prolusione del Cardinal Gianfranco Ravasi rivolta ai seminaristi dell’Istituto Superiore di Teologia di Évora (Portogallo). ≈ Il web al vaglio del discernimento e della scelta. || «vagliate ogni “cosa” e tenete ciò che è bello/buono (kalòn)”» (1 Tess5, 21). Punto 08) >>> ● Le narrazioni, spesso inadeguate e sbrigative, sul vissuto di sofferenza delle giovani cybervittime. ● Una diversa lettura del "male oscuro": «Il superamento della depressione. La lezione di Qohelet». Spunti anche per il mondo giovanile dei 'social'. La crisi profonda sul senso del vivere: nel singolo e, da sempre, nella storia. Punto 09) >>> 2019: Nuove azioni “sul campo” per un uso responsabile del web. ■ Questioni etiche e legali, sollevate da istituzioni parlamentari e da enti governativi a tutela dei minori. ■ Le iniziative di Unitremilano su IA e la Lezione Magistrale su "Intelligenza Artificiale tra Mito e Realtà". “Quando la tecnologia demarca il confine tra utopia e distopia”. ■ E inoltre: (prove di) fluidificazione della resilienza umanistica. Punto 10) >>> ■ Tendenze suicidarie giovanili: dati raddoppiati nel corso di un anno. Il monitoraggio dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza. ■ L'intenzionalità meditata, le web-sette create da adulti e il fenomeno delle ‘chat suicide’ (‘Blue whale’ e non solo). Punto 11) >>> Cyberbullismo ed esiti suicidari. Rispettare il vissuto dei vivi e il già vissuto dei morti. Rispettare il pudore, anche nelle narrazioni. Punto 12) >>> ■ Su Normazione e Configurabilità del reato || Cyberbullying e violazione di norme penali. || Cyberbullying e illecito civile. ■ Cyberbullismo, Cyberharrassment e dintorni: quando nel sadismo sul web confluiscono le caratteristiche dello “Stalking sadico”. ■ Focus sul "criterio di selezione" da parte del persecutore (riferimento: strumento S.I.L.VI.A., 'Stalking Inventory List per Vittime e Autori'). Punto 13) >>> Il gioco al massacro, tra i giovani cybernauti, delle interpretazioni sulle intenzioni autolesionistiche. E nelle ricostruzioni dei casi di web-vessazione risoltisi in suicidio: il dilemma del “riconducibile” o del “non riconducibile”. Punto 14) >>> Il cyberbullismo e l’innesco a fine-zero. Induzione alla depressione e al suicidio. Integrazione delle due varianti del bullismo. Punto 15) >>> Se il “cyber” può far male – e molto – alla salute. I cyber-danni e i giovani di oggi. Pressioni smart-tecnologiche e (quale) sostenibilità della fisiologia umana. Punto
16) >>> Discrepanze tra mondi paralleli: il web, la scuola, la televisione. La “crisi” dei giovani (cybernauti) e l’effetto di traino del ‘trash’ in tv. Il bullismo fra adulti, la sua spettacolarizzazione mediatica e il suo lavorìo nel mondo del web. (con proposta di trattazione comparata) |
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■ Note
sull’Autore de «IL CYBERBULLISMO COME VOLTO DEMONIACO DEL
POTERE DIGITALE E LE (POSSIBILI) POLITICHE DEL DIRITTO ANTIDOTO» (Giuffrè
Editore, 2017; Pubblicazioni CE.DI.S. – Università e-Campus): SILVIO
BOLOGNINI Prof. Straordinario - Università e-Campus,
cattedre "Teoria generale del diritto" e "Principi giuridici
fondamentali, legislazione e programmazione dei servizi". Direttore CE.DI.S.
- Centro Studi e Ricerche sulle politiche del diritto e sviluppo del sistema
produttivo e dei diritti - Università e-Campus). |
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L’interrogativo
attorno al paradigma di una relazionalità ‘web-mediata’. |
01-a) Tra i molti passaggi illuminanti
dell’argomentazione svolta dal Professor Silvio Bolognini nel suo «Il Cyberbullismo come volto
demoniaco del potere digitale e le (possibili) politiche del diritto antidoto»
(Giuffrè Editore, 2017; Pubblicazioni CE.DI.S. – Università e-Campus) si rileva
qui, in questo primo tassello di annotazioni, il passaggio che con evidente
forza propositiva sospinge la coscienza del lettore a interrogarsi sulla
presunta giustezza, sulla presunta convenienza, del paradigma della
massmedialità (ambizione paradigmatica). L’interrogativo proposto è il
seguente: è veramente giusto, oppure no, adeguarsi
al paradigma imperante di una relazionalità 'web-mediata', 'cyber-mediata',
e comunque di una relazionalità quasi programmaticamente dominata dalle logiche
funzionali del mondo-internet (con particolare riguardo ai social-net, ma non
soltanto)?
01-b) Il 'programmaticamente' sembra per di
più evincersi anche da molti di quei piani, programmi, interventi (pure di
carattere istituzionale; vedasi, a tale proposito, alla voce ‘Fonti istituzionali’ presente nella
Bibliografia generale della citata pubblicazione del Prof. Bolognini) dichiaratamente
formulati e messi a punto quali strumenti di contrasto ai fenomeni di violenza
sul web. Ovvero: quei piani e programmi indicano sì delle linee di contrasto
“al peggio del web” e tuttavia, nella loro formulazione generale, sembrano non
mettere in discussione il fatto che gran parte della relazionalità umana passi
oggigiorno attraverso il web stesso. A
quando una riformulazione critica del suddetto paradigma della
massmedialità? A quando un pensiero che si faccia capace di richiamarci
all’importanza di un divenire autenticamente umanistico dell’essere, un
pensiero che stia a ricordarci che lo sviluppo della intrinseca progettualità
umana non può prescindere dalla dimensione
etico-filosofica (e morale) del “Sé” e, precisamente, del “Sé in divenire”, e che dunque stia a
ricordarci – quel pensiero – che la progettualità umana medesima debba essere
messo al riparo dai dettami e dai
condizionamenti della dimensione-web?
Ci
sono molte parti, nel libro
del Professor Bolognini, che pongono questo tipo di interrogativi, e,
nello specifico del mondo giovanile e dell’educazione scolastica, sono le parti
comprese nel capitolo «3.1. L'“educazione morale” e le istanze
provenienti dalle nuove prospettive etiche», p. 178 e segg., con
particolare riguardo all’approccio SMSC –
acronimo di Spiritual, Moral, Social and
Cultural Education – di cui alle pagine 184-185 della stessa opera del Prof. Bolognini. Ulteriori
annotazioni sulle parti del libro nelle quali viene illustrato, analizzato e
commentato l’approccio SMSC sono, in questo testo di annotazioni, riportate più
avanti al punto
0.5.
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Il “qui e ora”. La dittatura del
clic. L’effetto disgregazione. |
Qui
alcuni primi SPUNTI
Prima di procedere in ulteriori
annotazioni sulla necessità di (ri)pensare il paradigma, ormai pervadente e
anche oltremodo intrusivo, della relazionalità web-mediata, chi scrive ritiene
opportuno annotare che qualsivoglia (ri)pensamento del paradigma della
massmultimedialità non possa affatto prescindere non già e non solo dalla
morale, e non già e non solo dall’etica, ma, più in senso lato, da un pensiero
filosofico e, più in senso specifico, da un pensiero filosofico diacronico. È
qui che entra in causa l’aspetto, fondamentale, del “Sé in divenire”, ove il divenire sia da mettere in rapporto (a)
tanto alle varie fasi dello sviluppo del Sé nell’esistenza umana del singolo
soggetto, (b) tanto ai flussi di pensiero delle parti di umanità che hanno
‘preceduto’ il soggetto stesso e (c) tanto a quei flussi in stato di
germinazione che, prevedibilmente, saranno quelli del pensiero dell’umanità
“che verrà” (ossia dell’umanità che si manifesterà su questa terra). === 02-A Questo aspetto
della necessità di (tornare a) leggere
la vita oltre il dato contingente e oltre i tempi contingenti pone, sempre
a parere di chi scrive, l’urgenza di rapportarsi con viva forza di dialettica
e, nel caso, anche di contrasto rispetto all’elemento della “simultaneità” che
tanto caratterizza la personalità del mondo web. Una simultaneità di tipo disgregante, si aggiunge, poiché nel
rendere una (pseudo)interpretazione del mondo come se nel prima e nel dopo del
“qui ed ora” non vi fosse nulla, finisce con l’ingenerare negli intelletti meno
cognitivamente attrezzati una sorta di pensiero sincronico che, per l’appunto,
disgrega il senso del Sé: ovvero il senso del Sé per ciò che riguarda le
possibilità evolutive dell’essere stesso, come pure il senso del Sé per ciò che
riguarda le interazioni, fisiologicamente dinamiche, con l'ambiente socio-umano
tutto, e dunque anche le interazioni con – in quello che è il corso della
Storia – la stratificata dimensione mentale/intellettiva/filosofica. 02-B
Alla (s)qualifica di ‘disgregante’, c’è nondimeno da aggiungere quella di
‘annichilente’, giacché quel meccanismo (solo apparentemente di funzionalità e
di intento tecnico e tecnologico) di sincronizzazione che si ripropone
attraverso ogni singolo clic – e attraverso modalità di simultaneità dei due
sistemi binari in azione (ovvero il sistema binario che governa l’informazione
in entrata/immissione, e il sistema binario che governa l’informazione in
uscita/emissione) – ha molto a che fare anche con il progredire di atteggiamenti mentali, se non di costruzione
di vere e proprie forme mentali, di tipo nichilistico. Come poc’anzi si ricordava: (è) «come se nel prima e
nel dopo del “qui ed ora” non vi fosse nulla», ossia come se nel prima e nel
dopo della dittatura del clic non vi fossero nient’altro che dei vuoti
pneumatici (e qui, per associazione letteraria di idee, viene in mente anche
quel meccanismo tanto bene espresso da George Orwell nel suo “1984”, laddove lo
stesso autore nel narrare i princìpi ideologici e le pratiche del ‘Socing’
illustra le varie metodologie di distruzione del passato – scientifica
distruzione di tutto quanto sia e sia stato il passato –, un tipo di pervicace
distruzione attuata anche e molto attraverso l’imposizione di parole del
Dizionario in ‘Neolingua’, contrapposte alle vietatissime parole della
‘Archeolingua’). 02-C E certamente, per chi altre capacità di lettura e di
interpretazione voglia metterle in pratica e ne sia capace, le capacità di una
lettura diversa dello stesso web esistono, così come di fatto esiste la
possibilità di una lettura meno sincronica (e meno sincronicizzata dal sistema
del web) e, per contro, più diacronica, e – pure – così come di fatto esiste la
possibilità di inoltrarsi in piani di lettura/ricerca/interpretazione di tipo
crossdisciplinare: ma non bisogna dimenticare che questi tipi di possibilità,
queste opzioni di “andamento” di lettura e di ricerca, attualmente, attengono a
metodi di uso necessariamente più lenti, più geometricamente articolati
(capacità di astrazione logica del pensiero) e più a tenuta di capacità di mantenere ‘la rotta’ (della
ricerca) che si sta seguendo. Invece, il meccanismo opposto, quello
ordinario e di default, ossia il meccanismo di fatto imperante e “alla portata
di tutti”, è e rimane assolutamente più facile, più veloce, e meno dispendioso
anche in termini di impegno mentale e di impegno psicofisico a tutto tondo. Il
rischio di ciò è il Nulla, dunque – in quest’era del “sincronizza tutto” e della (‘cyberfavola’ della) facile
accessibilità –, o del poco e nulla
attorno al ‘qui ed ora’, con conseguenti vuoti di pensiero, vuoti di riferimenti: è questa l’era
del clic, della risposta facile e immediata, ove (altra aberrazione) sembra quasi che ad avere diritto di
riconoscimento all’esistenza sia soltanto quello che si trova subito sul web.
Come può un tale meccanismo di
azzeramento dei tempi e di desertificazione del pensiero non avere effetti
nefasti negli intelletti, come poco prima si diceva, meno cognitivamente
attrezzati e nelle menti dei più
giovani, nelle menti dei giovanissimi e dei più piccoli? === Per il
momento, in queste righe, si lascia questa considerazione in forma di mero
appunto, sebbene con il proposito di ritornarci in maniera più estesa. 02-D
È in ogni caso più che opportuno mettere in evidenza quanto efficacemente
indicativa (indicativa in relazione agli sviluppi argomentativi delle pagine
interne) e quanto rilucente, vigorosa, affilata sia, nel titolo del
citato libro del Professor Silvio Bolognini, quella parte di
titolazione che in relazione al tema del cyberbullismo recita: «(..) volto demoniaco del potere digitale (..)». Un’indicazione,
questa, che poi al lettore mostra subito la sua massa di bilanciamento, il suo contrappeso altrettanto indicativo,
nel sigillo delle vicine note
di chiusura della Prefazione dello stesso Prof. Bolognini, ovvero quelle
note che ritroviamo alla quarta di copertina (e dunque a strettissima distanza
dal titolo, a qualche frazione di secondo di rigiro del volume tra le mani)
come pure ai primi fogli interni del libro e nelle quali trovano espressione «la valorizzazione dell’identità personale», «il recupero del senso morale», «il rispetto della
legalità»:
«(..) L’induzione alla violenza (anche estrema) favorita
dal web, la presenza di codici – all’interno della comunità virtuale –
caratterizzati da consistente antigiuridicità, il ridimensionamento attualmente
riscontrabile della distinzione tra identità reale e identità digitale,
sollevano per altro problemi che possono essere fecondamente affrontati non
solo identificando gli elementi di crescente criticità cui porta l’utilizzo
massivo del web (soprattutto da parte delle giovani generazioni) ma anche impostando
una
politica del diritto che non tenda esclusivamente alla repressione diretta del
fenomeno ma anche a promuovere le condizioni per cui la valorizzazione
dell’identità personale, il recupero del senso morale ed il rispetto della
legalità ne ridimensionano alle radici le possibilità di attecchire.»
Università e-Campus
CE.DI.S. – Centro Studi e Ricerche su
Politiche del Diritto e Sviluppo del Sistema Produttivo e
dei Diritti
Il Direttore
(Prof. Silvio Bolognini)
[cfr.: pag. v e quarta di copertina de «Il
Cyberbullismo come volto demoniaco del potere digitale e le (possibili)
politiche del diritto antidoto», Silvio Bolognini; Giuffrè Editore, 2017]
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Esistenza
“tecnomediata” e problematicità del processo conoscitivo. Le declinazioni
dell’empowerment digitale. |
Tornando
al tipo di attenzione, in molti degli attuali piani e programmi di contrasto ai
fenomeni di violenza sul web (Ved.
punto 01-b),
che viene in varia misura riservata alla protezione di giovani e adolescenti,
si ripropone in queste righe l’argomento di “quale pedagogia” sia oggi da discutere in rapporto ai modelli
educativi e modelli di istruzione nei quali sembra invece essersi stabilizzata
una gerarchia di modalità interattive all’apice della quale resta, pressoché indiscussa, la modalità
web-mediata. == Verrebbe da dire: “piccoli cittadini
crescono”, e la modalità per l’appunto privilegiata dei programmi di formazione
dei piccoli sembra essere, ovvero sembra essersi attestata quale, la modalità
della web-relazionalità, e con essa
una modalità di lettura e di interpretazione dell’esistenza che debba
necessariamente passare attraverso interazioni e modelli di socialità mediati
dalla tecnologia (specialmente la tecnologia delle piattaforme, quelle dei
social networks). (<<
03-A).
«La disponibilità di contenuti digitali eterogenei
facilmente estrapolabili, modificabili e ricomponibili amplifica le facoltà
poietiche dell’individuo, mettendogli a disposizione uno strumento
straordinario per gestire il processo creativo in ciascun ambito in cui la
creatività trova espressione.
La fondamentale caratteristica umana su cui, tuttavia, il
potere digitale maggiormente impatta, tanto da avere radicalmente mutato lo
stile di vita di più generazioni (nativi e migranti digitali), è senza dubbio
quella della socialità. (..)
A tale fenomeno è sotteso uno straordinario potenziamento
delle possibilità di attivare contatti e relazioni, in una parola, di
“socializzare”.
Lo stesso processo conoscitivo cui si è fatto rifermento
sopra tende irreversibilmente a socializzarsi: si parla oggi di modelli di
costruzione sociale della conoscenza, che utilizzano logiche reticolari atte a
dare forma ad un sapere fluido e condiviso (..)
Complice la diffusione dei dispositivi mobili i social media sono diventati spazio,
virtuale, privilegiato di costruzione di relazioni, rafforzate dalla massiccia
e sistematica condivisione di opinioni, immagini e video che veicolano vissuti
esperienziali quotidiani, cosicché la percezione degli altri, i rapporti umani
e le stesse emozioni sono sempre più “tecnomediati”.
Emerge in questo contesto, sovrapponendosi all’identità
personale e sociale del soggetto, un’identità digitale che si relaziona con
altre identità digitali attrici di relazioni virtuali non più sottoposte ai
vincoli dello spazio e del tempo. (..)»
(cfr. S.Bolognini,
op.cit., pp.1-2)
Così
l’Autore Prof. Bolognini su quelle dinamiche di declinazione dell’empowerment digitale, dinamiche che
finiscono con il coinvolgere le dimensioni della produzione e del consumo,
ovvero arrivano ad assorbire l’identità
del soggetto già “web-socializzante” (e già “web-socializzato”) nelle, di
lì a poco, identità di produttore e identità di consumatore:
«Gli aspetti richiamati di socializzazione della
conoscenza, di presenza attiva, di riconoscibilità e identità dell’individuo
nelle strutture reticolari dell’universo digitale generano un empowerment che si vorrebbe declinato
anche in rapporto all’identità del soggetto come cittadino e come consumatore:
sebbene, in quest’ultimo caso, il concetto e il neologismo “prosumer” (crasi
dei termini inglese producer e consumer, che identifica la convergenza
di due ruoli), coniato da Alvin Toffler (..), non nascano in rapporto alle
nuove tecnologie per la comunicazione, è pur vero che il Web 2.0 si è posto come strumento chiave di potenziamento della
creatività del consumatore (..)»
(cfr. S.Bolognini,
op.cit., p.3)
Ma non è tutto in quei passaggi
di scivolamento,
e di assorbimento, da un’identità web ad un’altra identità web. Altrimenti
detto: non è tutto in quelle
declinazioni dell’empowerment
digitale che creano, o caldeggiano la creazione di, nuovi ruoli (e nuovi
assoggettamenti) “a intreccio” per
il soggetto che abbia preso anche soltanto un po’ di confidenza con il web.
Infatti, nelle esplicitate volontà del potere digitale, vi sarebbe – oltre
all’identità del soggetto ‘social’ e
virtualmente socializzato, oltre all’identità del soggetto web-producer e all’identità del soggetto
web-consumer, senza dimenticare
l’identità di prosumer – anche
l’identità di web-smart-citizen, meglio nota con il termine di “smartcitizen”.
L’argomento
qui sopra delineato, che ruota attorno all’aspetto tematico del facile
assoggettamento dell’utente-web al meccanismo sospinto dalle varie declinazioni
dell’empowerment digitale, non è facilmente proponibile al pubblico
‘comune’, pur essendo proprio il cosiddetto pubblico comune il destinatario
del meccanismo stesso, un meccanismo di
concatenamento di ruoli identitari, di funzioni identitarie. Non è
facilmente proponibile soprattutto per due ordini di motivi: 1) si tratta di un meccanismo che si auto-impone all’utente,
all’interno di un reticolo di sollecitazioni che vengono giostrate tra un’apparente
innocuità propositiva e un’altrettanto apparente innocuità di pretese
necessità del sistema tecnico-tecnologico (con messaggi più o meno di
questo registro: “prova questo, prova
quest’altro, è gratis e decidi tu il periodo di permanenza nel servizio”, e
poi – anche qualora si scelga di uscire dal pannello contenente quel
messaggio-tipo standardizzato – “ci
spiace, ma non puoi continuare ad utilizzare le funzioni per le quali ti sei
abilitato, se prima non fornisci il tuo assenso all’utilizzo (leggasi: da
parte dell’utente stesso) delle nuove
funzioni e all’utilizzo (leggasi: da parte della piattaforma) delle tue credenziali e dei tuoi dati
personali”; 2) quello stesso meccanismo di concatenamento di ruoli e
funzioni è capillarmente intriso di
ammiccamenti, ricompense, promesse di tipo commerciale, il tutto
all’insegna di una fidelizzazione
sostanzialmente forzata, comunque non richiesta all’origine delle (spesso
ignare, da parte dell’utente) movimentazioni di clic tra le pagine della
piattaforma.
Alla fin fine, di fatto,
l’utente-web passa con estrema facilità tra i vari passaggi di ruolo che vengono sospinti dai meccanismi
sinuosi e ben tecnologicamente lubrificati delle piattaforme social, e, così,
dal suo iniziale ruolo di base di utente-social
passa a rivestire i vari ruoli di producer,
quindi di consumer (sovente di
cross-consumer, ossia consumatore di vari servizi integrati e spesso
intrecciati, accavallati, tra loro), quindi di felice utilizzatore dei servizi “smart”, fino al ruolo (che
vorrebbesi “da protagonista” e che così viene raffigurato all’interno della
narrazione “nella corrente”, ossia della narrazione ‘mainstream’) di smartcitizen.
In ogni caso, anche se l’argomento di
un siffatto meccanismo di scivolamento
di ruoli web-mediati non è facile da rendere al vasto pubblico cd. ‘comune’
– e soprattutto non lo è, sempre a parere di chi scrive queste annotazioni, per
i due ordini di motivi sopraesposti (<>) – l’argomento va posto, merita di essere posto, ugualmente anche e
proprio sul piano delle comunicazioni di massa (‘di massa’ in termini di
criterio metodologico mutuato dalle scienze statistiche, ovvero, qui in
sintesi, di maggiore affollamento nella parte mediana della linea di continuità
degli elementi/situazioni/fenomeni che siano presi in considerazione) per una
questione di fondamentale rispetto dei
diritti umano-civici, tutti, che anche sul web devono trovare cittadinanza e
devono trovare tutela. Questa considerazione si presta in realtà anche a
un’ulteriore considerazione che, in modo specifico, vada ad aprire spiragli e
squarci nel “poco detto” – anche con riguardo alla rappresentazione mediatica e
a mezzo stampa degli sviluppi del mondo web – del prevalente funzionamento del
mondo dell’informazione e anche, in senso lato, della comunicazione, ma questa
sponda argomentativa esula, al momento, dai temi specifici della presente serie
di annotazioni e, in ogni caso, per essere avviata e scandagliata
abbisognerebbe del supporto di precise discipline di analisi, quali quella
della sociologia della comunicazione di massa e, soprattutto, della sociologia della
ricerca sui mezzi di comunicazione di massa.
«La teorizzazione di una ricaduta positiva del “potere
digitale” sull’individuo-cittadino prende forma parallelamente a quella
attinente all’individuo-consumatore, sebbene la dinamica attesa si prefiguri
più lenta, implicando essa un confronto non con la realtà reattiva e liquida
del mercato, bensì con le istituzioni e l’apparato burocratico. Tale ricaduta è
ben rappresentata, ci pare, dal nuovo concetto, ancora una volta reso
attraverso un neologismo, di “smartcitizen”: il cittadino intelligente
tipicamente associato alla città intelligente, la “smart city”, che ambisce a
caratterizzarsi, soprattutto nella più recente evoluzione del modello “human
smart city”, proprio per la partecipazione attiva alla definizione delle
politiche ed alla progettazione e produzione dei servizi su scala locale.
(..) Incremento delle capacità e potenzialità
conoscitive, espressive e creative dell’individuo, amplificazione straordinaria
delle possibilità di socializzazione, opportunità di incidere sulle dinamiche
del mercato e rafforzamento del diritto di partecipazione (civic empowerment), con conseguente miglioramento della qualità
della vita dei cittadini: in questi termini possiamo dunque provare a
sintetizzare, senza alcuna pretesa di esaustività, le più elevate ambizioni del
digitale inteso come “potere” a servizio del singolo, individuo, consumatore e
cittadino.
Non entreremo in questa sede nel merito dell’effettivo
inveramento di tali ambizioni in rapporto alla ridefinizione del ruolo del
consumatore ed al presunto civic
empowerment (..)»
(cfr. S.Bolognini,
op.cit., pp.4-5)
Pur, per l’appunto e come spiegato in
‘Premesse’, non entrando l’Autore dell’opera (cfr. p.5 op.cit. e
qui sopra) nel merito delle aspirazioni e dei propositi di quella
ridefinizione di ruoli – «nel merito dell’effettivo inveramento di tali
ambizioni in rapporto alla ridefinizione del ruolo del consumatore ed al
presunto civic empowerment (..)» – né degli aspetti problematici dei
processi conoscitivi, informativi e di omogeneizzazione culturale, qui pare di
poter affermare che non soltanto, come già sopra accennato, la cornice del
problema ma anche lo stesso quadro – interno, materico, sostanziale – del
problema siano già resi efficacemente, a
tutto beneficio del lettore che voglia realmente sapere e comprendere le
dinamiche del web che più mettono a rischio l’integrità dell’individuo,
individuo singolo e, nel contempo, individuo sociale.
Scrive il Professor
Silvio Bolognini nei paragrafi in cui va sviluppando le premesse della
sua analisi e della sua argomentazione attorno all’aspetto delle ‘ricadute del
potere digitale’ (potere digitale con le sue ambizioni, i suoi propositi di
modellamento delle esistenze umane):
«Si
tratta in tutti i casi di dimensioni in cui, a parere dello scrivente, è
possibile cogliere, pur nella luminosità abbagliante e seduttiva della
“smartness”, pericolose zone d’ombra in cui fa capolino il volto demoniaco del
digitale; un volto sotto certi profili già noto: le politiche del diritto (e le
prescrizioni giuridiche/normazioni ad esse connesse) hanno preso posizione nei
confronti di alcune modalità espressive negative del potere digitale, ad
esempio laddove esso sembra favorire (o addirittura determinare) il
manifestarsi nei fruitori di specifiche patologie (quali la c.d.
internet-dipendenza e la ludopatia on
line).»
(cfr. S.Bolognini, op.cit., pp.5-6)
Box Un discorso
circolare attorno ai paradigmi, ai nuovi modelli di architettura sociale. I
tre libri del Prof. Bolognini. || Qui con digressione:
bombardati da mattina a notte fonda da tutta una serie di messaggi, release e
fervide anticipazioni sulle promesse del modello
“smartness”, anche gli appartenenti alla categoria dei comunicatori e
degli info-giornalisti faticavano da tempo (e in molti casi faticano tuttora)
a capire bene il perché di quel modello
e il perché quello stesso modello di
smartness sia davvero così tanto necessario per i cittadini, anche per i
cittadini meno edotti in fatto di culture informatiche, e così tanto
“necessitato”. Si tratta di una fatica – quella di riuscire a capire bene –
che è importante sciogliere e superare, poiché in gioco c’è l’importanza di
comunicare decentemente e soprattutto di rispettare il destinatario della
comunicazione (il lettore). Ben vengano dunque pubblicazioni che anche sul
tema di quei nuovi modelli di ‘architettura sociale’, quali per l’appunto
sono oggi i proposti modelli di smartness
e di “smartcitizenship”, intendano offrire
un contributo prezioso in termini di conoscenza critica, di analisi
stratificata, una conoscenza mutuata da impegnativi lavori di studio e di
ricerca. Un vivo grazie, dunque, alle pagine dei libri del Prof. Silvio Bolognini che sono
stati offerti di leggere: il libro su cyberbullismo e potere digitale qui in
oggetto, «Il Cyberbullismo
come volto demoniaco del potere digitale e le (possibili) politiche del
diritto antidoto» per la Collana “Pubblicazioni CE.DI.S. –
Università e-Campus” di Giuffrè Editore, ma anche i (collegati, per diverse
cifre tematiche) libri «Dalla
"Smart City" alla "Human Smart City" e Oltre. Profili
epistemologici e giuspolitici nello sviluppo del paradigma "smartness
oriented» per la Collana Scienza giuridica e politiche del diritto
di Giuffrè Editore e «Ontologia della condizione anziana e tutela dello specifico senile»,
per la Collana Metodologia delle Scienze Umane e Sociali di Armando Editore. Di quest’ultima pubblicazione si ritiene possa
essere utile anticipare qui, e in vista di successive ed estese annotazioni,
il richiamo fatto dall’Autore Silvio Bolognini ai processi di una nuova
generazione di Welfare all’insegna
della “social innovation” e alla “ICT-enabled social innovation”; tale
richiamo, di cui in particolare al Capitolo dedicato a «Esigenze ed ipotesi
di superamento del Welfare State», trova come puntuale riferimento
tematico il pure già qui citato «Dalla
"Smart City" alla "Human Smart City" e Oltre. Profili
epistemologici e giuspolitici nello sviluppo de paradigma "smartness
oriented». E qui si ritiene anche utile sottolineare che la stessa
pubblicazione «Dalla "Smart
City" alla "Human Smart City" e Oltre.» è altresì in
linea di continuità tematica, e anche in stretta aderenza tematica, con «Il Cyberbullismo come volto demoniaco del
potere digitale e le (possibili) politiche del diritto antidoto», la
pubblicazione che, fra le tre qui citate dello stesso Autore Silvio
Bolognini, costituisce oggetto specifico delle presenti annotazioni. La digressione or ora esposta, specie nella
formulazione del suoi paragrafi iniziali con i quali si è cercato di trasmettere
al lettore il senso di una non sempre facile, non sempre agevole,
comprensione (non già meramente intellettiva ma) culturale a tutto tondo
delle complesse valenze insite in alcune sfide concettuali dell’oggi – e
segnatamente le sfide poste da alcuni impianti
concettuali che, come già rilevato proprio a proposito del paradigma smartness/“smartcitizenship”, sembrano voler proporre nuove dimensioni di
‘architettura sociale’ (di ingegneria sociale, di costruzione del
sociale) – ebbene, tale digressione ha anche dato modo, a chi scrive, di
inoltrarsi in una sottolineatura della presenza di un discorso circolare che, così è sembrato di capire, anima gli
andamenti argomentativi delle tre opere citate dell’Autore Bolognini. Tempo trascorrerà ancora, prima che potrà dirsi
realmente espletata la funzione di “ponte” comunicativo (per quel che
riguarda l’impegno indegnamente profuso nelle annotazioni qui offerte in
lettura, e in altre ancora che ci si propone di estendere) tra la sponda del
vasto pubblico e l’ambito di alto livello accademico-scientifico, e di
altrettanto alta missione (l’attività di ricerca pura e
accademico-universitaria), del quale ambito è emanazione di pregio e
prestigio eminenti la produzione
di letteratura scientifica del Prof. Silvio Bolognini, qui con riferimento alle tre
opere citate nelle quali è ravvisabile un potente cesellamento
argomentativo, un cesellamento funzionale all’enucleazione dei significati
più profondi dei temi trattati, le interrelazioni dei quali vengono di volta
in volta portate alla luce con chiarimenti puntuali. Tempo trascorrerà ancora perché, nell’era
dell’attenzione intermittente, dell’indebolimento delle funzioni elaborative
della memoria, prevedibilmente si farà più ardua la sedimentazione di pensiero su argomenti intrinsecamente complessi.
Ardua la sedimentazione di pensiero fin quando (tempo non infinito, pena
l’innesco di entropia e dunque di un’umanità che si rivolga verso/contro se
stessa) durerà il diffuso scollamento
tra, da una parte, le istanze morali-etiche più profonde dell’Essere e,
dall’altra, una rappresentazione umana distratta, dimentica di sé,
nell’universo del web. Ardua, con crescenti estese difficoltà di rapportarsi
alla stessa estetica del pensiero. Rimangono però la ferma fede e la sicura
speranza che quanto, intanto, sarà
stato seminato di prezioso emergerà in tutta la freschezza del suo
vigore: rinnovata linfa, anche a beneficio del vasto panorama umano. |
●
▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬ ●
Alla
ricerca del sentimento (e del diritto) dell’“Esser-ci nel mondo”. Le
strategie educative. Oltre
le etichettature paradigmatiche. |
04-A) Ora, in un’epoca
come quella attuale che nella valutazione anche sociologica dei fenomeni umani
sembra privilegiare l’aspetto della ‘misurazione’,
e della misurazione in vista della pretesa ‘ottimizzazione’
dei processi che riguardano lo svolgimento di molte delle attività umane,
non sembra azzardato affermare che, come si suol dire, ci sia molto da fare: non
già e non solo sul piano quantitativo (in ordine alla produzione di altri
programmi ancora, di altri piani ancora, etc.) e nemmeno soltanto sul piano
quali/quantitativo (dove il primo termine del piano risulterebbe comunque
condizionato dal secondo termine), ma soprattutto sul piano squisitamente
qualitativo. Si discute di piani, di programmi, di sviluppo di nuovi servizi e,
pressoché inevitabilmente, in quelle discussioni ci si fa supportare da dati
d’indagine, da ricerche statistiche e simili – spesso senza spiegare
sufficientemente il tipo di metodologia e ‘la cifra interna’ (significati,
assunti, formulazioni e livelli di concordanza dei concetti) dei parametri
metodologici che sono stati prescelti e adottati per addivenire a quei dati, a
quelle ricerche.
Ma, sempre con riferimento ai nuovi modelli
web/smart di ingegneria sociale, chi
“pensa il pensiero”? Ovvero: “come pensare il pensiero e, ove pensabile, il
modello di pensiero?”.
04-B) Entra
qui, in primo piano, l’argomento della discussione
sui paradigmi, ivi compreso – qui con un apparente giro di parole –
l’argomento della non-discussione sui paradigmi, ossia l’argomento
(auspicabile) sul “perché alcuni
paradigmi non vengono adeguatamente discussi”.
04-C) Ed è qui che si impone una sosta. Una
sosta per sottolineare che – da una parte – il non (e/o non adeguatamente discusso) paradigma del ‘web-based’ in
ambito scolastico-educativo e – dall’altra parte – il non (e/o non adeguatamente discusso) paradigma del ‘web-based’
nell’ambito dei servizi alla cittadinanza sembrano costituire verosimilmente
due fenomeni connessi. Ovvero due
fenomeni, due aspetti, di una stessa linea
di continuità.
Al centro di quella (non immaginifica
ma) immaginabile linea di continuità tra
i due fenomeni web-based, v’è una parte mediana, centrale, costituita da
diffusa accettazione, non particolarmente ostile al modello web-paradigmatico
dominante, né realmente appassionata (ad eccezione di alcuni fervori
entusiastici dei neofiti) e neanche sempre realmente bisognosa delle
prospettive offerte dal modello stesso. 04-D) Eppure, se l’accettazione quasi
‘gioco-forza’ di quel modello web-based
e smartness-oriented è un dato di
fatto ampiamente diffuso, non mancano voci scontente anche
di gente c.d. ‘comune’, che mettono sotto accusa la pervasività anche quotidiana di quel modello (in alcuni casi, cori
di voci scontente; cori che poi peraltro hanno la possibilità di confluire in
ambiti associativi e similari, i quali a loro volta possono confluire in ambiti
più strutturati, del tipo Osservatori e Centri di monitoraggio, e ciò con
ulteriori possibili passaggi successivi – anche eventualmente in termini di
‘pressing’ sociopolitico e di lobbying – sino ai piani più alti delle decisioni
politico-istituzionali. Al riguardo ved. anche ai punti 08-1-c) (>>), 09) (>> + >>) e 14-2) (>> + >>) del presente testo
di annotazioni, per ciò che riguarda alcune recenti iniziative di carattere
istituzionale, rispettivamente in ambito europeo e in ambito statunitense, di
contrasto alle ‘Policy’ di piattaforme web).
Voci – ancora – che oltre all’elemento della pervasività del modello web-based e web/smart,
lamentano anche il fatto che quello stesso modello – e dunque il mondo di internet e del cyber, della web/social/interattività
a tutti i costi, della tecnologia ‘smart’
oltre modo intrusiva (intrusiva persino nelle funzioni più domestiche e negli
ambiti più privati) – sia stato come
imposto 'dalla mattina alla sera' o comunque in una manciata di anni, e sia
stato dato per generalmente scontato,
dato come assumibile da tutti e in tutto.
Una delle testimonianze di quel tipo di lamentele è costituita per esempio
dalle voci di vari utenti delle trasmissioni di emittenti radiofoniche anche
pubbliche, ma altre testimonianze e altri esempi non mancano anche nella vita
“più in diretta” (compresa la “vita in diretta” delle conferenze aperte al pubblico
e centrate proprio sul tema degli sviluppi del web nella vita dei cittadini).
04-E) Considerazioni meno critiche, in
genere, provengono dalla fascia dei giovani
e degli adolescenti, anche se da
parte di quest’ultimi (e come qui riportato più avanti con riferimento alla
citata opera del Prof. S. Bolognini) non manca
certo la percezione delle molte zone
d’ombra insite in un modello di interattività e di socialità dominato dalle
dinamiche del web. A tale riguardo si cita qui la raccolta di esperienze e di laboratori sul social networking confluite in una pubblicazione del 2014 dal
titolo “Basta un clic”, autore Carlo Meneghetti, teologo della comunicazione e
docente allo Iusve, Istituto universitario salesiano di Venezia, della
quale raccolta viene riportato nel menzionato libro del Prof. S. Bolognini sul
cyberbullismo (pp. 147-151, op.cit.). Da quella raccolta di esperienze e di
laboratori emergono chiare consapevolezze da parte dei giovani. Scrive il Prof.
Bolognini:
«(..) Il testo riporta le risposte fornite
dai ragazzi: una quantità rilevante delle idee espresse tende, conformemente
alle attese, a sottolineare le potenzialità positive di una socialità priva di
vincoli spazio-temporali; altre tuttavia, di cui riportiamo di seguito qualche
esempio, adombrano l’aspetto per certi versi demoniaco del digitale,
richiamando concetti chiave in rapporto a quanto esposto sopra (..)»
(cfr. S.Bolognini,
op.cit., p. 147)
Proprio
riguardo alle interazioni con i giovani studenti nel suddetto contesto di
laboratorio, si invitano qui i lettori a leggere nel libro di S.Bolognini (pp. 147-149, op.cit.) le
batterie di risposte, in positivo e in
negativo, fornite dai ragazzi, e classificate per fascia di età (studenti
d’età 11-14 anni e studenti d’età 14-18 anni).
È
doveroso ricordare che l’illustrazione fatta dal Prof. Bolognini dell’interessante metodo
sperimentale di cui sopra (il metodo del ‘laboratorio’ a contatto diretto con i
giovani studenti, e con risposte di questi a formulazione libera) rientra in
una più ampia illustrazione e in una più ampia disamina delle strategie di
prevenzione del disagio giovanile rilevabili in ambito scolastico contemplate
nella direttiva ministeriale n. 16 del 2007: <<Il Ministro della Pubblica
Istruzione, dir. N. 16 Oggetto: linee di
indirizzo generali ed azioni a livello nazionale per la prevenzione e la lotta
al bullismo, Roma, 5 febbraio 2007>>. Vedasi, a tale riguardo, anche
i paragrafi dell’opera del Prof.
Bolognini dedicati a quei contenuti della Direttiva che forniscono indicazioni
su risorse e strumenti per, rispettivamente, Scuola dell’infanzia e scuola primaria, e Scuola secondaria di primo e secondo grado.
04-F) Quanto, ancora, al vissuto più immediato dei giovanissimi a
stretto contatto con il mondo del web
e dei social media, e quanto, più
in particolare, a quei piani più sensibili e anche più nevralgici del rapporto
‘giovani vs web’ che spesso esprimono un turbolento desiderio di accettazione e di
conferme esterne della propria identità, anche in termini di conferme del sentimento del "diritto di stare al
mondo", il citato libro del Prof. Bolognini sul cyberbullismo dispiega al lettore una nutrita serie di situazioni e anche
di case-studies afferenti ad un’altrettanto nutrita casistica tratta dal mondo
più inquietante, più drammatico, del web: quella dell’autolesionismo giovanile, compreso l’autolesionismo spinto fino
all’atto suicidario (di tipo
“tradizionale” e più, perlomeno fino ad oggi, consueto, e quello “ritualizzato”
per via cyber mediata).
Nell’analisi
dei casi di autolesionismo giovanile cyber-indotto ed esitato in suicidio, l’Autore torna puntualmente
a rappresentare sia l’elemento delle modalità interattive, sia l’elemento della
morfologia del cyberbullismo. Più precisamente, il libro
del Prof. Bolognini descrive e analizza i “Profili morfologici prioritari” del cyberbullismo (cfr. in particolare la
‘Parte I’ del libro, a pag. 11 e segg.) e, paragrafo dopo paragrafo, pagina
dopo pagina, conduce a una chiara comprensione dei campi d’azione nei quali si
esplica il fenomeno del cyberbullismo
propriamente detto, come pure dei campi d’azione nei quali a volte i due aspetti del bullismo, quello
tradizione e quello mediato dal cyberspazio, si alternano e/o si sovrappongono oppure, altre volte, si avviluppano
e si autoperpetuano in una catena infinita di atti incresciosi.
«Il cyberbullismo mostra – tanto più nella sua fase di
esordio – vari elementi di continuità con il bullismo tradizionale, ma nello
stesso tempo presenta, nella variante base che stiamo prendendo qui in
considerazione, caratteristiche sue peculiari: una modalità di aggressione che
non prevede necessariamente una relazione “fisica diretta” fra il bullo e la
vittima per cui – almeno nel momento iniziale – l’’aggressore non vede gli
effetti del suo gesto sulla vittima. Da qui l’azione inibente del web rispetto all’innesco di meccanismi
empatici che potrebbero limitare gli attacchi; la non necessaria ripetizione
nel tempo degli atti aggressivi, stanti le caratteristiche della comunicazione
in rete, per cui anche un solo episodio, divulgato e rimbalzato verso migliaia
di utenti, di fatto sempre disponibile, può arrecare grave danno alla vittima;
l’assunzione di un ruolo minimale da parte della forza fisica o del carisma del
cyberbullo, dato che chiunque, senza particolari doti fisiche o di leadership, può compiere atti di
cyberbullismo su un numero illimitato di vittime con semplici operazioni
telematiche; l’estensione e la condivisione di responsabilità anche a chi
“semplicemente” visiona un video (rendendosi sostanzialmente complice
dell’aggressione con il proprio silenzio) o decide (imprudentemente o con
esplicita complicità) di commentarlo o di condividerlo (like; commenta; condividi) con altri: da qui la decisa
amplificazione della rilevanza sociale del fenomeno in rapporto al bullismo
“tradizionale”, tendenzialmente caratterizzato da un numero relativamente
limitato di bulli “gregari-seguaci”.
In buona sostanza, la differenza più rilevante fra il
bullismo e il cyberbullismo è data dall’assenza dei confini spazio-temporali
nel secondo rispetto al primo: il bullismo avviene di solito in luoghi e
momenti specifici (spesso nel contesto scolastico); il cyberbullismo investe la
vittima ogni volta che si collega allo strumento elettronico utilizzato dal
cyberbullo.»
(Silvio
Bolognini, op.cit., p.13)
Ma perché mai – possiamo chiederci –
gli effetti certo spiacevoli e negativi del cyberbullismo dovrebbero evolvere,
nella vittima, in atti tragici,
estremi, quali le varie forme di autolesionismo, il pensiero di suicido e il
suicidio effettivamente agito? Questo genere di domanda ce lo poniamo un po’
tutti allorché apprendiamo di notizie di “ultimi atti” giovanili, atti tragici
appunto, compiuti a causa di un cattivo vissuto sul web, e in specie sui social
media. E allora si cerca anche di capire
perché mai una cyber-relazionalità debba arrivare ad essere così pesantemente
impattante, così devastante. Nel libro del Prof.
Silvio Bolognini l’andamento
progressivo degli effetti negativi cyber-indotti è illustrato molto
chiaramente, con diversi passaggi in cui vengono esposti gli elementi di criticità quali in particolare: «dimensione
dominante» della relazionalità tecno-mediata; «valenza totalizzante acquisita
dalla dimensione digitale» e conseguente rischio di dipendenza, che in questo
caso diventa dipendenza digitale; autopercezione; emotività e vulnerabilità
particolari in rapporto agli eventuali ‘colpi’ inferti alla propria identità
digitale attraverso le relazioni web-cyber («sperimentazione
di feedbacks negativi dalla rete»;
cfr. p.133).
«(..) Se dunque la relazionalità tecno-mediata si impone
come dimensione dominante tanto da renderne la real-time identity sensibilmente dipendente, la sperimentazione di feedbacks negativi dalla rete è
suscettibile di impattare in modo devastante sull’emotività e
sull’autopercezione del soggetto generando reazioni – in un rapporto di
proporzionalità diretta con la vulnerabilità dell’individuo – che possono
essere anche estreme: ciò accade nel caso del cyberbullismo (suicidio della
vittima), è accaduto nei casi di violenza riconducibile ad atti di ritorsione
richiamati nelle pagine precedenti (omicidio per reazione ad una “offesa”
subita) ed accadrebbe, verosimilmente, nel caso prefigurato in cui tali atti
divenissero parte integrante delle dinamiche caratteristiche del cyberbullismo
in una sua fase evoluta.»
(Silvio
Bolognini, op.cit., p.133)
04-G) Torna in quella serie di passaggi del
libro che tanto efficacemente spiegano gli elementi di criticità delle
interrelazioni-cyber e le dinamiche tra gli stessi elementi di criticità, torna
puntualmente la rappresentazione di
un’urgenza che percorre le pagine dell’intero libro e, più in particolare,
torna l’indicazione dell’antidoto: un
approccio non riduzionistico, un approccio nel quale rilevi non soltanto
l’osservanza di un codice di comportamento on
line ‘no-cyberbullismo’, ma anche e soprattutto una prospettiva che vada «verso una riappropriazione dell’”Esser-ci” (..) dell’essere dell’individuo
in rapporto al mondo che lo circonda.» (cfr. p.133); «una prospettiva critica interna al
modello dominante» (cfr. p.150, con riferimento ad alcune
considerazioni dello stesso Autore S.B. su ricerche di tipo laboratorio) [vedasi
altresì, nel presente documento, al punto 06-B >>]:
«(..) Analogamente
osservazioni sulla relazionalità tecno-mediata, quali "i social
sostituiscono il modo di relazionarsi, rapporti superficiali, non si vivono le
relazioni vere, non ci sono emozioni, non si vedono in faccia le persone,
sentirsi osservati, sentirsi giudicati..." dischiudono una prospettiva
critica interna al modello dominante meritevole, ci sembra, di essere
consapevolmente condivisa e sviluppata, non solo in relazione al percorso
individuale di crescita di ciascuno studente, ma anche in chiave preventiva
rispetto a fenomeni socialmente rilevanti in cui il tessuto relazionale della
rete gioca un ruolo primario.».
(Silvio
Bolognini, op.cit., p.150)
►
Per la trattazione estesa di tale approccio non riduzionistico e delle relative
prospettive etico-educative (cfr. in particolare 'SMSC' - Spiritual, Moral,
Social and Cultural Education - e 'Core Virtues Program' / ‘Core Virtues’) si
rimanda il lettore alla Parte III
del libro del Prof. Bolognini, intitolata ‘Lineamenti per un approccio non riduzionistico
alle problematiche del cyberbullismo’ (p.169 e segg., op.cit.).
04-H) Quella
stessa indicazione della «“riappropriazione”
del proprio “Esserci nel mondo”», carica di forti valenze umanistiche,
filosofiche, esistenziali (da leggersi anche alla luce di una questione
dell’Essere riconducibile all’Ontologia dell’essere umano – cfr. p.134 e segg.,
op.cit.), si cala efficacemente anche nel campo dell’ampio dibattito sulle
“pratiche” delle strategie educative,
non senza tornare a sottolineare
l’importanza dell’autonomia e dell’indipendenza del soggetto umano - quali che
possano essere le pressioni e le pretese di invasività del web e dei nets - e per di
più, proprio nello specifico delle strategie educative, auspicando iniziative che, così
testualmente (cfr. p.161, op.cit.), «(..) ambiscano a non avere alcuna paradigmatica etichettatura».
04-I) È
importate anche rilevare come in tali sottolineature delle scelte (di ‘quali’
scelte) di strategie educative
rivolte a giovani e adolescenti l’Autore S.B. torni a fare in parallelo un richiamo diretto, vivido, al tema della necessità di un pensiero critico sull’altro
ormai imperante paradigma sociale, ossia il paradigma dello ‘smartness’, della city&community
smart. Un paradigma, proprio quello della smart
city anche nella sua evoluzione di “human smart city” (perlomeno così detta
e così prefigurata nelle intenzioni sottese a tale locuzione), oggetto di
un’altra pubblicazione dello stesso Autore Professor Silvio Bolognini, dal titolo: «DALLA "SMART CITY" ALLA "HUMAN SMART
CITY" E OLTRE» _ «Profili epistemologici e giuspolitici nello sviluppo del
paradigma "smartness oriented» - Giuffrè Editore, 2017, per la
collana Scienza giuridica e politiche del diritto. 04-L) Invitando il lettore di queste annotazioni anche alla lettura di
tale pubblicazione, si sottolinea in queste righe un solido passaggio argomentativo che, a pag. 161 della citata opera del Professor Bolognini sul
cyberbullismo, dapprima richiama l’attenzione sul crescendo dei rischi
prospettabili dall’assenza di strategie
di educazione che tendano a «promuovere una “riappropriazione” del proprio “Esserci nel mondo”» e che, a seguire, illustra il legame intercorrente tra – da una parte – il paradigma web-oriented e web-based di molte delle attuali progettualità
delle strategie educative rivolte a giovani e adolescenti e – dall’altra –
il paradigma smartness delle
progettualità delle città&comunità dell’oggi e del futuro. Si invita qui,
inoltre, a notare come nel passaggio dedicato a questo secondo ordine di
considerazioni la scelta espressiva si affidi efficacemente a tre concetti-immagine, rappresentati
consecutivamente da: catalizzazione della strategia educativa >>
funzione (della stessa strategia educativa) quale palestra per logiche
di sviluppo della city&community poste in chiave smart >> (ma) non-etichettatura
paradigmatica delle logiche city&community medesime (logiche in chiave
smart). Ecco qui di seguito i passaggi in questione:
L’elemento incoraggiante è che non mancano in questo
contesto spunti di riflessione provenienti dai giovani e adolescenti; spunti
che, se utilizzati dal sistema della formazione (e non solo) in una prospettiva
sperimentale-laboratoriale, nella cornice di una rinnovata progettualità
“trasversale”, potrebbero fungere da catalizzatori della strategia educativa
auspicata, la quale potrebbe configurarsi per altro come efficace palestra per
quelle stesse logiche bottom up poste
alla base, per lo meno nella teorizzazione del paradigma, dello sviluppo della city&community in chiave smart, ma che possono legittimamente e
autenticamente ispirare anche iniziative socialmente orientate che ambiscano a
non avere alcuna paradigmatica etichettatura. (..)»
(Silvio Bolognini,
op.cit., p.161)
Il testo qui sopra riportato della pagina 161 della pubblicazione scientifica del Professor Bolognini sui temi del cyberbullismo e del ‘potere
digitale’ –
«IL CYBERBULLISMO COME VOLTO DEMONIACO DEL POTERE DIGITALE E LE (POSSIBILI)
POLITICHE DEL DIRITTO ANTIDOTO» (Giuffrè Editore, 2017; Pubblicazioni CE.DI.S. –
Università e-Campus) – illustra con sintetica forza espressiva il quadro di diverse volontà non
già in competizione frontale, quanto invece in competizione ‘fianco a fianco’
(come quella, appunto non frontale, degli atleti affiancati sulla linea di
partenza – n.d.a.), nel quale spicca
l’elemento dell’impulso progettuale
giovanile in rapporto alla questione “paradigmi”.
Un quadro la composizione interna del
quale rende bene la rappresentazione delle traiettorie in atto, laddove con
sapienti cromatismi concettuali esprime tutta l’oscurità di quanto oscuro,
torbido, è e continua ad esserlo, e che, altrettanto bene ed efficacemente,
evidenzia in squarci di chiarore quanto oggi, fosse pure allo stato germinale,
esprime tracce di una progettualità chiara, limpida – «L’elemento incoraggiante (..) gli spunti di riflessione provenienti dai giovani e adolescenti». Si segue, nella composizione di quel
quadro, tutto il percorso discreto e
deciso della figura principale, il proprio “Esserci
nel mondo”: e lo si segue, quel percorso che inizia da una «assenza» (da,
per converso, un disconoscimento), fin quando l’ineludibile necessità
dell’Esserci rifà capolino oltre il tentativo d’agguato di un’altra cappa, di
un’altra «paradigmatica etichettatura» (cfr.
S.Bolognini), ri/avocando a sé tutto il naturale diritto di ri/abitare il
mondo, e di ri/abitarlo con il proprio respiro autonomo.
È il moto di un’urgenza etica che
torna a interrogare l’umanità che abbia perso l’orientamento e, forse, la
stessa coscienza dell’orientamento.
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▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬ ●
L’intelligenza
morale. Nuove prospettive etiche nei programmi educativi. Una
svolta di pensiero contro il Moral
Disengagement (e contro cyberbullismo / cyberviolenza). |
Come
già evidenziato, il Professor Bolognini nel
suo libro sul cyberbullismo si esprime molto chiaramente sui rischi che possono derivare dall’assenza di adeguate strategie educative:
«(..) Nello scenario delineato, in assenza di una strategia
educativa tesa a promuovere una “riappropriazione” del proprio “Esserci nel
mondo” (..) atta a riorientare il movimento fluido fra on line e
real-time identity, è plausibile prospettare una progressiva esasperazione
dello scivolamento delle identità create e validate dalla rete (..)»
(S.Bolognini, op.cit., p.161 - >>>). E torna più volte, l’Autore, a
rimarcare nel libro quell’assenza, quel (far) “restare nello sfondo”, nei
processi scolastici, le prospettive
socio-educative di natura pedagogica, le dimensioni dell’etica, della
morale, le azioni sui modelli
socio-relazionali. L’argomento viene specificamente trattato nella Parte III del libro, intitolata ‘Lineamenti per un approccio non
riduzionistico alle problematiche del cyberbullismo’ (p.169 e segg.,
op.cit.). Scrive il Prof. Bolognini in alcuni passaggi nei
quali torna a sottolineare l’importanza di addivenire ad azioni sistemiche per la prevenzione del fenomeno del
cyberbullismo:
«(..) In questa prospettiva azioni dirette di
contrasto al cyberbullismo sono da accogliere positivamente soprattutto in
ragione degli strumenti messi a disposizione delle vittime – auspicabilmente
atti ad arginare le conseguenze estreme del cyberbulling
– e dei percorsi di recupero rivolti agli aggressori, il cui cambiamento
indotto avrebbe verosimilmente l’effetto di disinnescare anche l’eventuale
spirale della ritorsione.
Per quanto concerne tuttavia la prevenzione
del fenomeno, e delle dinamiche evolutive prefigurate, una strategia mirata,
tesa ad agire sul cyberbullismo quale deriva patologica della razionalità
sociale tecno-mediata, rischia, ribadiamo ancora una volta, di non essere
efficace se non supportata da una contestuale azione sistemica non solamente in
quanto multi livellare e multi-stakeholder
(quale è senz’altro l’azione perseguita dalle istituzioni), ma in quanto basata
su un approccio non riduzionistico del fenomeno in oggetto. (..)»
(Silvio
Bolognini, op.cit., p.169-170)
«(..) Agire sul fenomeno per come esso si
manifesta allo stato attuale, senza agire sui modelli sociali e
socio-relazionali che ne determinano le dinamiche, preclude la possibilità di
contrastare altre e ulteriori esasperazioni possibili dei medesimi modelli, già
manifeste per quanto non (ancora) assurte alla rilevanza di fenomeno sociale.»
(Silvio
Bolognini, op.cit., p.171)
05-A) Nelle pagine
successive della stessa Parte III
del libro, l’analisi dell’Autore Professor Silvio Bolognini
si inoltra nell’architettura programmatica del documento delle “Linee di orientamento per azioni di
prevenzione e di contrasto al bullismo e al cyberbullismo”, emanate
dal MIUR nell’aprile 2015, propedeutiche alla successiva emanazione del “Piano Nazionale per la prevenzione
del bullismo e del cyberbullismo a scuola” del 17 ottobre 2016.
Nelle considerazioni su detto documento, e in particolare nelle considerazioni
sull’incipit, ritroviamo quel
“restare sottotraccia”, quel “restare sullo sfondo”, che effettivamente risulta
essere lo stato attuale delle prospettive socio-educative nell’ambito delle
strategie scolastiche rivolte alla prevenzione del fenomeno delle violenze
web-mediate. Il problema di fondo – così pare evincersi dalle considerazioni
dell’Autore Prof. Silvio Bolognini – è che non viene
posto in discussione il modello dell’interattività web-tecnologica così come
finora pensato e strutturato e sistematizzato, ossia non viene posta la questione di una rivisitazione critica di quel
modello/paradigma web-based che
(anche e) proprio nel mondo giovanile tanto informa di sé le dinamiche
socio-relazionali, nella fattispecie quelle dei giovani-giovanissimi studenti. No, quel modello non viene
posto in discussione e, per di più, quel modello medesimo viene presentato,
nella costruzione nonché nella presentazione dello scenario sociale di
riferimento, quale elemento-portante, ovvero quale elemento ormai strutturalmente “arruolato” nel teorema
sotteso a quello scenario.
«(..)
Il mutamento “sociale e tecnologico” è assunto come condizione, come elemento
di scenario sul quale calibrare un’azione mirata ed efficace. (..) I processi
educativi che connotano l’azione formativa dell’individuo istituzionalmente
attribuita alla scuola restano sullo sfondo dell’operatività direttamente
ascrivibile ai contenuti delle Linee Guida.»
(Silvio Bolognini, op.cit., pp.177-178)
Torna, anche qui, l’argomento del
paradigma non-rivisitato, non-discusso. Torna a riproporsi con vividezza
l’argomento della discussione sui
paradigmi, e, in specie, l’argomento della non adeguata attenzione al
portato (al reale portato, oltre qualsivoglia teorema) del paradigma web-oriented e web-based di molte delle attuali strategie
educative. Vedasi a tale proposito anche al
punto 3)
e al punto dedicato
alla pagina 161
della pubblicazione del Prof. Bolognini.
In
modo altrettanto vivido, sempre in tema dell’opportunità e della necessità di
una rivisitazione critica del paradigma web-oriented
e web-based, emerge nel libro di
S.Bolognini sul cyberbullismo l’aspetto del sensibile scollamento, l’elemento del gap, del discostamento e dei
vuoti, tra (a) il piano dei livelli di
consapevolezza, (b) il piano delle
indicazioni fornite dal mondo della ricerca delle scienze sociali e (c) il piano delle strategie educative
effettivamente “sul campo”, effettivamente operanti. (05-B) Per ciò che concerne quest’ultime – le
strategie educative – il rapporto privilegiato con il paradigma web-based esita in conseguenze
decisamente preoccupanti, tra le principali delle quali si hanno quella del Moral
Disengagement (spesso associato a indirizzi programmatici spiccatamente
performance-oriented anche in ambito
scolastico – cfr. S.Bolognini pp.179-180 op.cit., con riferimento al dibattito
esteso al mondo anglosassone sul tema specifico dell’identità morale) e quella
della «mancanza di empatia»:
«Se il moral
disengagement diffuso nelle comunità in rete si conferma a livello
internazionale fattore di rischio e catalizzatore delle dinamiche del bullismo
evoluto nella sua variante cyber, la
dimensione formativa attinente all’identità morale è suscettibile di porsi come
strumento efficace di contrasto al dilagare, e all’evolvere, del fenomeno; da
qui, ci sembra, l’interesse e l’attenzione che le riflessioni e le
sperimentazioni in questo ambito dovrebbero intercettare nell’orizzonte di un
approccio non riduzionistico al problema analizzato.
La relazione esistente fra disimpegno morale in
adolescenza e la manifestazione di fenomeni di bullismo tradizionale è del
resto, come noto, ampiamente testimoniata in letteratura (..)»
(Silvio Bolognini,
op.cit., p.189)
Proseguendo l’argomentazione sul tema
della identità morale rapportato al
tema della prevenzione dei fenomeni
giovanili di violenze web-mediate, l’Autore Prof. Silvio
Bolognini si sofferma su una selezione di approcci e programmi educativi
focalizzati sulla formazione
dell’individualità – con particolare riferimento agli aspetti virtuosi
dell’intelligenza morale, dell’etica, della spiritualità (anima/soul),
della ‘unità interiore’. Vedasi, su
quest’ultimo punto, anche il richiamo al pensiero di Maritain: «(..) parafrasando il pensiero di
Maritain, se gli alunni e gli studenti maturano una visione frammentata della
realtà e della vita, se non riescono a conquistare una loro ‘unità interiore’
non avranno neppure dei criteri solidi per giudicare e valutare le multiformi e
‘caleidoscopiche’ suggestioni che la cultura e la società propongono loro” (37)» – cfr. pp.188-189 op.cit., in un
passaggio di 3.1. L’”educazione morale” e le istanze provenienti dalle nuove
prospettive etiche, in cui l’Autore S.B. cita un passaggio tratto da
una pubblicazione del 2011 a cura di Balestri F. e Mugnaini D. riferita a un
progetto promosso dall’Associazione Italiana Psicologi e Psichiatri Cattolici
(AIPPC) per l’Ufficio Scolastico Regionale della Toscana [Balestri, F. e
Mugnaini, D., (a cura di), PERDONO Per
Evolvere dalla Rabbia Distruttiva Ossia Non Odiare, MIUR-USR per la
Toscana, in collaborazione con AIPPC Toscana, 2011, p.20 >
http://www.toscana.istruzione.it/novita/allegati/2011/luglio/PERDONO_volume_def.pdf].
Su
tali approcci educativi, approcci che negli ultimi anni sono dunque stati messi
in campo in Paesi del mondo anglosassone e anche in Italia, e che come già
ricordato hanno come parte centrale lo sviluppo della formazione
dell’individualità, dell’intelligenza etico-morale, dell’unità interiore – un
insieme di “Core Virtues”, ovvero di
tratti della personalità virtuosi (basati su virtù cardinali e virtù teologali)
che definiscono un buon/retto atteggiamento morale, tratti centrali peraltro
dello stesso Core Virtues Program di
matrice cattolica – scrive il Professor Silvio Bolognini conchiudendo la suddetta parte del
libro dedicata a L’“educazione morale” e le istanze provenienti
dalle nuove prospettive etiche:
«(..)
ci sembrano dunque meritevoli di approfondimento anche le istanze e le
esperienze provenienti dalla tradizione educativa cristiana e cattolica, in cui
è centrale la dimensione della morale; una dimensione che, ponendosi tale
tradizione alle fondamenta del pensiero, della cultura e della società
occidentale, si presta facilmente ad una lettura laica ampiamente spendibile anche
sul piano delle politiche programmatiche in tema di contrasto al cyberbullying.»
(Silvio Bolognini, op.cit., pp.190-191)
___ Segue qui avanti con Box «Contro il disimpegno morale. Educazione e
Etica. L’approccio educativo 'SMSC'.» ▼
Contro il disimpegno morale. Educazione e Etica. L’approccio educativo
'SMSC'. Nel libro del Professor Silvio Bolognini
«IL CYBERBULLISMO COME VOLTO DEMONIACO DEL POTERE DIGITALE E LE (POSSIBILI)
POLITICHE DEL DIRITTO ANTIDOTO» (Giuffrè Editore, 2017; Pubblicazioni
CE.DI.S. – Università e-Campus), e in particolare nei passaggi del libro che
più direttamente chiamano il lettore a riflettere sull'importanza di un ri/pensamento critico del paradigma
attuale del 'massmedialismo' nelle
relazioni socio-umane (passaggi che peraltro mettono in relazione anche
al tema dell’altro 'paradigma-gemello' rappresentato dalla «smartness», ossia il paradigma "smartness-oriented", che
costituisce tema centrale di un'altra pubblicazione dello stesso Autore
Silvio Bolognini: «DALLA "SMART CITY" ALLA "HUMAN SMART
CITY" E OLTRE» «Profili epistemologici e giuspolitici nello sviluppo del
paradigma "smartness oriented»; Giuffrè Editore, 2017, collana Scienza
giuridica e politiche del diritto), possiamo
notare che vengono riportate proposte educative e di formazione
dell'individuo nelle quali si ritrovano concetti e temi di etica e di "intelligenza morale", di
spiritualità, di anima (soul). Il riferimento, qui, è in particolare a '3.1.
L'"educazione morale" e le istanze provenienti dalle nuove
prospettive etiche', pagina 178 e seguenti della citata opera del
Prof. Silvio Bolognini, e specialmente alle pagine 184-185 nelle quali
viene rilevato l'approccio 'SMSC' -
Spiritual, Moral, Social and Cultural Education (per l'indagine
"Schools with a Soul" del centro inglese di ricerca RSA), e alle pagine
186-188 e pagina 189 nelle quali rispettivamente vengono
illustrati il progetto 2011-2012 della
AIPPC per le scuole toscane ‘Progetto PERDONO’ – in acronimo di "Per
Evolvere dalla Rabbia Distruttiva Ossia Non Odiare" – e, nei
paragrafi successivi, il 'Core Virtues
Program'. ■ Il ‘Progetto PERDONO’, promosso dall’AIPP Associazione Italiana Psicologi e Psichiatri
Cattolici (AIPPC) Sezione Toscana e realizzato in alcune scuole primarie
della Toscana, include strategie di
stress-coping basate sull'emozione e, nella sua fase direttamente
operativa di prevenzione del fenomeno del bullismo/cyberbullismo, ossia
quella fase di lavoro a contatto con i bambini delle scuole primarie, è
basato sull’applicazione di studi che
sono stati sviluppati nell'ambito dell'intelligenza emotiva e morale.
«(..) Si tratta di “un percorso educativo per la promozione del superamento
del rancore, già studiato negli Stati Uniti, in Irlanda e in Korea. I bambini
vengono aiutati a riflettere e a lavorare nell’ambito dell’intelligenza
emotiva e morale” » (http://www.aippc.net/articoli/progetto-perdono-nelle-scuole-toscane) (cfr. S.Bolognini, p.186, op.cit.). ■ Il 'Core Virtues Program' si basa sullo sviluppo di quei tratti della personalità virtuosi che
definiscono un buon atteggiamento morale. Sperimentato inizialmente presso la
Crossroads Academy, è fondato sulle virtù cardinali di giustizia, volontà,
coraggio, temperanza e sulle virtù teologali di fede, speranza, amore. Nelle parole della
fondatrice Mary Beth Klee, le ‘Core Virtues’ rappresentano principalmente
degli “habits of the heart”, atteggiamenti/disposizioni del cuore (‘cuore’
nel senso di ‘parte più profonda dell’essere’ – nda), più che comandamenti, regole o
norme di legge: «Centered upon the
four cardinal virtues of justice, wisdom, courage, and temperance as well as
the three theological virtues of faith, hope, and love, this literature-based
curriculum aims to capture the hearts and minds of our students (...). Core
Virtues are habits of the heart rather than a set of commandments, rules, or
laws.» (cfr. S.Bolognini, p.189, op.cit.). |
● ▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬ ●
Rilevare
il disagio e gli stati di rischio da violenze web-mediate: l'importanza della
Metodologia dei Monitoraggi. Risposte
a formulazione libera. Problemi di condizionamento nelle risposte. |
Quanto
alla metodologia delle ricerche
"sul campo", campo che nella fattispecie della prevenzione di
bullismo/cyberbullismo è in linea privilegiata quello della scuola, un rilievo
particolare va al metodo sperimentale
del ‘laboratorio’ a diretto contatto con gli studenti dai quali, e per via
diretta, possono così essere raccolte le risposte ad una serie di domande
inerenti la valutazione soggettiva dei social
network. 06-A) Questo metodo sperimentale – sul campo e in presa diretta – viene
illustrato in più pagine
(pp. 147-151) del citato libro di S.Bolognini, precisamente laddove a
pagina 147 viene fatta menzione di una pubblicazione
del 2014 di Carlo Meneghetti, teologo della comunicazione nonché docente
all'Istituto universitario salesiano di Venezia – Iusve, intitolata «Basta un clic», e, ancora, laddove nei paragrafi immediatamente
successivi si passa a riportare testualmente la batteria di risposte che da
parte dei ricercatori sono state raccolte direttamente dagli studenti (studenti
di un istituto secondario di secondo grado) attorno alla domanda "cosa sono secondo
te i social network?". È importante far presente che le risposte sono state espresse a
"formulazione libera", ovvero che non è stato previamente
sottoposto agli studenti da intervistare alcun
formulario prestabilito di risposte possibili tra le quali scegliere la
propria, come pure non è stato sottoposto agli stessi studenti alcun panel preordinato numericamente
in ordine ad alcun assegnato tipo di risposta (scelte, l’una e l’altra,
adottate al fine di evitare che in qualche modo si finisse con il condizionare o
influenzare le stesse risposte degli studenti). La vividezza e la
freschezza rappresentativa – 'nel bene e nel male', ovvero nelle valutazioni
soggettive tanto di tipo positivo e
tanto di tipo negativo – delle risposte degli studenti intervistati in
quel contesto, risposte che vengono riportate in elenco nel libro di S.Bolognini (cfr. pp.
147-149), sono notevoli, rendono bene il senso complessivo di una
palpabilità, quasi di una tattilità (mediata per via digitale e di
digitalizzazione su tastiere nonché su schermi), di un'esperienza diretta con
l'apparente immaterialità della web-tecnologia.
06-B) Ancora su quei passaggi della
pubblicazione del Prof. Silvio Bolognini «IL CYBERBULLISMO COME VOLTO DEMONIACO DEL POTERE DIGITALE E LE (POSSIBILI)
POLITICHE DEL DIRITTO ANTIDOTO» (Giuffrè Editore, 2017; Pubblicazioni CE.DI.S. –
Università e-Campus) nei quali viene posto l’accento sull’’importanza della metodologia di
monitoraggio in relazione al rilevamento degli eventuali segni di disagio giovanile sul web (soprattutto
i segni di disagio da riferirsi agli aspetti più oscuri, vessatori e violenti
del web stesso), viene dedicato qui un altro tassello di annotazioni ai
risultati della ricerca di tipo
laboratorio confluiti nella pubblicazione "Basta un clic" (anno di pubblicazione 2014) dell'autore e
docente C. Meneghetti. Commenta il Prof. Silvio Bolognini a proposito della serie di risposte fornite e formulate liberamente dagli studenti nell’occasione
di quella ricerca:
«Considerazioni,
con riferimento al tema della comunicazione, attinenti ad esempio alla
trasformazione del linguaggio, alla velocità del cambiamento, o la
constatazione che il mondo ormai gira
intorno ai social network forniscono indubbiamente spunti per una
discussione di spessore significativo, soprattutto perché fondata nella
percezione e nella narrazione dei ragazzi, spettatori e attori dell'evoluzione
in corso. Analogamente osservazioni sulla relazionalità tecno-mediata, quali i social sostituiscono il modo di
relazionarsi, rapporti superficiali,
non si vivono le relazioni vere, non ci sono emozioni, non si vedono in faccia le persone, sentirsi osservati, sentirsi giudicati..." dischiudono una prospettiva critica
interna al modello dominante meritevole, ci sembra, di essere consapevolmente
condivisa e sviluppata, non solo in relazione al percorso individuale di crescita
di ciascuno studente, ma anche in chiave preventiva rispetto a fenomeni
socialmente rilevanti in cui il tessuto relazionale della rete gioca un ruolo
primario.»
(Silvio Bolognini, op.cit., pp.150-151)
Risalta,
anche in quel contesto giovanile-scolastico, l’aspetto della «prospettiva critica interna al modello
dominante», quale nello specifico, e come esplicitato dall’Autore S.
Bolognini all’inizio del relativo paragrafo, quello della «relazionalità tecno-mediata» [«Analogamente
osservazioni sulla relazionalità tecno-mediata (..)»].
Annotazioni a parte (1 – 2 – 3 // Qui 1) su Metodologia di monitoraggio vs. qualità delle risposte dei giovani.
Ambito: scuola. – Oggetto:
rapporti dei giovani con web e social network.
Riferimento di partenza: pp. 147-151, «IL CYBERBULLISMO COME VOLTO DEMONIACO DEL
POTERE DIGITALE E LE (POSSIBILI) POLITICHE DEL DIRITTO ANTIDOTO» (Giuffrè
Editore, 2017; Pubblicazioni CE.DI.S. – Università e-Campus) – Prof. Silvio
Bolognini.
Fattori che risulterebbero favorire le
risposte/narrazioni da parte dei giovani:
·
esperienza diretta fatta sul web
da parte dei giovani (vissuto di esperienza in tutta la sua escalation di
criticità, effettiva e/o percepita, da ordinario/sicuro a poco sicuro e
pericoloso e oltre); – [n.b.: qui
non si prende in considerazione l’elemento, pur auspicabile, della supervisione
dei genitori-tutori; si rappresenta invece l’elemento dell’esperienza diretta,
non-mediata da figure adulte con compito di, appunto, supervisione, controllo
ed eventualmente guida);
·
non condizionamento (a) nella formulazione testuale delle risposte e/o nel
preordinamento di set di risposte (come ad esempio in alcuni tipi di
questionari); (b) nella fase di ‘presentazione’ – es. in classe, evenienza più
frequente – della ricerca, da parte di figure di adulti e/o di figure altre che
possano essere avvertite come ‘soverchianti’;
·
sentirsi "ascoltati" e rispettati anche in ordine alla fedele trasposizione delle
risposte da fornite agli intervistatori e dunque agli adulti; condizione di
fiducia, questa, favorita dal metodo del ‘laboratorio’ a diretto contatto
(diretto e privilegiato) con gli studenti;
·
condizioni generali ambientali non pressanti e non
manipolatorie.
06-D)
Annotazioni a parte (1 – 2 – 3 // Qui 2) su Metodologia di monitoraggio vs. qualità delle risposte dei giovani.
Ambito: scuola. – Oggetto:
rapporti dei giovani con web e social network.
Riferimento di partenza: pp. 147-151, «IL CYBERBULLISMO COME VOLTO DEMONIACO DEL
POTERE DIGITALE E LE (POSSIBILI) POLITICHE DEL DIRITTO ANTIDOTO» (Giuffrè
Editore, 2017; Pubblicazioni CE.DI.S. – Università e-Campus) – Prof. Silvio
Bolognini.
·
Cosa favorisce il rivelamento effettivo dello stato
emozionale e intellettivo dei giovani vs. web e specialmente vs. social
network?
Forse la (anche la) fiducia nell'intervistatore e/o ricercatore? Forse
l'atmosfera sociale "più libera" e meno carica di pregiudizi, che in
genere è quella delle grandi e/o
grandi-medie città rispetto invece alle località più piccole?
·
Quanto influisce il (X)
fattore dell’“anonimato di
partenza"
d’un giovane studente (M/F, maschio/femmina) “di città”, medio/grande città e
comunque con tipicizzazione urbana, nel favorire risposte più vere o più
verosimili [qui con differenziazioni interne a
seconda che lo studente (M/F): (x1) risieda in una città e, anche,
frequenti una scuola di città; (x2) risieda in una città e/ma
frequenti una scuola non di città; (x3) non risieda in una città e/ma
frequenti una scuola di città] e quanto invece influisce il (Y)
fattore della "riconoscibilità di partenza" d’un giovane studente (M/F,
maschio/femmina) “di provincia”, specie di piccola provincia e, ancora più di
micro-provincia [anche qui con differenziazioni
interne (specularmente diverse rispetto alle prime di cui al fattore “X) a
seconda che lo studente (M/F): (y1) risieda in una piccola/micro-provincia e,
anche, frequenti una scuola di piccola/micro-provincia; (y2) risieda in una
piccola/micro-provincia e/ma frequenti una scuola non di piccola/micro-provincia (invece per es. una scuola di città);
(y3) non risieda in una piccola/micro-provincia e/ma
frequenti una scuola di piccola/micro-provincia] sul grado di libera formulazione delle
risposte?
·
E le differenze,
quelle differenze tra le risposte fornite nelle condizioni fattoriali
rispettivamente (X) e (Y) di cui sopra, che si rivelassero significative
quanto, effettivamente, vengono tenute in considerazione nel sistema
complessivo, nazionale /o regionale, del monitoraggio del ‘disagio giovanile vs. il web’ e nelle politiche dei piani
di prevenzione e tutela?
Annotazioni a parte (1 – 2 – 3 // Qui 3) su Metodologia di monitoraggio vs. qualità delle risposte dei giovani.
Ambito: scuola. – Oggetto:
rapporti dei giovani con web e social network.
Riferimento di partenza: pp.
147-151, «IL CYBERBULLISMO COME VOLTO DEMONIACO DEL POTERE DIGITALE E LE
(POSSIBILI) POLITICHE DEL DIRITTO ANTIDOTO» (Giuffrè Editore, 2017;
Pubblicazioni CE.DI.S. – Università e-Campus) – Prof. Silvio Bolognini.
Altro aspetto che, a parere di chi scrive queste
annotazioni, andrebbe maggiormente considerato, tanto nelle fasi di
elaborazione dei monitoraggi, quanto nella rappresentazione dei monitoraggi
stessi anche in vista dei piani da adottare, è la correlazione tra i livelli di "empowerment" M/F ossia
maschio/femmina e i livelli di
evoluzione socio-urbanistica dei diversi tipi di territorio, con
polarizzazione <città (grande/media) – provincia (piccola/micro)>
(vedasi, al riguardo, anche (X) e (Y) nei paragrafi immediatamente precedenti).
Domanda / spunto di riflessione =
Una giovane/giovanissima che viva per ipotesi in un contesto familiare e
di comunità di tipo arcaico nell’estremo entroterra dell’appennino italiano,
tanto più se del centro-sud o sud d’Italia, e che, sempre per ipotesi,
frequenti una scuola in una appena vicina località minore del tipo
‘microprovincia’, quanto realmente può
sentirsi libera di “lanciare un messaggio”, di esprimere un’indicazione, che
effettivamente possa riflettere il suo vissuto di, si ponga anche qui, disagio sul web, sulle chat, sui social
networks?
E quanto le
possibilità espressive di quella giovanissima,
anche nell’ambito di una ricerca di laboratorio che nella sua scuola venisse
avviata per il monitoraggio dei casi di
disagio giovanile web-indotto, possono
eguagliarsi alle possibilità espressive di una giovane/giovanissima che,
invece, risieda e conduca la sua vita in una media/grande città, o comunque in
un contesto a spiccata caratterizzazione urbano-evolutiva, e che
frequenti un istituto scolastico che, pure, sia quello della media/grande città
o comunque d’un contesto a spiccata caratterizzazione urbano-evolutiva?
Rileva, anche qui,
l’aspetto della facile “riconoscibilità” –
vedasi ancora, a tale proposito, «il
(Y)
fattore della "riconoscibilità di partenza"» di
cui già sopra – che, nella pratica del “difficile da dire”
(un tema che notoriamente non attiene soltanto al fenomeno del cyberbullismo e
del complesso delle violenze web-indotte ma, più in generale, al fenomeno della
‘violenza sul più debole’ vieppiù quando quello stesso fenomeno sia ‘racchiuso’
in contesti tipicamente arcaici, ma non soltanto, caratterizzati da spiccata
omertà e dunque anche da corresponsabilità morale – oltre che giuridica – di
vari membri della stessa comunità) si
traduce anche in "additabilità di/in partenza".
Dunque: (datosi) contesto
difficile, poco evoluto, arcaico >>> (datosi anche) un disagio da
violenze web-mediate anch’esso difficile da dire >>> (datosi tuttavia)
un giovane, tanto più se di genere femminile (particolare non trascurabile
quanto il contesto sia già difficile e ancora più di tipo
arcaico/tradizionale/omertoso), il quale in occasione di una ricerca di
laboratorio scolastico provi a dispetto di tutto ad esprimere il suo problema
di disagio web-indotto >>> il disagio viene dunque
dapprima espresso a scuola (monitoraggio, intercettazione del problema), e/ma
poi il fatto che quel disagio sia stato espresso e reso manifesto viene anche
“risaputo” nella ristretta comunità, quella del già raffigurato contesto
difficile >>>
“Chi è che ha manifestato quel disagio,
a scuola?” – si chiede la comunità che però ha già subito gli elementi
della risposta >>> Facile individuazione di chi ha manifestato
il disagio, data la facile
“riconoscibilità” della vittima, quella giovane vittima che ha lamentato gli
episodi di web-persecuzione, gli episodi di cyberbullismo. >>>
Facile riconoscibilità, additabilità, |
●
▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬ ●
≈
La centralità della dimensione della morale nell’educazione. «L'“educazione
morale” e le istanze provenienti dalle nuove prospettive etiche» (S.
Bolognini) ≈
La prolusione del Cardinal Gianfranco Ravasi rivolta ai seminaristi
dell’Istituto Superiore di Teologia di Évora (Portogallo). ≈
Il web al vaglio del discernimento e della scelta. || «vagliate ogni “cosa” e
tenete ciò che è bello/buono (kalòn)”» (1 Tess5, 21). |
Nel libro del Professor Silvio Bolognini «IL CYBERBULLISMO COME VOLTO DEMONIACO
DEL POTERE DIGITALE E LE (POSSIBILI) POLITICHE DEL DIRITTO ANTIDOTO»
(Giuffrè Editore, 2017; Pubblicazioni CE.DI.S. – Università e-Campus),
l’argomento della "prospettiva
educativa basata sull'etica" svolge un ruolo fondamentale nella
trattazione svolta dallo stesso Autore.
Nella
direzione della "prospettiva educativa basata sull'etica" emerge il
tema della identità morale, anche in funzione di nuove, auspicate, strategie
di educazione e formazione che possano favorire un approccio di fondo al
fenomeno del cyberbullismo e che, con la messa a punto di azioni
sistemiche, possano contrastarne e prevenirne strutturalmente la sua
evoluzione in “fenomeno sociale”.
«(..) È auspicabile che l’azione mirata, preventiva e di
contrasto, sul tema del cyberbullismo possa favorire un percorso di riflessione
che risalga a monte, giungendo ad approcciare le questioni di fondo,
necessariamente complesse (..). Allo stato attuale, tuttavia, l’opzione resta
sottotraccia nei richiami alla funzione educativa istituzionale della scuola
rispetto alla formazione dell’individuo e del cittadino e con essa resta
sottotraccia, come si è cercato di argomentare in questa nostra analisi, la
possibilità di prevenire e contrastare strutturalmente l’evoluzione in
“fenomeno sociale” di dinamiche web-based
o web-enabled di cui già oggi sono
individuabili gli indicatori e che potrebbero verosimilmente trovare proprio
nei meccanismi del cyberbullying un
pericoloso catalizzatore.»
(Silvio Bolognini,
op.cit., pp.178)
In uno dei passaggi nei quali il
Professor Silvio Bolognini riporta (con indicazione dei relativi lavori
bibliografici) d’un progetto promosso nel corso dell’anno 2011 dalla Associazione
Italiana Psicologi e Psichiatri Cattolici (AIPPC) per l’Ufficio Scolastico
Regionale della Toscana [http://www.toscana.istruzione.it/novita/allegati/2011/luglio/PERDONO_volume_def.pdf], l’aspetto dell‘unità interiore’ riferito all’educazione giovanile viene descritto
anche con richiamo alla necessità d’una conquista, appunto di natura interiore,
che consenta poi di rapportasi alla vita con criteri solidi; più precisamente,
leggiamo a pp.188-189 e sempre in 3.1. L’”educazione morale” e le istanze
provenienti dalle nuove prospettive etiche:
«(..) parafrasando il pensiero di
Maritain, se gli alunni e gli studenti maturano una visione frammentata della
realtà e della vita, se non riescono a conquistare una loro ‘unità interiore’
non avranno neppure dei criteri solidi per giudicare e valutare le multiformi e
‘caleidoscopiche’ suggestioni che la cultura e la società propongono loro” (37)»
(*)
(Silvio Bolognini, op.cit., pp.188-189)
(*) La Nota (37) è riferita alle pp. 8-9 di: Balestri, F. e Mugnaini, D., (a cura di), PERDONO Per Evolvere dalla Rabbia Distruttiva Ossia Non Odiare,
MIUR-USR per la Toscana, in collaborazione con AIPPC Toscana, 2011, p.20.
Per
quanto riguarda la trattazione fatta dall’Autore circa
i contenuti e l’articolazione dei programmi educativi basati sull’identità morale e sulla formazione dell’individualità, programmi
che negli ultimi anni sono dunque avviati e realizzati in Paesi del mondo
anglosassone e anche in Italia, si
invita il lettore agli approfondimenti che in particolare riguardano l’approccio educativo SMSC – Spiritual, Moral, Social and Cultural
Education (cfr. pp.
184-185, op.cit.) e il ‘Core
Virtues Program’ (cfr. p.189, op.cit.), programma educativo anch’esso di
matrice cattolica e che verte sullo sviluppo di tratti della personalità
virtuosi (“Core Virtues”, che si riferiscono a virtù cardinali e virtù
teologali) che nel loro insieme definiscono l’identità morale.
«Se il moral
disengagement diffuso nelle comunità in rete si conferma a livello
internazionale fattore di rischio e catalizzatore delle dinamiche del bullismo
evoluto nella sua variante cyber, la
dimensione formativa attinente all’identità morale è suscettibile di porsi come
strumento efficace di contrasto al dilagare, e all’evolvere, del fenomeno; da
qui, ci sembra, l’interesse e l’attenzione che le riflessioni e le
sperimentazioni in questo ambito dovrebbero intercettare nell’orizzonte di un
approccio non riduzionistico al problema analizzato.»
(Silvio Bolognini,
op.cit., p.189)
Prima di terminare questa parte di
annotazioni su alcuni aspetti della "prospettiva educativa basata
sull'etica" così come nella formulazione e nella trattazione del Prof.
Silvio Bolognini nel suo «IL CYBERBULLISMO COME VOLTO DEMONIACO DEL POTERE DIGITALE E LE (POSSIBILI)
POLITICHE DEL DIRITTO ANTIDOTO», è proprio a proposito del fattore
di rischio del moral disengagement
che si vuole qui richiamare l’attenzione del lettore ad alcune finestre
descrittive dello stesso libro che si riferiscono, rispettivamente, a: ▪ il modello di misurazione del moral disengagement proposto da Bandura
(cfr. pp.189-190) [per
i riferimenti bibliografici di quest’autore vedasi anche in ‘Bibliografia
generale’, ‘Testi e riviste scientifiche’, a p.214]; ▪ il modello di analisi MDBS, Moral Disengagement in Bullying
Scale, degli autori Thornberg e
Jungert (cfr. p.190) [riferimenti
bibliografici anche in ‘Bibliografia generale’, a p.227], modello, questo, rapportato anche
alla posizione dei ‘bystanders’ – gli astanti/spettatori
– e alla variabile della basic moral sensitivity, cioè della
sensibilità morale di tipo basilare.
Per quanto riguarda il modello di misurazione del moral disengagement messo a punto da
Bandura e dalla sua équipe di ricerca (Bandura, Barbaranelli, Caprara e
Pastorelli), al lettore non potrà certo sfuggire il carattere di aberrazione
morale dei meccanismi in crescendo (in tutto otto meccanismi, quelli misurati
nel modello di studio dei ricercatori) e che vanno dalla ‘giustificazione
morale’ e dal successivo ‘etichettamento eufemistico’ dell’azione immorale fino
alla ‘attribuzione di colpa alla vittima’ e alla ‘deumanizzazione della
vittima’ (cfr. note a piè di pagina sempre a pp. 189-190 del libro del Prof.
Bolognini).
Per quanto riguarda, invece, il modello di analisi del Moral Disengagement in Bullying Scale (MDBS) degli autori Thornberg
e Jungert, si fa qui notare come tra gli elementi di definizione (riportata
nel libro del Prof. Bolognini a pagina 190, direttamente dall’originale in
inglese) della variabile della basic moral sensitivity (*) si abbia
che il livello di, per l’appunto, ‘basilarità’ della sensibilità morale sia
rinvenibile nella disponibilità a riconoscere le trasgressioni morali e le loro
pericolose conseguenze verso gli altri.
(*) «”An individual’s readiness in morally simple
situations to recognize moral transgressions and their harming consequences
towards others, a sensitivity related to aroused moral emotions such as
empathy, sympathy, or guilt”»
(cfr.
p. 190, S.Bolognini, op.cit.).
Il
capitolo dedicato a L’“educazione morale” e le istanze provenienti dalle nuove prospettive
etiche va concludendosi, nelle
considerazioni sul fenomeno del moral
disengagement espresse dal Professor Bolognini anche in
riferimento alla relazionalità web-mediata, con la constatazione che «Gli studi più recenti, centrati sulla dimensione virtuale, sebbene meno
numerosi, non fanno che confermare tali emergenze.» (cfr. p.190).
Chiude il capitolo il richiamo fatto
dall’Autore a quelle istanze ed esperienze educative nelle quali la dimensione morale svolge un ruolo centrale, ruolo che può essere
svolto anche in funzione delle politiche
di contrasto al fenomeno del cyberbullismo:
«(..) ci sembrano dunque meritevoli di approfondimento
anche le istanze e le esperienze provenienti dalla tradizione educativa
cristiana e cattolica, in cui è centrale la dimensione della morale; una
dimensione che, ponendosi tale tradizione alle fondamenta del pensiero, della
cultura e della società occidentale, si presta facilmente ad una lettura laica
ampiamente spendibile anche sul piano delle politiche programmatiche in tema di
contrasto al cyberbullying.»
(Silvio Bolognini,
op.cit., pp.190-191)
:: :: ::
In
una posizione intermedia (ma solo apparentemente intermedia) c'è la posizione delle persone in quiete
“stato di ricerca" (ricerca interiore), ovvero di coloro che, pur non
essendosi in genere mai inoltrati in attive ricerche sul senso di Sé e del
proprio divenire in una prospettiva di tipo precisamente etico ovvero
etico-morale, non rifuggono affatto da
proposte argomentative che, anche in materia di educazione e formazione dei
giovani, includano "il
discorso" sulle istanze
etico-morali dell'essere.
È un discorso – quello, appunto, sulle
istanze etico-morali dell'essere – necessariamente fra adulti (adulti, è
sottinteso, che abbiano le capacità intellettivo-morali e nondimeno la volontà
di affrontarlo quello stesso discorso), dunque fra persone che proprio in quanto adulte possono forse portare nei
corrispondenti ambiti di dialogo e di confronto un loro contributo di idee anche
sul problema dell’educazione e della formazione dei giovani (di oggi) e
delle prossime future generazioni.
Si inserisce dunque qui l’accenno alla
possibilità di un coinvolgimento, un
coinvolgimento maggiore, delle persone / ‘people’ che, pur non essendosi ancora mai precisamente posto il discorso sulle
‘istanze etico-morali dell’essere’, però non lo rigettano a priori, anzi magari
sono inclini a prenderlo in considerazione e ad accoglierlo nel loro
proprio ‘menu’ di orientamenti valoriali e, nel caso, ad apportarvi il loro
contributo.
Nella direzione di quel coinvolgimento
va l’auspicio, che si formula qui, che i temi delle istanze etico-morali dell'essere e dei connessi elementi
dell’identità morale e dell‘intelligenza morale’, anche in formulazione di
pedagogia scolastica e di educazione dei giovani, possano trovare il loro crescente accoglimento anche presso la
fascia ‘people’ adulta più sensibile e attenta, compresa la fascia – come nei
paragrafi precedenti è stato detto e raffigurato – delle «persone in quiete
“stato di ricerca"».
Quanto sopra implica anche l’auspicio
che pubblicazioni che su quegli stessi temi sappiano esprimere contenuti di
sostanziale importanza, e prospettive nonché proposte di utile prezioso
interesse, riescano a far germogliare la loro impegnativa “semina” il più
diffusamente possibile nel grande giardino dell’umanità e anche attraverso
l’onda lunga del tempo in divenire. E, allora, anche al di là dei tempi
contingenti, al di là degli attuali anni alquanto disorientati e anche alquanto
avari in fatto di ‘centratura’ della questione etico-morale, risultati
rigogliosi non potranno che provenire da opere che – come la prestigiosa opera
di letteratura accademico-scientifica del Professor Silvio Bolognini «Il Cyberbullismo come volto
demoniaco del potere digitale e le (possibili) politiche del diritto antidoto»
(*) – racchiudono in se stesse tutto il
senso di un grande impegno e di una grande mission
umanistica.
Silvio Bolognini «Il Cyberbullismo come volto demoniaco del potere digitale e le
(possibili) politiche del diritto antidoto» (Giuffrè Editore, 2017;
Pubblicazioni CE.DI.S. – Università e-Campus).
Altrettanto prezioso e fecondo, sempre
sul piano delle “interrogazioni forti” che – anche in fatto di “universo
web-tecnologico”; cfr. paragrafi successivi - interpellano l’umanità e le sue
(più o meno consapevoli, più o meno avvertite, a seconda dei casi) esigenze esistenziali
più profonde, è quel filone di iniziative avviate negli ultimi anni un po’ in
tutta Italia all’insegna del ‘Dialogo su
Etica, Società e Fede’ e che si articolano in cicli di incontri ‘dal vivo’ (qui la specificazione è quasi
d’obbligo in tempi come quelli odierni nei quali molti dei convegni e delle
conferenze, e persino ormai molti dei seminari, hanno luogo per via telematica)
a spiccata vocazione dialettica. Tra
le iniziative più in tal senso improntate, si richiamano qui i percorsi di eventi
tematici organizzati e realizzati dalla Fondazione
Cortile dei Gentili (https://www.cortiledeigentili.com) di Milano [con Presidente
della Consulta scientifica il Prof. Giuliano Amato].
Di quei percorsi e quegli eventi, che
spesso vedono impegnata in primo piano la figura del Cardinal Gianfranco Ravasi
(Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura) come pure molte delle
figure della Consulta scientifica della stessa Fondazione Cortile dei Gentili
(figure e personalità tra le più attive sul piano degli studi, delle ricerche,
nonché sul piano dell’interlocuzione nazionale e anche internazionale con altri
attori socio-culturali), si rileva qui che tra i momenti di dialogo rilevatisi
più proficui rientrano quelli tra – da una parte – una molteplicità
di soggetti impegnati a vario titolo in progettualità socio-educative di
ispirazione etico-morale, ma sul piano personale ispirati ad una valorialità
‘interiore’ in senso laicale, e – dall'altra – soggetti, figure, personalità il
lavoro dei quali, spesso incentrato proprio su proposte educative, è diretta
espressione della progettualità del mondo confessionale religioso.
● Più nello specifico dei percorsi della Fondazione
'Cortile dei Gentili' tra quelli che
più direttamente affrontano l’argomento delle sfide poste all'umanità
dalle nuove tecnologie informatiche, si menziona qui il testo di una
prolusione del Cardinal Gianfranco
Ravasi rivolta ai seminaristi dell’Istituto Superiore di Teologia di Évora
(Portogallo) e che ha tra i temi principali della riflessione i campi della
'intelligenza artificiale' e delle reti
cosiddette “social”, ossia dei social network. Il testo di detta prolusione
(data: febbraio 2019) ha per titolo «Ravasi:
due sfide poste alla fede nella cultura contemporanea» ed è disponibile sul
web all'indirizzo https://www.cortiledeigentili.com/ravasi-due-sfide-poste-alla-fede-nella-cultura-contemporanea/. Se ne riportano qui di seguito
alcuni passaggi:
«Il
secondo percorso riguarda l’attuale comunicazione di massa che ha rivoluzionato
il nostro stesso esistere, pensare e dialogare. Da un lato troviamo la
comunicazione sociale, dove si conserva un’identità e una dialettica che
permette di distinguere, nelle relazioni, l’aspetto reale e diretto. Questo
permette l’emergere degli aspetti di bene e male, vero e falso, giusto e
ingiusto, amore e odio e così via. All’opposto incontriamo il social, cioè la
rete costituita da relazioni virtuali che fanno evaporare la realtà e mescolare
le categorie. In molti casi, in essi, emergono soprattutto eccessi e sussulti
anche se l’elemento sociale rimane strumento fondamentale di interconnessione
relazionale. In questa prospettiva le fisionomie umane mutano e soprattutto
muta la realtà stessa della “persona”. Infatti, nei vari aspetti della realtà
virtuale, il termine persona paradossalmente ritorna al significato originario
latino di maschera (es. in Facebook il nickname). Diversi filosofi cosiddetti
“digitali” contemporanei hanno acutamente colto questo fenomeno giungendo alla
conclusione che la rivoluzione informatica entra a far parte delle grandi
svolte della storia e della scienza moderna. Questo prefigura una “nuova
condizione umana” e un inedito modello antropologico nel quale Internet assume
un ruolo preponderante».
E inoltre, sempre nella prolusione del Cardinal Gianfranco Ravasi rivolta
ai seminaristi dell’Istituto Superiore di Teologia di Évora (Portogallo),
febbraio 2019 [cfr. ‘Cortile dei
Gentili > «Ravasi: due sfide poste alla fede nella cultura contemporanea» https://www.cortiledeigentili.com/ravasi-due-sfide-poste-alla-fede-nella-cultura-contemporanea/]:
«Emergono,
tuttavia, i vizi comunicativi che sono al centro dell’infosfera, la quale ha
ormai raggiunto un ruolo totalizzante. Anche al livello linguistico, le persone
si ritrovano ad essere quasi inabili al dialogo, incapaci quasi di
comprendersi, essendo divenuti vittime di una comunicazione malata spesso
ferita dalla violenza, approssimativa e aggrappata a stereotipi, all’eccesso e
alla volgarità e persino alla falsificazione. Si avverte, perciò, la necessità
di una vera e propria campagna di ecologia linguistica capace di far tornare il
“comunicare” alla sua autenticità – come la parola stessa di matrice latina
indica cum-munus, cioè “dono” – e pertanto condivisione di valori, confidenze,
contenuti e emozione. Altro fenomeno da segnalare, sempre riferito alla
comunicazione del social, è la moltiplicazione esponenziale dei dati offerti
che non permettono una capacità di vagliare selettivamente le informazioni con
senso critico. L’orizzonte che si ha di fronte risulta perciò problematico e
potrebbe favorire la tentazione dello scoraggiamento e della rassegnazione
anche a livello religioso, ciò nella convinzione dell’inarrestabilità di un
simile processo che sembra destinato a creare un nuovo standard umano. Tale
atteggiamento di rifiuto va escluso, anche alla luce di scritti magisteriali,
sia di Papa Giovanni Paolo II che riconosceva, nella enciclica Redemptoris
Missio del 1990 che, ormai “è in corso una nuova cultura, nuovi modi di
comunicare con nuovi messaggi, nuove tecniche e nuovi atteggiamenti
psicologici”. Papa Francesco, nella Evangelii Gaudiumal n. 79, afferma d’altro
canto che è, necessario integrare il messaggio cristiano in questa nuova
cultura creata dalla comunicazione moderna. (..) Lo stesso Concilio Vaticano
II, nei suoi documenti relativi alla comunicazione, afferma che gli strumenti
della comunicazione sociale “contribuiscono mirabilmente a sollevare e ad
arricchire lo spirito, a diffondere e consolidare il Regno di Dio” (Inter
mirifica, 2). A fondamento di quanto affermato, c’è la convinzione che la rete
sia un “dominio” dotato di grandi potenzialità spirituali che permetterebbero
anche l’elaborazione di una grammatica comunicativa pastorale. Queste
considerazioni devono sollecitare, non solo i “tecnici” della civiltà digitale,
ma anche gli operatori ecclesiali nel costante confronto col profilo
antropologico contemporaneo del nativo digitale e della nuova società social.
Punto di riferimento per un processo di questo genere può essere tratto da un
famoso motto paolino che dice “vagliate ogni “cosa” e tenete ciò che è bello
/buono (kalòn)” (1 Tess5, 21).».
●
▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬ ●
● Le narrazioni, spesso
inadeguate e sbrigative, sul vissuto di sofferenza delle giovani
cybervittime. ● Una diversa lettura del
"male oscuro": «Il superamento della depressione. La lezione di
Qohelet». Spunti anche per il mondo giovanile dei 'social'. La crisi profonda sul senso del
vivere: nel singolo e, da sempre, nella storia. |
Si
ricorda che in queste righe il ‘tema principe’ è quello delle persecuzioni
web-mediate a danno dei più giovani e degli adolescenti (e dei bambini), e
soprattutto delle persecuzioni che vengono attuate nell’infosfera dei social networks. Si ricorda anche che il
presente set di annotazioni si sta soffermando sugli approfondimenti
argomentativi che, proprio in tema di cyberbullismo e di negative dinamiche del
potere digitale, vengono esposti nella pubblicazione del Professor Silvio Bolognini «Il Cyberbullismo come volto demoniaco
del potere digitale e le (possibili) politiche del diritto antidoto».
Si ritiene, a questo punto, di introdurre nelle correnti annotazioni e accanto
al tema specifico del ‘mondo del web’ ciò che più in stretto parallelismo si muove accanto proprio al mondo
della rete-web, delle cyber-relazioni, dei ‘social’, ovvero l’universo televisivo. La televisione,
com’è probabilmente già noto ai più, è il mezzo di comunicazione di massa più
ancora seguito dal pubblico complessivamente considerato, più seguito anche per
attingere al proprio menu quotidiano di notizie. Un po’ diversa sembrerebbe
essere la situazione riguardante i giovanissimi, che risulterebbero sempre più
orientati ad attingere notizie e informazioni direttamente dai social networks;
è però anche vero che buona parte delle notizie veicolate attraverso i ‘social’
origina, in realtà, dalle principali notizie di media c.d. tradizionali, le
quali vengono a loro volta riportate, ‘postate’, sui social, e, da qui,
commentate, ricommentate e ‘bollinate’ dal vasto popolo degli cybernauti
attraverso i clic dei like e dei condividi in un giro potenzialmente infinito. Ebbene, ciò che ora si intende
proporre all’attenzione del lettore è la
narrazione inadeguata, affrettata, che assai sovente viene fatta, in
combinata di “tv + social”, e viceversa,
sul vissuto di sofferenza delle vittime
del cyberbullismo. Un vissuto che purtroppo si risolve, come già in tanti e
troppi casi si è risolto, in fatti infausti, definitivamente infausti: il
suicidio.
L’argomento di quel vissuto di
sofferenza, argomento di una complessità intrinseca enorme e delicatissimo,
viene non di rado liquidato riproponendo sulla scena dei talk-show (e di
programmi sostanzialmente similari, di c.d. ‘info-trattenimento’) il banale e trito refrain dello “stato preesistente di una (non meglio
identificata) depressione”, addivenendo
così a conclusioni del tipo “la vittima era depressa, già viveva un suo stato
di disagio”. Con la conseguente, e più o meno esplicitata, conclusione del
seguente tenore-tipo: “l’atto del suicidio è stato manifestato sui social
network, ma avrebbe potuto essere reso manifesto anche in altri modi”. Insomma,
sembra quasi che l’esito infausto della violenza web-mediata subita dalla
giovane vittima sia una “colpa” della vittima stessa (con implicita
stigmatizzazione indotta dal sottoregistro: “se era depressa, perché è andata
sui social-network? Perché non è uscita da quei social?”). Così, con buona pace
di tutto il sistema/impianto web-based,
e con buona pace anche di tutto il modello di ingegneria sociale basato sul
modello dell’interconnessione web,
modello che peraltro vede in
strettissima e costante connessione l’impianto propriamente web e l’impianto (a
forti introiti commerciali) delle smart-tv collegate per l’appunto alla
rete-web, il caso viene superficialmente definito, pronto per essere archiviato
nei meandri della coscienza collettiva.
Al
che si propongono qui due ordini di riflessioni [ved. 08-1) e 08-2)]:
08-1)
Perché in quegli spazi televisivi –
spazi che, particolare importante, “rimbalzano” subito su web e social-nets –
non vengono ospitate figure di esperti in materia di “etica del web”, oltre che in materia di dinamiche interattive del web?
La
riflessione, in forma volutamente interrogativa, lascia spazio ad altri interrogativi,
quali specialmente i seguenti che qui s’intende mettere in evidenza:
__
08-1-a) A
quando anche in tv e nei media ‘generalisti’ (e il riferimento alla tv è
ancora, in particolare, ai cosiddetti talk-show e ai ‘salotti buoni’
dell’info-intrattenimento) un appropriato discorso
sui fattori e/o cofattori scatenanti l'evento autolesionistico mediato dal web
(in prima battuta) e dai massmedia ormai ‘smart-connessi’ H24 al web?
__
08-1-b) A
quando anche in tv e nei media ‘generalisti’ (tv sempre con particolare
riferimento a talk-show e salotti dell’info-intrattenimento) un discorso che
sia capace di evidenziare anche la
depressione "a valle" (e dunque non già e non solo la depressione
“a monte”) del fenomeno della interconnessione-web e delle vessazioni
web-mediate? Ovvero a quando un discorso sugli stati di disagio e anche di angoscia che siano dovuti proprio alle
dinamiche più vessatorie che circolano nelle piattaforme social del web?
__
08-1-c) A
quando anche in tv e nei media ‘generalisti’ (tv ancora con particolare
riferimento a talk-show e info-intrattenimento), ivi compreso il mezzo
“radio” che (peraltro in decisa ripresa di audience in questi ultimi dieci
anni) trasmette ormai una quantità notevolissima di produzioni dedicate alle
vantate meraviglie del web, dei social, delle interconnessioni smart, un discorso che punti l’attenzione anche
sulle perversioni e degenerazioni delle forme mentali di chi il web lo governa,
lo produce, lo indirizza? E magari anche un discorso franco, aperto, sulle forme mentali, sugli interessi, sulle
policy di funzionamento dei grandi Providers che posseggono le piattaforme-web,
le reti ‘social’ (per esempio un discorso che venga focalizzato sulle
policy riguardanti la scelta e/o la non scelta di togliere subito i
video violenti e aberranti dalle piattaforme dei Providers)? Sarebbe
interessante, in questo senso, anche un discorso che fosse capace di inoltrarsi
nell’atteggiamento psichico-mentale dei vari ‘big’ di quei Providers, ovvero
capace di mettere in rilievo i tratti di personalità pubblica – perlomeno
pubblica, agìta scientemente sulla collettività sociale degli
utilizzatori di web e social – che vengono impressi nei funzionamenti operativi
della ‘grande rete’. [Sul punto, giova intanto riportare la notizia – 20 Giugno 2019 – che alcuni enti governativi statunitensi a tutela
dei minori avrebbero avviato delle azioni di contrasto anche di carattere
legale nei confronti della piattaforma ‘Youtube’ in quanto, questa in sostanza
la motivazione delle azioni di contrasto avviate da quegli enti, la stessa
piattaforma risulta non aver finora tutelato adeguatamente i minori e, per di
più, il medesimo ‘Youtube’ "avrebbe anche acquisito in maniera impropria i
dati degli utenti".]
== Attualmente, questi tipi di interrogativi trovano risposte, e chiavi di risposta, nella
letteratura specialistica accademica delle scienze sociali. Il link
mancante è però quello di una divulgazione
(e di una trattazione più asciutta, diretta) che, sempre con i fondamenti di
analisi e di conoscenza riferibili a quella letteratura scientifica
(metodologicamente critica nello sviluppo delle sue analisi e delle sue
ricerche), “dica al pubblico ciò che c’è da dire”. Ossia che veicoli presso il pubblico “i fondamentali” dei
meccanismi e delle dinamiche web, ivi compresa la spiegazione di quei
meccanismi e di quelle dinamiche web/cyber che facilitano e/o amplificano le
situazioni di male-essere, di male-stare, nel mondo.
Una divulgazione del
genere suddetto dovrebbe/deve anche avere l’abilità di fronteggiare, sullo stesso piano web e
multimediatico – e tanto nello specifico dei contenuti, quanto nella
versatilità delle stesse modalità comunicative di volta in volta adottate –, le
ben immaginabili reazioni di alcune parti del web. E nel mettere in pratica
quelle abilità, dovrebbe/deve anche riuscire a disattivare l’altrettanto ben
immaginabile obiezione-accusa (da parte di alcuni poteri digitali, nonché da
parte dei loro messaggeri incantatori) della “dietrologia” e del
“complottismo”.
Realismo, bisogno di capire e diritto di comprendere come
muoversi, nel web, preservando la
propria integrità umana: necessariamente questo “deve arrivare” all’utenza
del web, soprattutto ai più giovani, agli adolescenti, ai giovanissimi, e
arriverà se qualcuno cercherà di seminare bene e di continuare in quel lavoro
di semina.
::
Per l’estensione di queste annotazioni contrassegnate 08-1) (comprese nella parte iniziale del Punto 08), estensione laterale in cui, come più avanti si
potrà constatare, ci si sofferma in particolare sulla responsabilità del
sistema televisivo nella diffusione del fenomeno delle web-cyber vessazioni e
del ‘trash’ nella grande rete, si invita alla lettura del Punto 16), dal titolo «Discrepanze tra mondi
paralleli: il web, la scuola, la televisione. La “crisi” dei giovani
(cybernauti) e l’effetto di traino del ‘trash’ in tv. Il bullismo fra adulti,
la sua spettacolarizzazione mediatica e il suo lavorìo nel mondo del web.».
::
08-2) In
questo secondo ordine di riflessioni sulla narrazione di tipo più banale e
superficiale, e più fuorviante, che spesso viene fatta della più o meno presunta, più o meno reale, depressione preesistente nelle giovani
vittime – poi suicide – di cyber-vessazioni e cyber-violenze (un tipo di
narrazione che, come già esposto nelle prime
righe di questo set di annotazioni,
serpeggia e tenta di imporsi non soltanto in prima battuta sul web, ma anche in
molte trasmissioni di ‘media generalisti’, tv in testa con i suoi salotti di
info-intrattenimento, ove per di più si consideri l’ormai continuativa “H24”
connettività-smart di tali media con il mondo della rete), si dà una virata di prospettiva
e si introduce, come spunto che può anche essere riferibile al mondo giovanile-adolescenziale
dei 'social', la proposta di una diversa
lettura del "male oscuro": «Il
superamento della depressione. La lezione di Qohelet». Tale è una delle
proposte che, illustrate ed esposte presso la Biblioteca Diocesana di Massa nell’Ottobre 2012, sono allo storico
dell’iniziativa ‘Labirinti della mente -
Incontri dedicati alle scienze della psiche’: «Una serie di incontri che riapre la stagione di eventi della Biblioteca
Diocesana di Massa, dedicati alla psicologia, psicanalisi e alle affascinanti
scienze della mente. Come sempre con un taglio divulgativo seppur di alto
interesse scientifico.» – L’iniziativa, di cui si può leggere sul web al
seguente indirizzo (pubblicazione della scrivente)
http://www.comunicarecome.it/_Labirinti-della-mente==Incontri-dedicati-alle-scienze-della-psiche==Presso_BibliotecaDiocesana_Massa.htm
e, per alcuni rimandi specifici, agli
indirizzi dei links interni alla stessa, è stata parte integrante della
rassegna ‘Ottobre Piovono Libri 2012.
Perché viene qui
richiamata l’attenzione su detta prospettiva? Il perché ha a che fare con la
constatazione di una sostanziale
rimozione: la rimozione, nella coscienza, del fatto che l’interrogazione sul senso del vivere possa
(possa ovviamente, possa naturalmente) comportare una crisi profonda
dell’essere. Ed è così da sempre, nella
storia del singolo e nella storia del divenire dell’umanità. È una
prerogativa – quell’interrogarsi, quella “inquietudine” dell’interrogarsi –
dell’essere umano in stato di progressiva elevazione, ovvero dell’essere umano
che cerca di elevarsi dallo stato brutale (in senso dantesco, “fatti non foste
per viver come bruti ..”), e dallo stato inerte, inanimato, di mera
soddisfazione dei bisogni primari di sopravvivenza. L’essere umano che si interroga sul senso della vita è necessariamente
un uomo/essere che attraversa la “selva oscura” di uno stato di crisi, e che
decide di attraversarla, quella selva, già sulla spinta delle sue istanze
del profondo, prima ancora che a livello meramente intellettivo. Crisi dunque
come momento (stato, periodo) in cui matura la decisione di passare al vaglio le coordinate esistenziali della
vita, come momento che favorisce il discernimento, la scelta. Scelta in
questo casi di valori, alla luce dei quali interpretare il senso del vivere.
Perché allora nell’interpretazione
comune, e per di più corroborata da una certa narrazione “nella corrente
principale” (“mainstream”) che viene fatta anche nell’universo televisivo,
accade che lo stato di crisi interiore,
a volte anche di angoscia e comunque di scombussolamento, di molti giovani e/o giovanissimi cyber-utenti venga “bollato”,
categorizzato, quale stato di “depressione”? Ma ancor di
più: perché non insorgono voci (anche di “esperti” sì in materia di scienze
della psiche e del comportamento, ma non necessariamente in linea con gli
orientamenti psicologici, psicoanalitici, pedagogici più nel trend) a contrasto di quelle facili banalizzazioni narrative, a
spiegare e sottolineare che, anche nei più giovani, uno stato di crisi va prioritariamente letto come sana domanda/ricerca
sul senso del vivere, anziché interpretato (quello stesso “essere in
crisi”) alla stregua di uno stato da ‘diagnosticare’ e da ‘medicalizzare’?
Questo ha molto a che fare con (anche con) la superficialità con la quale si
guarda – o, meglio, con la quale *non* si guarda, né si guarda adeguatamente –
al fenomeno dell’autolesionismo giovanile, che a volte si estende a conseguenze
estreme, indotto dal mondo cyber.
Continuando
in questo giro un po’ largo sul tema della inadeguata risposta (se non quando mancante e mancata,
quella risposta) da parte della società
più web-based alla domanda del senso
del vivere che nella persona umana può generare uno stato di crisi, una
crisi profonda come quella che in modo diffuso sta oggigiorno interessando i
giovanissimi e gli adolescenti in costante contatto col mondo del web e del
cyber, e – ancora – avanzando passo dopo
passo verso la proposta, anche in chiave filosofica, de ‘La lezione di Qohelet’ di cui alla già
richiamata iniziativa “Labirinti della mente” promossa alcuni anni or sono
dalla Biblioteca Diocesana di Massa (>>), si aggiunge qui che la sbrigativa
rubricazione a ‘depressione’ (pertanto con assunzione di stato
‘medicalizzabile’) di quella condizione di diffusa crisi da “domanda di senso” ha molto a che fare anche con un approccio
interpretativo menomativo. Ossia un approccio che tende a menomare la
rappresentabilità della reale portata del fenomeno dei danni da
cyberbullismo (dunque: diagnosi parziale di quel fenomeno socio-patologico;
diagnosi parziale, non centrata, quindi inesatta) e che tenta di appiattire la
spiegazione del fenomeno medesimo al campo delle mere evidenze (sintomi), finendo così col misconoscere e nascondere gli aspetti più centrali e più profondi dai quali quelle
evidenze (sintomi) scaturiscono.
Torna,
in tale continuità di approccio interpretativo di carattere menomativo, il
problema della rimozione, della rimozione sociale. Ed è da alcuni decenni che è in opera quel genere di rimozione, che
attraversa dunque più di una generazione e che sta molto “a monte” della piega “diabolica” – qui ancora con la
terminologia del Prof. S.Bolognini e della sua opera «Il
Cyberbullismo come volto demoniaco del potere digitale e le (possibili)
politiche del diritto antidoto» – delle
dinamiche della web/cyber sfera: in gioco c’è un pezzo di storia intergenerazionale “impolverata” dai
calcinacci della destrutturazione valoriale, un’area di geografia umana che ha
allentato e in molti casi anche perso le coordinate del proprio percorso nel
mondo, del proprio percorso nel divenire
della storia. Un’umanità che prova fastidio di fronte all’invito a parlare
di anima, di spiritualità, oppure che, quando invece non se ne infastidisce,
reagisce a quel tipo di sollecitazioni col graffio gelato del nichilismo. E quando
il nichilismo si fa programmatico, allora tutto è lecito: così diventano uguali
tra loro il bene e il male, l’infliggere sofferenza o l’evitare la sofferenza,
procurare dolore o cercare di provare empatia, e così via. Un’insofferenza per i ‘distinguo’ valoriali che si tramuta e
trasmuta in indifferenza generalizzata.
Figli e genitori dunque, figli e
genitori e talvolta anche nonni, incantati dalle sirene dell’effimero, legati
alle corde dell’edonismo fine a se stesso, dell’effimero fine a se stesso. Si è
perso il senso del sacro nel (anche nel) quotidiano, e sul mare dell’esistenza
si è allargata la macchia dell’insofferenza verso i richiami (verso gli stessi
concetti) di solennità, di celebrazione interiore del proprio percorso di vita
nel mondo.
Anche su questo genere di
constatazioni (non di oggi ma maturate nel corso degli ultimi anni, traslate
qui sopra anche con, si ammette, un certo ondeggiamento tra espressioni
figurate tendenti al metaforico e all’allegorico) abbiamo il conforto di un
filone di letteratura socio-scientifica che aiuta a comprendere bene e meglio,
una letteratura che fornisce indicazioni precise e circostanziate.
«Giovani, prioritariamente, ma anche adulti vulnerabili
per la convergenza di variabili sociali, individuali e/o congiunturali
manifestano lo stesso tendenziale social
disengagement, la stessa disgregazione identitaria in cui diventa dominante
l’autorappresentazione convalidata dalla rete e la stessa autoreferenzialità
osservate in rapporto agli adolescenti.»
(Silvio Bolognini,
op.cit., pp.170-171)
«Nello scenario delineato, in cui lo stesso atteggiamento
del “moral disengagement” diventa elemento di contesto, la violenza in rete
trova un ambito specifico di collocazione: “Il confine tra uso improprio e uso
intenzionalmente malevolo della tecnologia è sottile: si assiste, per quanto
riguarda il bullismo in Rete, a una sorta di tensione tra incompetenza e
premeditazione e, in questa zona di confine, si sviluppano quei fenomeni che
sempre più frequentemente affliggono i giovani e che spesso emergono nel
contesto scolastico (..) il cyberbullismo può coinvolgere chiunque poiché i
fenomeni di disinibizione online sono più frequenti e diffusi. (11)
È auspicabile che l’azione mirata, preventiva e di
contrasto, sul tema del cyberbullismo possa favorire un percorso di riflessione
che risalga a monte, giungendo ad approcciare le questioni di fondo,
necessariamente complesse (..). Allo stato attuale, tuttavia, l’opzione resta
sottotraccia nei richiami alla funzione educativa istituzionale della scuola
rispetto alla formazione dell’individuo e del cittadino e con essa resta sottotraccia,
come si è cercato di argomentare in questa nostra analisi, la possibilità di
prevenire e contrastare strutturalmente l’evoluzione in “fenomeno sociale” di
dinamiche web-based o web-enabled di cui già oggi sono
individuabili gli indicatori e che potrebbero verosimilmente trovare proprio
nei meccanismi del cyberbullying un
pericoloso catalizzatore.»
(11) Idem, p. 7. [Nota bibliografica riferita a: MIUR – Linee di orientamento per azioni di
prevenzione e di contrasto al bullismo e al cyberbullismo, testo elaborato
con il contributo degli Enti afferenti all’Advisory
Board del SIC per l’Italia, aprile 2015 – nda.]
(Silvio Bolognini,
op.cit., pp.178)
Ed eccoci dunque, in questo prosieguo
argomentativo che viene fatto sempre nell’economia del discorso
sull’interpretazione del malessere delle
“cyber-vittime”, eccoci alla proposta di una diversa lettura del “male
oscuro” (>>) e specificatamente alla proposta de «Il superamento della depressione. La
lezione di Qohelet», di cui all’iniziativa
‘Labirinti della mente - Incontri dedicati alle scienze della psiche’
promossa dalla Biblioteca Diocesana di Massa nel 2012 (evento rivolto al vasto
pubblico e facente parte della rassegna ‘Ottobre Piovono Libri 2012’). Qui dall’Abstract del Relatore Fabio Gallazzi, filosofo, psicologo e
psicoanalista:
«La
psicopatologia contemporanea rubrica come sintomo depressivo la crisi profonda
che la domanda di senso del vivere può generare e, di fatto, ha sempre generato
nella storia. Forse la domanda di senso esige una risposta filosoficamente
soddisfacente più che una diagnosi. Il Qohelet documenta questa crisi e offre
una via d'uscita profonda e praticabile anche nel mondo di oggi.»
(rif.: ‘Labirinti della mente’, cit., Biblioteca
Diocesana di Massa, Ottobre 2012; cfr. pubblicazione sul web >>>)
La
proposta di cui sopra e «la domanda di senso del vivere», anche nella prospettiva offerta da Qohelet (‘Ecclesiaste’), ha
avuto ed ha nella citata iniziativa della Biblioteca Diocesana di Massa una formulazione filosofica nonché
psicologico-antropologica, nell’ottica, così testualmente, di «Una psicologia riconciliata con l’Uomo»
e di un modello di psicologia – psicologia cognitivo-comportamentale a impianto
causale di profondità – tendente a «ricomporre la frattura fra la scienza
psicologica e il patrimonio della cultura classica, con particolare attenzione
al modello antropologico soggiacente.»
Così
dalla Relazione del Prof. Paolo
Scapellato, Moderatore Mons. Eugenio
Binini:
«Una psicologia
riconciliata con l’Uomo: la proposta del modello causale Psicologia cognitivo-comportamentale
a impianto causale di profondità.
Abstract:
La psicologia cognitivo causale è un modello teorico, di ricerca e di pratica
clinica proposto dal prof. Antonino Tamburello, direttore dell'Istituto di
formazione Skinner di Roma e responsabile del corso di Laurea in psicologia
presso l'Università Europea di Roma. Una caratteristica del modello è il
tentativo di ricomporre la frattura fra la scienza psicologica e il patrimonio
della cultura classica, con particolare attenzione al modello antropologico
soggiacente. Il presente intervento, esposto dal prof. Paolo Scapellato,
docente all'Università Europea di Roma, si propone di presentare i principali
nodi teorici e applicativi della psicologia cognitivo causale. (..)»
(rif.: ‘Labirinti della
mente’, cit., Biblioteca Diocesana di Massa, Ottobre 2012; cfr. pubblicazione
sul web >>>)
«Il Pastoral
Counseling, una diaconia ecclesiale. Il modello psicodinamico-esistenziale in
prospettiva relazionale dell'istituto Studi e Ricerche di Pastoral Counseling
di Camaiore.
Abstract: Nella relazione viene presentata l'identità
specifica del Pastoral Counseling come vera e propria diaconia ecclesiale,
evidenziandone la distinzione tra psicoterapia, intervento psicologico e
direzione spirituale. Inoltre si presenta a modo di sommario la
"filosofia" soggiacente al modello di pastoral counseling che si
studia e si pratica all'Istituto di Studi e Ricerche di Pastoral Counseling di
Camaiore: nell'orizzonte della antropologia cristiana ci si avvale del
contributo della psicodinamica - esistenziale valorizzandone al massimo la
valenza relazionale
Mons. Borghetti ha conseguito la laurea in Filosofia,
presso l'Università di Pisa, il Baccalaureato in Psicologia presso l'UPS ed ha
completato gli studi di teologia presso il Seminario Vescovile di Massa. Nel
2002 ha fondato l'Istituto Studi e Ricerche di Pastoral Counseling. Collabora
inoltre come docente di "psicologia della personalità" con la scuola
"Edith Stein" di Savona che ha come scopo istituzionale la formazione
di educatori di comunità ecclesiali. Il 25 giugno 2010 papa Benedetto XVI lo ha
nominato vescovo di Pitigliano-Sovana-Orbetello»
(rif.: ‘Labirinti della
mente’, cit., Biblioteca Diocesana di Massa, Ottobre 2012; cfr. pubblicazione
sul web >>>)
Tirando
le linee del presente tassello di annotazioni contrassegnato 08-2), e cercando di sintetizzare il quadro argomentativo qui proposto, si
ritiene di poter affermare che (A) una
prospettiva educativa morale-etica, anche interpretata in chiave laica
(rif. Prof. Bolognini, op.cit. e in particolare parte 3.1)
e (B) una prospettiva filosofica, e filosofico-antropologica, come quella
in Qohelet – «c’è un tempo per (..) e un
tempo per (..)» – e nella richiamata formulazione di «Una psicologia
riconciliata con l’Uomo» (rif. relazioni Biblioteca Diocesana di Massa, 2012,
cit. ‘Labirinti della mente'), possono espletare gli effetti di tutto il loro
prezioso contributo anche per la
preservazione dell’integrità umana nell’universo del web e delle
cyber-dinamiche.
Inoltre,
a corollario conclusivo sempre di questa parte di annotazioni, si propone la
considerazione che per il superamento dei vuoti/baratri di ‘identità morale’ dei giovani e degli
adolescenti – vuoti/baratri che confluiscono ingigantiti negli abissi delle
navigazioni cybernetiche e peri-cybernetiche – e per, se non il debellamento,
il ridimensionamento del grave fenomeno
del disimpegno morale giovanile ma non soltanto giovanile [quel
«moral disengagement diffuso nelle comunità in rete (che) si conferma a livello internazionale fattore di rischio e
catalizzatore delle dinamiche del bullismo evoluto nella sua variante cyber
(..)», come sottolinea S.Bolognini nella sua opera (cfr. p.189,
op.cit.)], sia condizione
necessaria, essenziale, l’ammissione di
responsabilità da parte della società, compresi
vari segmenti del sistema dei media, del collegamento intercorrente tra – da una parte – le manchevolezze
proprie della società stessa sul piano etico-morale e – dall’altra – una
consistente parte degli atteggiamenti distruttivi e autodistruttivi, proprio e
anche sul web, del mondo giovanile-adolescenziale.
L’avveramento
di tale condizione rovescerebbe come un guanto l’attuale patetica, e crudele
nella sua violenza definitoria, narrazione
(narrazione che peraltro poi rimbalza su ciarle e maldicenze delle stesse chat
dei ‘social’) della condizione di smarrimento giovanile, in virtù della
quale narrazione detta condizione sarebbe rubricabile a “depressione” – e non
già invece da interpretarsi come domanda
di senso del vivere, come già visto nella formulazione filosofica
dell’essere che sia in cammino spirituale “interrogante”
(>>) e anche necessariamente “inquieto”.
E la “cura”, allora, si tra(s)muterebbe in accudimento, in accompagnamento
(scolastico, educativo, formativo) e in guida durante il cammino tra le selve
oscure della vita, inclusa quella sorta di selva ove i confini delle identità
fisiche e delle identità virtuali tendono a confondersi.
●
▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬ ●
xx
2019:
Nuove azioni “sul campo” per un uso responsabile del web. ■
Questioni etiche e legali, sollevate da istituzioni parlamentari e da enti governativi
a tutela dei minori. ■
Le iniziative di Unitremilano su IA e la Lezione Magistrale su "Intelligenza Artificiale tra Mito e Realtà". “Quando
la tecnologia demarca il confine tra utopia e distopia”. ■ E inoltre: (prove di)
fluidificazione della resilienza umanistica. |
Vi
sarebbe quindi la possibilità, qualora effettivamente la si volesse mettere in
pratica, di superare le fuorvianti
conseguenze di quella narrazione così banale e banalizzante (quella che,
come già detto, viene fatta soprattutto in tanti salotti televisivi di
info-intrattenimento) che ruota attorno al tanto discorrere della “crisi” dei giovani, in specie dei giovani internauti che restano intrappolati
nella gabbia di tante perverse dinamiche del web. D’altra parte, se gli
adulti e la società tutta adulta non pervengono a una rivisitazione critica
degli imperanti modelli (di ingegneria sociale, qui si aggiunge) del web-based, della smartness e dello smart-vivere,
se la società adulta non comincia seriamente
a interrogarsi sugli aspetti anche etici e morali di quei modelli assunti a
paradigmatici, come poter pensare che i più giovani siano esenti dai rischi
delle conseguenti derive, di tipo etico e morale per l’appunto?
La
speranza è tuttavia che ciò che attualmente, e proprio in questo periodo (prima metà dell’anno 2019) comincia a muoversi in fatto di quel genere
di rivisitazione critica da
parte della “società adulta”, ebbene, la speranza è che quel moto di pensiero
critico faccia il suo percorso: il riferimento, riguardante proprio il periodo
in cui vengono articolate le presenti annotazioni (giugno 2019, nda), è in particolare a un’iniziativa del
Parlamento europeo, peraltro evidenziata in un ‘post’ di @Europarl_IT su
Twitter di domenica 16 giugno 2019, che riporta: «L’intelligenza
artificiale semplifica le nostre vite ma solleva molte questioni etiche e
legali. Gli eurodeputati puntano a un uso responsabile che non violi i diritti
degli individui.».
Meno
male, verrebbe e viene da dire, che ci si sta arrivando a una seria – anche
autorevole, dato il contesto istituzionale, che nello specifico è quello
europarlamentare – riflessione.
Dell’altrettanto autorevole e recente iniziativa (di metà Giugno 2019),
avviata in questo caso da enti
governativi statunitensi, dunque nella stessa patria del gigante (il “big
G”) delle piattaforme web, è stato già accennato; vedasi al precedente punto 08-1-c)
il paragrafo sulla notizia del caso ‘Youtube’
riferito alla protezione dei minori (>>), e che qui si torna a riproporre:
«(..) giova intanto riportare la
notizia – 20 Giugno 2019 – che alcuni
enti governativi statunitensi a tutela dei minori avrebbero avviato delle
azioni di contrasto anche di carattere legale nei confronti della piattaforma
‘Youtube’ in quanto, questa in sostanza la motivazione delle azioni di
contrasto avviate da quegli enti, la stessa piattaforma risulta non aver finora
tutelato adeguatamente i minori e, per di più, il medesimo ‘Youtube’
"avrebbe anche acquisito in maniera impropria i dati degli utenti".»
Tra le iniziative più prestigiose e
più preziose anche e proprio per la “presa di coscienza”, per l’acquisizione di
nuovi saperi e nuove/diverse cognizioni,
da parte del pubblico, circa le molteplici
implicazioni delle applicazioni I.A. - Intelligenza Artificiale - e dell’ambito
‘cyber’, non si potevano, qui, non ricordare le iniziative accademico-universitarie. Tra queste si menzionano le iniziative, proprio in tema di
evoluzione del mondo cyber – tecnologie, modelli, modalità interattive, e
connessi cambiamenti nella vita del cittadino e della società tutta –, ideate e promosse dalla UNITRE MILANO
(www.unitremilano.com), Rettore il Professor Silvio
Bolognini (*) (Prof. Straordinario Università
e-Campus e Direttore CE.DI.S. - Università e-Campus), tra le quali in
particolare, sempre per il più recente periodo dell’anno 2019, la Lezione Magistrale su "Intelligenza Artificiale tra Mito e Realtà"
(3
Maggio 2019, Auditorium Unitre Milano),
con – per le relazioni di presentazione – il Prof. Sergio Luppi (Unitre
Milano - Università Cattolica di Milano) e – per le relazioni sugli approfondimenti
tematici – la Prof.ssa Stefania Bandini
(Università Bicocca di Milano). Tra i temi argomentativi che sono stati
sviluppati nel corso delle Relazioni: “Quando
la tecnologia demarca il confine tra utopia e distopia” // Uomo e macchina,
uomo e IA – Intelligenza Artificiale: l’ambizione
di “sostituirsi a Dio” // Reti neurali delle macchine-IA, funzionamento
sempre più autonomo dall’uomo e sempre più accelerato. Difficoltà nella previsione delle conseguenze di un’Intelligenza
Artificiale sempre più accelerata nel ‘Problem Solving’ e sempre più autonoma
dall’uomo (suo stesso artefice e ‘creatore’). == Più estese annotazioni sui
contenuti della Lezione Magistrale "Intelligenza
Artificiale tra Mito e Realtà" (3 Maggio 2019, Auditorium Unitre Milano) sono contenuto nel Box qui appresso. ▼
Box Abstract da: Lezione
Magistrale su "Intelligenza Artificiale tra Mito e Realtà" UNITRE MILANO Rettore: Prof. Silvio Bolognini (*) 3 Maggio 2019 Relatori: Prof.
Sergio Luppi (Unitre Milano - Università Cattolica di Milano) e Prof.ssa
Stefania Bandini (Università Bicocca di Milano). Temi
argomentativi e concetti-chiave.
■ IA - Intelligenza Artificiale oggi:
“quando la tecnologia demarca il confine tra utopia e distopia” > Tra utopia e distopia, perché siamo
di fronte a ciò che noi prospettiamo. ■ Già dagli albori dell’umanità, l’essere
umano ha sognato di macchine che potesse sgravare il lavoro fisico. Ma
oggigiorno v’è di più (molto di più di quel desiderio di potersi affrancare
dal lavoro fisico di tipo più gravoso, più pesante), giacché l’essere umano
nella sua pressione/spinta impressa alla tecnologia e allo sviluppo sempre
più sofisticato dei modelli tecnologici da egli stesso creati ha come
maturato in sé il desiderio di sostituirsi a Dio. Proprio su questo aspetto del “sostituirsi a Dio” prospera tutto un
filone di ricerca sulla IA, Intelligenza Artificiale, un genere di ricerca di
carattere esistenziale-filosofico. Interessante, in tal senso, anche un
recente Convegno in Vaticano su “Coscienza, Anima e Intelligenza
Artificiale”, con i contributi di studio del Prof. Faggini, uno dei massimi
conoscitori e ricercatori contemporanei sul tema della coscienza analizzato alla luce degli sviluppi della IA. ■ Quanto alle Reti Neurali delle macchine, Reti Neurali che hanno tutto un loro
divenire storico e che in se stesse non costituiscono affatto una novità
(data la loro nascita risalente agli anni dello sviluppo dei modelli teorici
di Marvin Minsky, anni 1966 e dintorni, e del relativo Manifesto sul “Problem
Solving”), il loro – e in questo caso sì – carattere di “novità”
odierno è costituito dal fatto che esse dimostrano picchi di capacità, di
abilità, e soprattutto picchi di
autonomia decisionale, tali da non mettere in grado la società umana
di poter prevedere a quali conseguenze potranno portare le forti
accelerazioni del loro funzionamento. Detto in altri termini: la società attuale è nella condizione
di doversi adattare al funzionamento delle macchine dotate di Intelligenza Artificiale
– quelle macchine che essa stessa ha creato e prodotto, affinché potessero
svolgere in sua vece i lavori più gravosi e meno gratificanti e, dunque,
potessero realizzare il sogno/desiderio umano di avere macchine capaci di
svolgere i compiti del “Problem Solving” (funzionamento che presiede alla
risoluzione di uno o più dati problemi) – ma non sa e non può prevedere a cosa porterà quel suo adattamento
alle macchine, macchine sempre più
accelerate nello sviluppo del loro funzionamento autonomo. ■ Oggi il dibattito sulle Intelligenze Artificiali verte non soltanto sulla
tecnologia, ma verte invece soprattutto sull’Etica. Al centro di quel dibattito vi sono dunque le responsabilità valoriali dei tecnici di
IA. |
|
_____ Per chi volesse sapere di più sulle Relazioni e sui documenti
agli atti della Lezione Magistrale su "Intelligenza Artificiale tra Mito
e Realtà" ideata e promossa dall’UNITRE MILANO (3 Maggio 2019), si
rimanda alle indicazioni di contatto contenute nel sito www.unitremilano.com. |
|
UNITRE MILANO Rettore: Prof.
Silvio Bolognini ■
SILVIO
BOLOGNINI Prof. Straordinario - Università e-Campus,
cattedre "Teoria generale del diritto" e "Principi giuridici
fondamentali, legislazione e programmazione dei servizi". Direttore CE.DI.S.
- Centro Studi e Ricerche sulle politiche del diritto e sviluppo del sistema
produttivo e dei diritti - Università e-Campus). |
Ontologia del linguaggio informatico ===
Logiche di IA non più soltanto all’interno di un ‘dominio’ ===
Autoriproduzione, sviluppo accelerato, picchi di autonomia decisionale ===
Essere umano > adattamento a IA > ma non prevedibilità delle IA. |
Su
un piano diverso e tuttavia abbastanza significativo
(e non già per un fatto autoreferenziale) su questo terreno di voci che si
fronteggiano con le narrazioni più ‘mainstream’, più “nella corrente”, in
materia di smartness, di ‘web-based’ e di ‘Intelligenza Artificiale’ - I.A., è
il meccanismo che anche chi qui scrive ha potuto constatare personalmente: un
meccanismo, detto in buona sostanza, di fluidificazione
delle posizioni, laddove è stato possibile constatare che l’avvio di interventi a favore di una resilienza
umanistica nel web e nello stesso campo della I.A. ha facilitato
l’espressione di altri utenti a favore di quegli interventi medesimi. Il
meccanismo che si è prodotto è stato possibile rilevarlo in una piattaforma dei più seri ‘social’ di tipo professionale, ad alta
audience non soltanto di utenti per l’appunto professionali (quelli iscritti e
partecipanti alla piattaforma stessa), ma anche ad alta audience “affiancata”,
intendendo con ciò quei media c.d. tradizionali (e in particolare le emittenti
radiofoniche) che puntualmente seguono e monitorano i contenuti e gli andamenti
espressivi della stessa piattaforma professionale social, se non altro per
cavalcare l’onda degli stessi contenuti e degli stessi andamenti. Restando sul
punto, giova riportare quanto segue: dopo
un set di interventi, di fine Maggio 2019, del tipo suddetto, ovvero dopo
l’inserimento di una serie di post+articoli pubblicati nello stesso giorno – uno dei quali verte sul citato libro
del Prof. Silvio Bolognini sul tema del “cyberbullismo come volto demoniaco del
potere digitale”, più un
altro su una prolusione del Cardinal Ravasi [su
questo punto vedasi anche parte dedicata nelle annotazioni contrassegnate '07-II)',
comprese all'interno del testo di cui al Punto 07) >>] sempre in materia di infosfera, di
cyber-relazioni e di social network, e, a seguire, un altro intervento ancora (anche con commento della scrivente) e in questo caso su un contributo di
autorevoli realtà del mondo produttivo a convegno su web & I.A., e
nello specifico sui problemi posti alla persona umana dalla massiccia e
pervasiva presenza dell’Intelligenza Artificiale, si è determinato quello che qui sopra è stato definito “fluidificazione
delle posizioni” in direzione dell’affermazione del “valore umano” in rapporto
a web e I.A., ovvero in direzione di
una preservazione dell’integrità umana; e ciò si è determinato non soltanto nella piattaforma
professionale ‘social’ in questione ma, già qualche ora dopo (l’indomani
mattina, già nell’iniziale serie di approfondimenti info-tematici dei vari
programmi), anche nei media generalisti
di tipo tradizionale (in particolare, per quel che direttamente è stato
possibile rilevare, nelle trasmissioni radiofoniche pubbliche). Per chi volesse
curiosare all’interno di quel set di interventi social-professionali del 28
Maggio 2019, si indicano qui i seguenti links:
https://www.linkedin.com/pulse/su-il-cyberbullismo-come-volto-demoniaco-del-potere-e-marina-palmieri/ < === (rif.: S.Bolognini)
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https://www.linkedin.com/feed/update/urn:li:activity:6539230291016339456/
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■ Tendenze suicidarie
giovanili: dati raddoppiati nel corso di un anno. Il monitoraggio
dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza. ▬ ■ L'intenzionalità meditata,
le web-sette create da adulti e il fenomeno delle ‘chat suicide’ (‘Blue
whale’ e non solo). |
Grave e decisamente
pesante è l’aumento esponenziale rilevato in questi ultimi anni – e con punte di raddoppio da un anno all’anno
successivo – dei casi di giovani adolescenti che a causa di cyber-interazioni
dannose hanno tentato il suicidio.
Così l’Autore, Prof.
Silvio Bolognini, della citata pubblicazione «Il Cyberbullismo come volto demoniaco del potere
digitale e le (possibili) politiche del diritto antidoto»:
«Stando ai dati dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza e
di Skuola.net 2016, la versione cyber, analogamente a quanto rilevato
dalla ricerca di Jama Pediatrics,
sarebbe ancora più pericolosa, in un contesto che vede crescere in modo
preoccupante i suicidi fra i giovanissimi: “Ogni anno l’Osservatorio Nazionale
Adolescenza monitora questi fenomeni e questi comportamenti degli adolescenti.
Secondo i dati del 2015 gli adolescenti che pensavano al suicidio erano circa
il 20%, 2 su 10, e solo il 3,3% aveva tentato il suicidio, rispetto al 6% del
2016. PARLIAMO DI DATI CHE SONO RADDOPPIATI NEL CORSO DI UN ANNO. Uno dei
fattori che spinge i ragazzi a tentare il suicidio è il bullismo e ancor più il
cyberbullismo. Tra le vittime del cyberbullismo, infatti, circa la metà pensa
di togliersi la vita”, scrive su L’Espresso
la Presidente dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza e direttore del magazine AdoleScienza (6).»
(6) Manca, M., Il
suicidio in adolescenza: un fenomeno in forte aumento soprattutto tra le
ragazze, in L’Espresso, 10
settembre 2016.
(Silvio Bolognini,
op.cit., p.15)
«(..) In effetti benché la rete non risparmi nulla a
queste vittime, infierendo anzi anche laddove, come nel caso di Amanda Todd, la
disperata intenzione suicida venga manifestata, non c’è evidenza, a quanto ci
consta, di messaggi di odio o di rivendicazione lasciati dai suicidi e questo
induce ancor di più a ritenere lungamente meditata la modalità espressiva
specifica dell’atto finale, meditato il significato, meditata la valenza
estetica, meditata la responsabilizzazione implicita nella comunicazione
consegnata “per sempre” alla rete.
Il suicidio rituale – concetto in cui includiamo anche
l’atto di lasciare al web una memoria
o un messaggio più o meno chiaramente anticipatore del suicidio stesso – sembra
ribadire nella sua forma codificata l’asimmetria del rapporto per cui tutta la
violenza verbale resta confinata dalla parte dei persecutori.»
(Silvio Bolognini,
op.cit., p.35)
«La realtà – digitale – supera tuttavia, in negativo
purtroppo, qualsiasi immaginazione: l’istigazione al suicidio diventa essa
stessa tendenza. Agghiacciante in proposito è quanto emerso da una inchiesta
avviata in Russia, di cui dà notizia un articolo pubblicato su Repubblica nel febbraio del 2017: “A
scoperchiare il fenomeno – leggiamo nell’articolo dedicato alla vicenda – fu lo
scorso maggio un’inchiesta pubblicata su ‘Novaja Gazeta’. Dal novembre 2015
all’aprile 2016, scrisse la giornalista Galina Mursalieva, su 130 ragazzi
suicidatisi nella Federazione, almeno 80 facevano parte di queste comunità
virtuali. Allora l’articolo fece molto scalpore: Mursalieva puntava il dito
contro sette create da adulti, ma altri giornalisti replicarono che si trattava
solo di burle o giochi da adolescenti. si aprì persino un dibattito sull’etica
del giornale fondato da Anna Politkovskaja, la giornalista uccisa nel 2006, per
aver gettato nel panico migliaia di genitori. Tuttavia, l’agenzia censore di
stato, Roskomnadzor, bloccò decine di siti inneggianti al suicidio e le
segnalazioni di contenuti sospetti triplicarono. (..)»
(Silvio Bolognini,
op.cit., p.36-37)
E proseguendo nell’esposizione del fenomeno delle ‘chat suicide’ delle
cosiddette “balene blu”:
«L’ondata delle balene blu, come prevedibile nel
villaggio globale e iperconnesso, non ha tardato a raggiungere il Sud America e
l’Europa. La popolare trasmissione Le
Iene ha dedicato un servizio approfondito al fenomeno, intervistando un
giornalista che si è recato in Russia ad incontrare i familiari delle giovani
vittime al quale, come leggiamo in un articolo pubblicato posteriormente alla
puntata andata in onda il 14 maggio, uno psicologo ha spiegato che “chi arriva
all’ultimo giorno viene celebrato dagli altri membri della comunità come un
eroe. ‘(..) è un modo per fare il lavaggio del cervello dei giovani – spiega
l’esperto – Chi partecipa al ‘gioco’ non deve dire nulla ai genitori né
lasciare tracce in giro. I curatori hanno trovato il modo per condizionare le
loro menti e la morte è l’unica soluzione per porre fine al Blue whale. I tutor
per portare al suicidio inviano video satanici, suicidi, morti violente ai
partecipanti in modo da condizionare le loro menti. I ragazzi che entrano a far
parte di questa comunità perversa hanno tra i 9 e i 17 anni’ (…) (..)»
(Silvio Bolognini,
op.cit., p.38)
*** Nota aggiunta: per quanto
riguarda il punto preciso delle web-sette
nonché “chat-suicide” e vere e proprie “community della morte” create e gestite dagli adulti, si richiama il lettore
di queste annotazioni ad un’attenta lettura delle più avanti riportate Caratteristiche della Tipologia dello
«“Stalking sadico”» specificate in S.I.L.VI.A., Progetto realizzato dalla Direzione Centrale Anticrimine, Servizio
Centrale Operativo della Polizia di Stato, in Collaborazione con il
Dipartimento di Psicologia, Centro Studi Cesvis, Seconda Università degli Studi
di Napoli, https://www.poliziadistato.it/statics/09/silvia_def.pdf, nelle quali viene ben
evidenziato l’elemento ricorrente dell’età
adulta: «gli “stalkers” sadici hanno già avuto in
precedenza tendenze comportamentali simili, soprattutto se di età superiore ai 40 anni;» (>>).
Altresì si invita il lettore
di queste annotazioni a soffermarsi sul quadro
generale delle Caratteristiche età-correlate degli stessi stalkers sadici (>>), tra le quali (riportate in
modo schematico qui appresso, per comodità di lettura) in particolare: approccio inizialmente benevolo e poi
sempre più persecutorio // infiltrazione
sistematica nella vita della ‘preda’, per crearle sconcerto e nervosismo //
accentuata freddezza emotiva // pregressi comportamenti sadici e continuità nel comportamento sadico,
negli stalkers sadici di età superiore
ai 40 anni // alta pericolosità
in particolar modo per la violenza
psicologica.
::
(È un po’, questo, anche se
naturalmente con accentuazioni diverse e con valenze diverse, anche
l’interrogativo che viene da porsi dinnanzi a serie televisive del tipo
‘docu-film’ come quella del celebre o famigerato – a seconda dei punti di vista
– «Gomorra».). L’aberrazione va davvero
sempre e comunque rappresentata per via massmediatica? I ‘cattivi esempi’
devono davvero essere sempre utilizzati come “risorse” dalle sapienti regie
rappresentative dei – propriamente – mass-media,
tenuto conto che la fruizione degli stessi mass-media
non è affatto ‘di nicchia’ e niente affatto a fruizione ‘opzionabile’
dietro richieste che diversamente fossero per l’appunto di nicchia (come in
fondo è parzialmente la fruizione dello stesso web, e come anche è la fruizione
del cinema qualora esso venga fruito/consumato nelle sale cinematografiche), ma
è invece – caratteristica specifica dei mezzi di comunicazione di massa – fruizione di massa, dato che l’offerta, la “mandata in onda”, dei
prodotti massmediatici è rivolta alla massa
dei destinatari.
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▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬ ●
Cyberbullismo
ed esiti suicidari. Rispettare il vissuto dei vivi e il già vissuto dei morti. Rispettare il pudore, anche nelle
narrazioni. |
È questa la linea privilegiata
dell'esposizione che dovrebbe trovare spazio nel mondo della comunicazione e
informazione, specie nelle pagine della cosiddetta 'cronaca nera', come pure
(auspicabilmente e sempre a parere di chi scrive) nella letteratura saggistica
su quel genere di dinamiche umane che abbiano come centrale l'elemento dell'esercizio gratuito – ancor più quello doloso, per di più se con
le aggiunte aggravanti della crudeltà – della violenza.
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■
Su Normazione e Configurabilità del reato || Cyberbullying e violazione di
norme penali. || Cyberbullying e illecito civile. ■
Cyberbullismo, Cyberharrassment e dintorni: quando nel sadismo sul web
confluiscono le caratteristiche dello “Stalking sadico”. ■
Focus sul "criterio di selezione" da parte del persecutore
(riferimento: strumento S.I.L.VI.A., 'Stalking Inventory List per Vittime e
Autori'). |
||
──────── ||
12-1-1)
Un
punto saldo, anche e proprio nell’alveo della rappresentazione, e della
relativa rappresentatività e configurabilità (anche nell’ottica di una
tipicizzazione più specifica, in un prossimo futuro, e più estesa, più
‘integrativa’) di natura giuridica del fenomeno della violenza su web e/o
violenza web-indotta è tuttavia offerto dalla letteratura giurisprudenziale
(vedasi per esempio, sul piano della letteratura giurisprudenziale penale, anche
il filone della cd. "vittimologia") sul fronte della configurabilità dei reati che attengono
al danneggiamento di un vasto complesso
di diritti inviolabili della persona. Vedasi inoltre, e significativamente anche per la
progressiva, nel corso di pochi anni, estensione dell'applicabilità al
"mondo del web", la cd.
"Legge anti-Stalking”, entrata in vigore con decreto di legge
governativo del 25 febbraio 2009, che ha previsto e introdotto nell'ordinamento
normativo la specifica fattispecie di reato per “atti persecutori” ex. art. 612
bis del codice penale.
Circa gli aspetti (attuali e in
divenire) della normazione e della configurabilità del reato da riferirsi anche all’ambito web, leggiamo nel
libro del Professor
Bolognini «IL CYBERBULLISMO COME VOLTO DEMONIACO DEL POTERE DIGITALE E LE (POSSIBILI)
POLITICHE DEL DIRITTO ANTIDOTO» (Giuffrè
Editore, 2017; Pubblicazioni CE.DI.S. – Università e-Campus):
«(..) Come anticipato, nei confronti del cyberbullismo
esistono politiche del diritto orientate a futura normazione, largamente
caratterizzate – al di là delle differenti configurazioni secondo le
prospettive individuali dei promotori – dal considerare il cyberbullismo nel
suo insieme, coerentemente con quanto sopra, come espressione patologica
connessa al potere digitale.
Gli approcci conoscitivi tradizionali a questo fenomeno
mettono in luce, da un lato, l'utilizzo del web
come strumento garante dell'efficacia rafforzata delle sue conseguenze e,
dall'altro, la configurabilità del cyberbullying
come – superata una determinata soglia di pericolosità – coinvolgente la
violazione di specifiche (non necessariamente univoche o standardizzate) norme
penali. Tra esse citiamo quelle riguardanti il reato di minacce (art. 612 c.p.)
ingiurie o diffamazione (artt. 594 e 595 c.p.), molestie o disturbo (art. 660
c.p.), interferenze nella vita privata (art. 615 c.p.) e stalking (art. 612-bis c.p.). Il cyberbullismo comporta, altresì,
la violazione della norma di diritto privato (illecito civile). Il riferimento
giuridico per l'illecito civile è l'art. 2043 c.c., secondo il quale "qualunque
fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto obbliga colui che
ha commesso il fatto a risarcire il danno".
La possibile riconoscibilità del danno (che può
riguardare non solo il bullo ma anche – se minore – i genitori ed eventualmente
il contesto scolastico per colpa – rispettivamente – in vigilando e in educando)
attiene al danno morale (patire sofferenze fisiche o morali, turbamento dello
stato d'animo della vittima, lacrime, dolori, patemi d'animo); al danno
biologico (danno riguardante la salute e l'integrità fisica e psichica della
persona tutelati dalla Costituzione Italiana all'art. 32); al danno
esistenziale (danno alla persona, alla sua esistenza, alla qualità della vita,
alla vita di relazione, alla riservatezza, alla reputazione, all'immagine,
all'autodeterminazione sessuale; la tutela del pieno sviluppo della persona
nelle formazioni sociali è riconosciuta dall'art. 2 della Costituzione
Italiana).
La letteratura sul tema è copiosa, sovente basata su case study, connotata in senso
psicologico, sociologico, ovvero orientata a fare luce su aspetti specifici
concernenti il diritto e le politiche di intervento (preventivo e repressivo)
(12).»
(Silvio Bolognini,
op.cit., pp.7-8)
[Il rimando
contrassegnato '(12)' di cui sopra si riferisce alla nota bibliografica
compresa tra le pp.8-10 dell'op.cit.: «(12) Le letture
proposte di seguito rendono l'idea della portata del fenomeno: (..) (..) (..)»
(cfr. p.8 op.cit.)
12-1-3--A]
Interessante, inoltre, il raffronto con il corpo normativo di riferimento che è
stato vigente, in materia di contrasto alle condotte vessatorie, “a ridosso” dell'entrata
in vigore della stessa "Legge anti-Stalking" del 25.2.2009. A tale
riguardo si ritiene utile menzionare, per uno sguardo retrospettico sulla evoluzione
dell'impianto normativo in materia di atti di vessazione e atti persecutori
(evoluzione anche in ‘chiave-web’), lo 'Stalking
Inventory List per Vittime e Autori', in acronimo S.I.L.VI.A., già del 2008 (https://www.poliziadistato.it/statics/09/silvia_def.pdf).
12-1-3--B] Ancora con riferimento al Progetto
S.I.L.VI.A.,
Progetto realizzato dalla Direzione
Centrale Anticrimine, Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, in
Collaborazione con il Dipartimento di Psicologia, Centro Studi Cesvis, Seconda
Università degli Studi di Napoli, si ritiene possa essere utile
indicare nell'economia del tema in oggetto – tema che, si torna a ricordare, è specificatamente
il fenomeno delle violenze web-mediate,
cyberbullismo ma anche cyberharrassment, di cui alla citata
pubblicazione del Prof. Silvio Bolognini –, che nello stesso strumento S.I.L.VI.A., Stalking
Inventory List per Vittime e Autori [>>], edizione
2008 trovarono già inclusione precise tipologie di reati cyber-mediati.
Si riporta, a tale riguardo, la parte «Tipologia 5. “Stalking sadico”» [cfr.
pp.7-8, S.I.L.VI.A., cit.] (compresa nella 'Parte prima. Cos’è lo Stalking e chi sono i protagonisti'), tra le
'Caratteristiche' della quale
Tipologia, quella dello “Stalking sadico”, viene riportato:
«alcuni comportamenti hanno una matrice sessuale ed hanno
principalmente lo scopo di umiliare la vittima, disgustarla e, in generale,
minarne l’autostima. Si ricorda il caso di un ex-partner che, per “vendicarsi”
di una ragazza che lo aveva lasciato, a parer suo ingiustamente, ha immesso
foto che la ritraevano nuda nella rete Internet, affiggendole anche alle pareti
della Facoltà dove la donna studiava.»
12-1-3--C]
Ugualmente ben rappresentativa, così come descritta e illustrata sempre nel Progetto
S.I.L.VI.A. [ >> + >> ] e in
termini che si potrebbero definire prodromici della persecuzione anche
Internet-mediata, è l'altra 'Caratteristica', quella sul "criterio di selezione",
indicata in un passaggio precedente della stessa Tipologia dello “Stalking sadico” e che
recita:
«il criterio di
selezione da parte del persecutore è basato principalmente sulle
caratteristiche proprie della vittima stessa, che può essere considerata una
persona da rovinare poiché percepita come felice e/o realizzata; in questo
contesto, nella percezione della vittima per lo più non esiste alcuna
spiegazione plausibile sul perché sia stata presa di mira;»
12-1-3--D]
E ancora, nei passaggi successivi dello stesso Progetto S.I.L.VI.A. [ >> + >> ] sempre
riferiti alle caratteristiche dello
“Stalking sadico”, in un’esposizione che rende un “quadro delle caratteristiche” (anche di età) degli ‘stalkers sadici’:
- «il livello
iniziale di conoscenza fra vittima e “stalker” è basso;»
- «il tipo di
approccio è inizialmente benevolo, per poi diventare sempre più persecutorio.
Lo “stalker” si infiltra sistematicamente nella vita della preda, per crearle
sconcerto e nervosismo;»
- «l’autore si
caratterizza per possedere una accentuata freddezza emotiva e spesso un
disturbo antisociale della condotta;»
- «lo “stalker”
sadico può essere molto pericoloso, in particolar modo per la violenza
psicologica;)».
||
──────── ||
► (Se) Ciò che rileva è la messa a repentaglio della libertà e della
tranquillità psichica del ricevente.
«Il
fatto in sé» che una persona venga fatta vittima di persecuzioni.
Ancora
in merito alle persecuzioni Internet-mediate, un'ulteriore parte del citato
strumento S.I.L.VI.A., 'Stalking Inventory List per Vittime e Autori' [ >> + >> ], testimonia della crescente
attenzione giurisprudenziale e della tempestività di individuazione e di
monitoraggio da parte degli operatori dello strumento S.I.L.VI.A. stesso,
laddove precisamente si legge (cfr. pp.12-13 in https://www.poliziadistato.it/statics/09/silvia_def.pdf) all'interno della 'Parte seconda. Riferimenti normativi per
il contrasto alle condotte vessatorie (fuori o dentro il contesto familiare)':
«La
giurisprudenza rivolge, da tempo, molta attenzione al fenomeno delle “molestie
assillanti” e, in svariate pronunce, ha punito quei comportamenti molesti messi
in atto attraverso comunicazioni di tal fatta con il telefono, per lettera o
con la diffusione di materiale fotografico o video inerente la vittima, senza
il suo consenso.
Un esempio significativo è dato dalla sentenza nr. 26680/2004 della Terza
Sezione della Suprema Corte che ha respinto il ricorso della difesa
contro la decisione della Corte di Appello di Torino (sent. del 22/3/2002 di
conferma alla sentenza di primo grado) che aveva condannato un soggetto
ritenuto colpevole di molestie (art. 660 c.p.), perché col mezzo del telefono e
mediante lettera, aveva recato personalmente disturbo alla sua ex-partner e
perché, allo scopo di recarle danno ed effettivamente procurandole un
nocumento, aveva diffuso su un
sito Internet, senza il suo consenso, immagini tratte da una
videocassetta contenente un suo spogliarello, pubblicando, altresì, il numero
dell’utenza cellulare della stessa. Le motivazioni rese dalla Suprema Corte adducono che “l’art. 660 c.p.
ha voluto incriminare non tanto il messaggio molesto che il destinatario è
costretto ad ascoltare (per telefono), quanto ogni messaggio che il
destinatario è costretto a percepire, sia de auditu che de visu, prima di
poterne individuare il mittente, perché entrambi i tipi di messaggi mettono a
repentaglio la libertà e tranquillità psichica del ricevente. Si comprende così come
l’interpretazione letterale dell’art. 660 c.p., che porta a comprendere, tra i
mezzi della molestia punibile, anche gli SMS trasmessi per via telefonica, sia
conforme alla ratio della norma e venga, quindi, a coincidere con la sua
interdipendenza teleologica”.».
12-2-2--A]
Ora, con riferimento alle considerazioni già in precedenza esposte nel corrente testo di annotazioni,
ossia le considerazioni sul si/no circa l’opportunità di porre in
risalto il fattore umorale e/o il fattore 'depressivo' (in quest’ultimo
caso qualora una condizione propriamente depressiva sia realmente presente
nella vittima – o sia stata realmente
presente nella vittima suicida –
della cyber-violenza), si ritiene qui opportuno osservare come in uno strumento
nonché programma, di individuazione e monitoraggio, così importante quale il
richiamato S.I.L.VI.A. 'Stalking Inventory List per Vittime e Autori' [ >> + >> ] non
sia fatto cenno allo stato umorale della figura "presa di mira",
cioè allo stato umorale del soggetto (solitamente di genere femminile) per come
esso possa eventualmente trovarsi o
essersi trovato 'prima' che a suo danno siano state messe in atto le
persecuzioni. Ciò che in tale
strumento/progetto concerne è il fatto in sé che una persona
venga fatta vittima di persecuzioni.
12-2-2--B]
L'unico fondamentale elemento dello stato emotivo della vittima però monitorato in relazione alle
persecuzioni (dunque 'durante' e 'dopo' le persecuzioni stesse), elemento
importante anche per la successiva
valutazione in ambito giudiziario-processuale del caso dell’occorrenza di
stalking che venga presa in esame, è quello della paura ingenerata, per l'appunto, nella vittima dai comportamenti messi in atto dallo stalker, ossia
della paura ingenerata dal ventaglio di atti vessatori e di atti persecutori
realizzati dall'autore dello stalking.
12-2-2--C]
Giova allora anche ricordare, con un rimando ai tempi più recenti, l'ulteriore svolta evolutiva del diritto sempre in materia di inviolabilità
della integrità psicofisica del soggetto 'persona' e, nel contempo, in
materia delle previsioni normative a tutela di tale integrità, proprio laddove
il fattore 'paura' si fa direttamente momento giuridicamente interessante: si
veda, a tale proposito, «Trauma
psicologico: è risarcibile?» – 4 Febbraio 2019 – in 'La Legge per Tutti'
all'indirizzo https://www.laleggepertutti.it/273457_trauma-psicologico-e-risarcibile:
«Il risarcimento del danno biologico non include anche il
danno morale: le due categorie sono separate. La paura è risarcibile.» - «(..)
Oggi la Cassazione supera il tradizionale orientamento e dice: il danno
biologico è una cosa, il danno morale è un’altra. (..) Il danno morale quindi
non si deve più ritenere assorbito nel danno biologico. Le due voci di danno
non sono sovrapponibili. Il danno morale, infatti, si identifica con il dolore
psichico – e non in quello fisico che fa parte del danno biologico – patito in
via non definitiva in relazione alla lesione subita: si tratta di un patema
d’animo o, per dirla con altre parole, di uno stato di angoscia transitorio o
di un trauma psicologico.»
(cfr.
cit. laleggepertutti.it, con note di riferimento su: Cass. sent. n. 2788/2019; Cass. sent. n. 24217/2017;
Cass. S.U.sent. n. 26972/26973/26974/26975 dell11.11.2008).
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▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬ ●
Il
gioco al massacro, tra i giovani cybernauti, delle interpretazioni sulle
intenzioni autolesionistiche. E
nelle ricostruzioni dei casi di web-vessazione risoltisi in suicidio: il
dilemma del “riconducibile” o del “non riconducibile”. |
«'Sei una ritardata, grassa e culona, fai finta di
fumare, ma non aspiri, fai finta di bere, ma non bevi, fai finta di essere
depressa per attirare l'attenzione, sei patetica' (43)».
E a seguire sempre a pag. 36 dell'opera citata del Prof.
S.Bolognini, a proposito di quelle che nell’ambito delle indagini
giudiziarie vengono tecnicamente definite fasi di “ricostruzione del caso”:
«Il caso è talmente eclatante che la Procura di Padova
decide di aprire un'inchiesta "per atti relativi" sulla morte della
ragazzina, senza indagati e precisi capi d'accusa che tuttavia, come
esplicitano gli articoli di cronaca, in ipotesi potrebbero andare, viste le
incitazioni ad uccidersi rivolte alla ragazza sul social, dai maltrattamenti
all'istigazione al suicidio (l'inchiesta verrà archiviata agli inizi del
settembre dello stesso anno perché, "secondo la ricostruzione del
magistrato, le intenzioni suicide della ragazzina prescindevano dalle dinamiche
della chat" (44), stante anche il fatto che dal social arrivarono, oltre
alle istigazioni, offerte di aiuto»
[i numerici '(43)' e '(44)' interni ai paragrafi qui
riportati si riferiscono a note bibliografiche su articoli di stampa; così
testualmente: «(43) Bergamin, S. e Malfitano, C., Ragazza di 14 anni spinta a uccidersi dagli
insulti su Ask.fm, in Il Mattino di Padova, 11 febbraio 2014.» e «(44) Cittadella, Ask.fm assolto per
suicidio Nadia. Pm: "Cyberbullismo non c'entra", in blitz
quotidiano, 3 settembre 2014.».
.
●
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Il cyberbullismo e l’innesco a
fine-zero. Induzione alla depressione e al
suicidio. Integrazione delle due varianti del bullismo. |
Ancora
sul punto dello stato emotivo/umorale, depressione o altre condizioni di
prostrazione, della vittima o del futuro suicida in relazione all'esposizione
nel cyberspazio, è importante che assieme alla
valutazione sul "se sia stata presente" o sul "se sia stata
*già* presente" (fosse pure in modo latente) quella condizione, si tenga
sempre in considerazione la capacità di "scatenamento", se non di vero e proprio "innesco" a
fine-zero – un "innesco che non
si disinnesca", infinito, con effetti sollecitatori e amplificatori a
oltranza –, che è insito nel
cyberbullismo. Ciò anche con
significative differenziazioni rispetto al bullismo di tipo classico
(quello che riguarda la relazione "faccia a faccia", la realtà fisica
ovvero la fisicità reale, e, per dirla in breve, la vita della strada), e con
differenze che permangono anche quando
gli atti di prevaricazione si alternano tra modalità di bullismo tradizionale e
modalità di cyberbullismo. Scrive il Prof. Silvio
Bolognini nel citato libro sul cyberbullismo, circa la “integrazione” delle due varianti del
bullismo (cfr. p.26):
«Si
tratta senza dubbio dei casi, quelli che vedono integrarsi le due varianti del
bullismo, più devastanti, in cui la violenza fisica subita è atrocemente
rivissuta ogni giorno dalla vittima nell'agonia senza fine della demolizione
psicologica e dello sgretolamento della propria identità, perpetrati nella
dimensione digitale svincolata dai limiti dello spazio-tempo.
(..)
Anche la persecuzione che origina e si esaurisce nel cyberspazio è tuttavia in
misura drammaticamente crescente, come rilevato dalle ricerche richiamate nelle
pagine precedenti, ragione sufficiente ad indurre la vittima alla depressione e
al suicidio».
.
14-2)
■ L’“urgenza delle urgenze”. A passo del ‘qui ed ora’ del web.
Del
fatto che il cyberspazio – e con
esso il cyber-ambiente e le cyber-relazioni – possegga in sé molteplici
capacità di intrusività e di pesante condizionamento che, allo stato
agito, influiscono sensibilmente sull'utente, come pure del fatto che quelle stesse
capacità del cyberspazio possano giungere a danneggiare anche molto seriamente
(e a volte irreversibilmente) l'unità psicofisica dell'utente quando questo sia
un giovanissimo, un adolescente, un pre-adolescente, di questo si è qui in vari
punti accennato, detto, riportato. Ma una volta che ciò sia stato detto e
ridetto, e una volta che (bibliografie e rassegne-stampa alla mano) sia stato,
pur con conforto, accertato quanto ormai
sia copiosa tutta la letteratura, anche giornalistica ma non soltanto, che
da anni non smette di occuparsi proprio delle tematiche legate alla violenza
che corre sul web, nel cyberspazio e in particolare nei social network, qual è allora l'"urgenza delle
urgenze"? Cosa urge fare per arginare quei fenomeni di violenza che
passano per gli ormai onnipervadenti sistemi del web? Chi dovrebbe/deve fare
qualcosa subito, per proteggere nella vita quotidiana i
minori dalle conseguenze di quei perversi fenomeni, dagli effetti di quei
sistemi 'a rete'?
== Le iniziative istituzionali che
proprio in tema di prevenzione a bullismo/cyberbullismo sono state sino ad oggi
(Maggio/Giugno 2019) prodotte e realizzate e/o che sono in via di attuazione
risultano essere davvero molte; al riguardo, vedasi nella citata pubblicazione del Prof. Bolognini l’ampia Bibliografia di Fonti istituzionali di cui a pagina 229 e seguenti, nonché le molteplici note
bibliografico-istituzionali di ogni capitolo della pubblicazione stessa.
== Si stanno per di più attivando,
nell’attuale fine-semestre della prima parte dell’anno 2019, e attivando anche con una sensibile
esposizione al sistema massmediatico delle ‘news’ quotidiane (per di più –
particolare non secondario – rimarcate e ridiffuse più volte al giorno), delle precise iniziative a livello europarlamentare sulle questioni etiche e
legali poste dagli sviluppi del web e delle applicazioni di Intelligenza
Artificiale, e (notizia clamorosa in fatto di web) una
serie di iniziative a livello
governativo statunitense rivolte alle policy di giganti del web anch’essi statunitensi,
iniziative che sarebbero state avviate su sollecitazione di associazioni a
tutela dei diritti dei minori e che prevederebbero azioni di contrasto anche
legale rivolte alla piattaforma-video ‘Youtube’ (motivazione: la piattaforma
risulta «non aver tutelato adeguatamente
i minori» e, per di più, «avrebbe
anche acquisito in maniera impropria i dati degli utenti».] – Riguardo
alla contestualizzazione che già, nel corrente testo di annotazioni, è stata
fatta circa le notizie su tali iniziative, si rimanda il lettore ai paragrafi
di cui ai punti 08-1-c) (>>), 09) (>> + >>) e (qui per completezza
d'indicazione) il presente 14-2) (>> + >>).
== Per quanto invece riguarda i livelli più prossimi (più vicini) alle
“digitazioni pericolose” dei minori, ci si riserva, senza
pretesa di esaustività, di imbastire qualche paragrafo sulla (spesso grave e
altrettanto spesso perniciosa) analfabetizzazione
web-culturale dei genitori dei
giovani cybernauti; e si intende qui, dunque, un genere di analfabetizzazione
che non implica necessariamente, né la chiama in causa in via preferenziale, la
qualità delle competenze di tipo web-tecnologico (che, anzi, sono soventemente
praticate con abilità e con disinvoltura dai genitori). Si tratta e si tratterà
di un’argomentazione che però dovrà intrecciarsi con altre variabili (forse
anche impopolari da affrontare), variabili sociologiche che oltre alla
genitorialità propriamente detta coinvolgono anche la “genitorialità vicaria”, ovvero che coinvolgono i ruoli di tutorialità facenti capo a:
a) nonni/nonne (ma
anche fratelli/sorelle maggiori), specie quando il giovane o l’adolescente (o,
ancora più, il bambino) non abbia, o non abbia più, vicino a sé i propri
genitori;
b) varie figure sia
della c.d. “famiglia allargata”, sia della “famiglia diversamente ri/composta”
(in quest’ultimo caso anche con riferimento alle varie figure di
‘compagni’/’compagne’ facenti funzione di patrigni/matrigne);
c) (e ovviamente)
anche tutori, vale a dire figure adulte alle quali per specifici provvedimenti
di legge siano affidati i compiti di tutela del minore, quali per es. i tutori
che operano all’interno di case-famiglia, di case di accoglienza e similari.
●
▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬▬ ●
Se
il “cyber” può far male – e molto – alla salute. I cyber-danni e i giovani di
oggi. Pressioni
smart-tecnologiche e (quale) sostenibilità della fisiologia umana. |
■
I cyber-danni sulla salute umana e il “lungo strascico” sui giovani di oggi.
// I condizionamenti delle menti, della salute tutta, della vita.
-
patologie
cervicali ed errati posizionamenti dell’apparato vertebro-scheletrico;
-
abbassamento
della vista;
-
alterazioni
sia fisiologiche, sia organico-fisiologiche, dell’apparato visivo (per es.:
“sindrome dell’occhio secco”);
-
episodi
di stanchezza ricorrente, anche tendenzialmente cronicizzante;
-
mialgie,
indolenzimento persistente delle fasce muscolari (a carico, ma non solo, delle
parti del busto, degli arti superiori, del collo);
-
condizioni
di affaticamento generale che possono comprendere anche sintomi importanti di
debilitazione (con inclusione di: nausea, gastriti, perdita di appetito,
problemi di insonnia e/o, per converso e reazione, di sonni troppo prolungati);
-
condizioni
di affaticamento anche più serie, per alcuni versi assimilabili alle sindromi
da miastenia;
-
condizioni
generali di “burn-out”, che evidenziano un sostanziale stato di rigetto
psico-fisico, una volta che l’organismo abbia raggiunto la sua particolare
soglia di sopportabilità del carico e dell’intensità delle sue attività sul web.
E ancora:
-
sensibile
diminuzione della capacità di concentrazione (a causa delle sistematiche e
continue sollecitazioni interruttive a carico dei meccanismi dei circuiti
neuronali deputati alla trasmissione delle informazioni che arrivano alla
mente, ma anche a carico degli stessi processi mentali attraverso i quali si
sedimentano i processi del pensiero);
-
ipereccitabilità,
tic nervosi;
-
vuoti
di memoria anche improvvisi.
E l’elenco può ancora continuare, con
inclusione di molti altri effetti nocivi sulla salute, effetti che ormai sono
stati ben individuati anche propriamente in ambito medico-scientifico.
Ben nota oggigiorno anche ai più, e
non soltanto nell’ambito della clinica medica, è la c.d. “internet-addiction”,
che rientra ormai nel ventaglio delle dipendenze psico-fisiche più rilevanti
dei nostri tempi.
Quanto alla già summenzionata “sindrome da burn-out” da web (che peraltro
è ormai materia specifica di alcune discipline di studi, quali la ‘medicina del
lavoro’ e la ‘psicologia del lavoro’), meriterebbero un approfondimento
anche quei casi di stress acuto web-correlato ai quali già la cronaca-stampa di
questi ultimi anni ha avuto modo di dedicare qualche colonna: intere schiere di
lavoratori aziendali (in Cina ma anche in altri Paesi), tra impiegati e
tecnici, che a un certo punto “non ce l’hanno fatta più”, tanto che diversi di
quei lavoratori hanno scelto il suicidio
(piuttosto che dover continuare a lavorare a quelle condizioni disumane da
web-stress).
Per quanto riguarda lo specifico
ambito di frequentazione del web rappresentato dal mondo dei giovani, degli
adolescenti e dei pre-adolescenti, si suggerisce in particolare che il rapporto
“salute vs web” sia da indagarsi con
attenzione sia in termini quantitativi – quante ore, in quali fasce orarie, con
quali e quanti intervalli – sia in termini qualitatativi, con particolare
riguardo alle ricadute che “i cattivi
segnali”, “i cattivi messaggi”, “i lavaggi del cervello”, “i condizionamenti
delle menti” (attuati – così come di fatto vengono attuati soprattutto in
varie chat gestite da adulti – anche con modalità espressive di tipo
scientemente perverso se non addirittura “satanico”) (*) possono
determinare sulle complessive condizioni di salute del giovane.
►►► Qui sopra il riferimento, anche
lessicale, è ancora a ben circostanziati
passaggi dell’opera del Prof. Silvio Bolognini; cfr. pg. 38
(*), di cui già alle annotazioni del
corrente testo contrassegnate Punto 10) (>>). Ci si soffermi, anche qui e in
particolare, su quei passaggi dell’opera nei quali l’Autore descrive il
gravissimo fenomeno delle ‘chat-suicide’ organizzate dalle “community della
morte” gestite da adulti (il fenomeno delle cosiddette “balene blu” ossia del
‘Blue whale’, ma non soltanto quello), e nei quali passaggi, per l’appunto, si
fa testuale riferimento ai «lavaggi del
cervello», al fatto che «I tutor per
portare al suicidio inviano video satanici, suicidi (..)», al «modo di condizionare le loro menti».
Qui, sempre per comodità visiva del lettore, alcuni estratti di quei passaggi
del Prof. Bolognini:
«L’ondata delle balene blu, come prevedibile nel
villaggio globale e iperconnesso, non ha tardato a raggiungere il Sud America e
l’Europa. (..) (..)
(..) uno psicologo ha spiegato che “chi arriva all’ultimo
giorno viene celebrato dagli altri membri della comunità come un eroe. ‘(..) è
un modo per fare il lavaggio del cervello dei giovani – spiega l’esperto – Chi
partecipa al ‘gioco’ non deve dire nulla ai genitori né lasciare tracce in
giro. I curatori hanno trovato il modo per condizionare le loro menti e la
morte è l’unica soluzione per porre fine al Blue whale. I tutor per portare al
suicidio inviano video satanici, suicidi, morti violente ai partecipanti in
modo da condizionare le loro menti. I ragazzi che entrano a far parte di questa
comunità perversa hanno tra i 9 e i 17 anni’ (…) (..)»
(Silvio Bolognini,
op.cit., p.38)
►►► Nella citata pubblicazione del Professor Bolognini,
intitolata, lo si ricorda ancora, «IL CYBERBULLISMO COME VOLTO DEMONIACO DEL POTERE DIGITALE E LE (POSSIBILI)
POLITICHE DEL DIRITTO ANTIDOTO» (Giuffrè
Editore, 2017; Pubblicazioni CE.DI.S. – Università e-Campus), l’elemento
del grave malessere psicofisico, e quindi del danno a carico delle
condizioni di salute, indotto dalle vessazioni tramate e lanciate
dal cyberspazio, e segnatamente dalle
vessazioni di molti ‘social’, è
sottolineato diffusamente. Vedasi in particolare laddove l’Autore passa in
rassegna, analizza e commenta, una selezione dall’ampia casistica dell’autolesionismo giovanile, ivi compreso
– e in risalto tematico nel libro, anche per le sue prevedibili evoluzioni –
l’autolesionismo giovanile che esita nel suicidio
(individuale e/o ‘social-ritualizzato’). Impressionanti, in quella selezione,
le condizioni psico-fisiche nelle quali
versano le giovani cyber-vittime, come per esempio nel caso di Julia
Derbyshire, suicida a 16 anni nel 2015 (e figlia di Adrian Derbyshire, suicida
a sua volta per il dolore straziante per la morte suicidaria della figlia)
(cfr. p.31, op.cit.) e di svariati altri casi riportati nel libro.
Malessere
e “star male” anche fino all’inverosimile, dunque, come risultati reali di quell’amplificazione della
raffigurazione di sé e del proprio vissuto dato in pasto ai ‘social’,
quell’amplificazione delle interrelazioni ‘social’ (interrelazioni virtuali e
non autentiche se non nella loro stessa effimera-e-crudele virtualità) da un capo
all’altro delle quali si snoda, spesso, la persecuzione. Una persecuzione,
quella che ha luogo nel cyberspazio giovanile, che, come ben dimostrato dal Prof. Silvio Bolognini nella citata pubblicazione
accademico-scientifica, si rivela decisamente
più dannosa – fino ai danni estremi
della depressione e del suicidio – della persecuzione perpetrata sul
terreno del bullismo tradizionale.
«Si tratta senza dubbio dei casi, quelli che vedono
integrarsi le due varianti del bullismo, più devastanti, in cui la violenza
fisica subita è atrocemente rivissuta ogni giorno dalla vittima nell'agonia
senza fine della demolizione psicologica e dello sgretolamento della propria
identità, perpetrati nella dimensione digitale svincolata dai limiti dello
spazio-tempo.
(..) Anche la persecuzione che origina e si esaurisce nel
cyberspazio è tuttavia in misura drammaticamente crescente, come rilevato dalle
ricerche richiamate nelle pagine precedenti, ragione sufficiente ad indurre la
vittima alla depressione e al suicidio».
(Silvio Bolognini, op.cit., p.26)
■ La brusca progressione del mondo
del web e del cyberspazio. Con quale sostenibilità per l’essere umano?
E con quali ulteriori ricadute sullo
stato di salute (olisticamente inteso)?
Con quale sostenibilità, però, da
parte della ‘macchina-uomo’? Brutta espressione, questa, mutuata dallo stesso
sistema che attenta alla condizione umana. Proviamo dunque a riformularla,
quella espressione, e andiamo al dunque,
ancora, del problema ‘salute vs
web’: “Con quale sostenibilità
da parte della fisiologia umana e dello stesso organismo umano?”.
Siamo dunque in presenza di complesse
geometrie di reticolati di
tracciamento/rilevamento e che, a fronte degli inputs degli utenti
(assunti, sempre arbitrariamente, a “risorse”), rendono intrusivamente una molteplicità invasiva di sollecitazioni
multisensoriali e nel contempo neuronali, che possono comportare conseguenze
spiacevoli e addirittura dannose per lo stato di salute umano, anche olisticamente
inteso (si considerino, per esempio,
gli stati di iperattivazione e sovraeccitazione, ma anche il contrario, che si
diramano dall’apparato neuronale ‘bersagliato’ da quelle sollecitazioni). C’è da chiedersi se, quanto e come,
fino ad oggi, sia stato analizzato e soprattutto reso noto, a favore del
pubblico/people (quel people assunto
arbitrariamente a ‘smart’) e a favore delle sue possibilità di “tenuta”
della propria salute, quel complesso di meccanismi 'tecno-sensoriali'.
C’è inoltre da chiedersi (con un
interrogativo correlato a quello posto qui appena sopra) perché il picco degli esiti più infausti e tragici
del malessere psico-fisico giovanile
indotto dal web e dal cyber – finanche quel malessere che può
esitare in un ultimo atto a causa di strane alchimie di “strutturazione
tecnologica” (certo sapientemente veicolata per, si potrebbe dire con
un’iperbole, “via intrapsichica”, o, più verosimilmente, per il tramite
dell’operato di <<“sapienti nel loro campo” sì>>, <<“intelligenti e anche geniali” sì>>, ma perverse menti
abilmente manovratici di altre menti,
specie quelle dei giovanissimi) – sia,
come si è attestato essere quello stesso picco di malessere, un fenomeno degli
ultimi dieci anni (dieci circa) e
non del decennio o dei decenni prima, quando già la tecnologia internet
ad uso della popolazione comune esisteva ma
era, quella tecnologia, senza “immissione di default” di meccanismi
intrusivi di A.I., senza sensori, senza quell’insieme di microstrutture elettriche
e chimico-elettriche che invece oggigiorno (2019 e prevedibilmente oltre)
processano i 'sistemi naturali' di tipo fisiologico-sensoriale e dunque anche
neuronali dell'utente umano.
>> E ancora, con altra
formulazione ma soprattutto con altra ‘chiave’ di domanda: il complesso dei disturbi da AI a carico della fisiologia umana (e
quindi l’induzione di stress a carico dello stato più complessivo di salute,
con aumento dell’eccitabilità, alterazione dei meccanismi nervosi e simili) in quale
relazione è con l’aumento delle esasperazioni “cyber-interattive” e con
l’aumento della stessa violenza cyber-mediata?
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Punto 16) == Da nota di rimando precedente, di cui al Punto 08) > 08-1).
Discrepanze
tra mondi paralleli: il web, la scuola, la televisione. La
“crisi” dei giovani (cybernauti) e l’effetto di traino del ‘trash’ in tv. Il
bullismo fra adulti, la sua spettacolarizzazione mediatica e il suo lavorìo
nel mondo del web. |
Nel libro del Prof. Bolognini viene
sottolineata a più riprese, e con chiarezza, la necessità di addivenire ad azioni sistemiche nei programmi formativi
rivolti a giovani ed adolescenti, azioni nelle quali possano trovare il loro meritato posto programmi di educazione
che abbiano la loro centratura, e il loro fondamento, in una valorizzazione
delle istanze più profonde,
ineludibili, dell’essere umano. Programmi che abbiano una prospettiva etica, etico-morale. Programmi che
valorizzino l’intelligenza morale della persona, la persona del giovane, la
persona dell’adolescente. Vedasi ancora, nell’opera «IL CYBERBULLISMO COME VOLTO DEMONIACO DEL POTERE
DIGITALE E LE (POSSIBILI) POLITICHE DEL DIRITTO ANTIDOTO» (Giuffrè
Editore, 2017; Pubblicazioni CE.DI.S. – Università e-Campus), la parte ‘3.1. L'"educazione morale" e le istanze provenienti dalle
nuove prospettive etiche' (p. 178 e segg.). Sul tema, in particolare
(dell'assenza) delle strategie di
educazione che tendano a «promuovere una “riappropriazione” del proprio
“Esserci nel mondo”», si invita ancora a una lettura meditata dei relativi
passaggi, e in particolare dei passaggi a pagina 161 dell'opera del Prof. Bolognini, (già in precedenza
evidenziati; ved. annotazioni al punto 04-L) e dei quali si riporta qui quanto
segue:
«(..) Nello scenario delineato, in assenza di una
strategia educativa tesa a promuovere una “riappropriazione” del proprio
“Esserci nel mondo” (..) atta a riorientare il movimento fluido fra on line e real-time identity, è plausibile prospettare una progressiva
esasperazione dello scivolamento delle identità create e validate dalla rete
nel palcoscenico della società reale, con preoccupanti conseguenze – stante il
crescente disimpegno morale che sembra caratterizzare le comunità virtuali
laboratorio di auto-rappresentazione per le giovani generazioni – sulla diffusione
di comportamenti anti-giuridici e sulla tenuta dello stesso ordinamento che
disciplina la vita socialmente organizzata.(..)»
(Silvio Bolognini,
op.cit., p.161)
Prospettive
dunque basate su istanze etico-morali, anche in chiave di interpretazione
laica, nella formazione e nell’educazione.
Un
capitolo a parte, su questo piano, dovrebbe essere sviluppato sull’argomento
del trash televisivo propinato, da circa vent’anni a questa parte, dalle tanti trasmissioni con il
pubblico in “viva diretta” (spesso anche con vernice di nobilitazione tematica delle
trasmissioni stesse, che di volta in volta sfiorano ad esempio temi di norme e
di legge, di prassi testamentarie, vita da condominio etc.), ‘trash’ televisivo
che ha quasi normalizzato la pratica degli insulti urlati (anche tra intimi e
familiari e, così presentati nello studio televisivo, “amici”) e delle
parolacce, e che è andato sempre più caratterizzandosi per una insistita spettacolarizzazione della
volgarità, per di più con regie di voyerismo insistito all’inverosimile sulle
sguaiatezze in azione. Dovrebbe essere sviluppato, si è detto, un capitolo
a parte su tale argomento, per far emergere l’indubbia e grande responsabilità che quei programmi di trash televisivo – e
qui si intende ‘trash’ proprio nel senso di mondezza/immondizia, sul terreno morale
ed estetico – e di bullismo fra adulti
hanno avuto nel corso degli anni nell’ingenerare nei più piccoli, ovvero negli
attuali giovani e adolescenti, il senso di un progressivo distacco dall’etica del rispetto. Quella normalizzazione della volgarità e dell’insulto, quel progressivo
distacco e scollamento dai valori morali (e, si potrebbe anche semplicemente
dire, dai princìpi di base dell’educazione civica), hanno “lavorato” nel
mondo parallelo del web che intanto i giovanissimi telespettatori
andavano frequentando, ed hanno solidificato, incistito, nei giovani e
nei loro atteggiamenti comportamentali una confidenza, una dimestichezza
abituale, con l’amoralità, con la scorrettezza, con la maleducazione. Ciò ha verosimilmente uno stretto
collegamento con i tratti più acuti di disimpegno morale giovanile e con i
conseguenti difetti di empatia (carenze,
se non mancanze, di empatia).
||
Detto
altrimenti: poteva mai quel bullismo tra adulti (bullismo per di più rimarcato dal
‘reality’ televisivo) non determinare progressive
forme di bullismo tra i giovani? ||
E se per un giovane, un adolescente o
un bambino, è diventato normale vedere “i propri genitori” agitarsi
incontrollati in volgarità e sguaiatezze senza confine, peraltro vederli
“premiati” (i) con il protagonismo
televisivo e l’annessa, per quanto assai discutibile, visibilità, (ii) con il previo “benvenuto in
studio”, un “benvenuto” che ha carattere di sostanziale legittimazione, e (iii) infine, ma non per ultimo, con il seguito dei molteplici
rimandi sul web di
quelle loro stesse esibizioni televisive,
è allora davvero ancora procrastinabile una svolta “di policy etico-morale”
anche nel campo televisivo? È davvero rinviabile a tempi futuri e incerti
l’ardua missione di una bonifica (non già moralistica ma) saggiamente morale in
quella che, di fatto, rappresenta quasi “un’agenzia formativa parallela” –
rispetto alla scuola, agenzia formativa per eccellenza – e che per l’appunto è
il sistema televisivo, peraltro sempre più smart H24 e ormai massicciamente interconnesso al mondo web e cyber e a tutto l’universo dei social
network?
Con la considerazione di cui sopra,
posta a mo’ di spunto argomentativo, viene auspicata una futura trattazione comparata del “bullismo sul
web” (e/o trash sul web) e del “bullismo in tv” (e/o trash in tv).
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Marina Palmieri
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