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ABLAZIONE DELLA FIBRILLAZIONE
ATRIALE: i risultati dello studio
italiano “Catheter Ablation for Cure of Atrial Fibrillation”.
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SALUTE / DIVULGAZIONE SCIENTIFICA
____DALL’ARCHIVIO DI COMUNICARECOME____
ABLAZIONE DELLA
FIBRILLAZIONE ATRIALE:
I RISULTATI DELLO STUDIO ITALIANO
“CATHETER ABLATION FOR CURE OF ATRIAL FIBRILLATION”.
Uno studio italiano, il “Catheter Ablation for Cure of Atrial Fibrillation”, è stato recentemente presentato all’American College of Cardiology dimostrando che con la tecnica dell’ablazione è possibile risolvere definitivamente il problema della fibrillazione atriale su una larga parte di pazienti. I risultati dello studio “Catheter Ablation for Cure of Atrial Fibrillation” indicherebbero la possibilità di un’inversione di tendenza nel trattamento delle aritmie cardiache: dal trattamento farmacologico a quello chirurgico, con un unico intervento che, eseguito sulla parte del cuore che produce l’alterazione del ritmo, riporta i battiti cardiaci alla normalità.
L’argomento è stato recentemente
presentato al Circolo della Stampa di Milano direttamente dai ricercatori dei tre centri italiani che nel 2001 hanno avviato lo studio
“Catheter Ablation for Cure of Atrial Fibrillation” o, in
acronimo, “CACAF”: il dottor Gaetano Senatore, Responsabile di
Cardioaritmologia presso l’Ospedale civile di Ciriè (Torino), il dottor
Giuseppe Stabile, Responsabile della elettrofisiologia della Casa di cura “S.
Michele” di Maddaloni (Caserta) e il dottor Emanuele Bertaglia, Dirigente
medico I livello del Dipartimento di Cardiologia Azienda ULSS n°13 Mirano -
Presidio ospedaliero di Mirano (Venezia). Con questo studio italiano,
l’efficacia dell’ablazione (tecnica messa a punto da circa dieci anni come
alternativa al trattamento farmacologico dei pazienti con fibrillazione atriale) si avvale oggi di dimostrazioni di particolare
valore scientifico. Ha sottolineato il dottor Giuseppe Stabile,
ideatore dello stesso studio CACAF: «Tutti gli studi
erano stati effettuati in singoli centri. Mancava il confronto con un gruppo di
controllo. Per questo nel 2001 i ricercatori di tre centri Italiani hanno
concepito lo studio CACAF, il primo studio prospettico, randomizzato e
controllato al mondo.»
L’auspicio dei
ricercatori, i quali sono
già impegnati nella
seconda fase del trial (lo studio “CACAF 2”, che coinvolge altri sei centri
italiani e quattro europei), è che l’intervento di ablazione sia quanto prima
incluso nelle linee guida di trattamento per la fibrillazione atriale ed entri
quindi a far parte delle terapie consolidate per il trattamento di tale
disfunzione.
Fibrillazione atriale: una disfunzione ad
alto rischio di ictus. Interessa circa 60.000 Italiani ogni anno.
La fibrillazione atriale è una forma di anomalia del battito cardiaco caratterizzata da una vibrazione disordinata delle camere cardiache atriali, che si contraggono in modo rapido e disorganizzato. Questa anomalia può comportare ristagno di sangue nell’atrio, favorire quindi la formazione di coaguli ed esporre il soggetto ad eventi tromboembolici, come l’ictus cerebrale. Rispetto alla popolazione generale, il rischio di ictus risulta cinque volte superiore nei soggetti con fibrillazione atriale, anche in caso di “fibrillazione atriale a cuore sano”. Si stima che circa il 15% di tutti gli ictus cerebrali sia causato da fibrillazione atriale; il rischio di morte cardiaca associato alla patologia è maggiore nei soggetti con età superiore ai 65 anni.
In
Italia, ogni anno, circa 60.000 individui presentano problemi di fibrillazione
atriale, che è anche la principale causa di accesso al pronto soccorso e di
ricovero in cardiologia.
Si
definisce:
-
«parossistica»
la fibrillazione atriale che si presenta in brevi episodi (che possono durare
da qualche minuto a qualche ora) e regredisce spontaneamente; in questo caso la
fibrillazione atriale può anche non essere avvertita dal soggetto, e quindi può
essere più difficile da diagnosticare;
-
«persistente» la fibrillazione atriale che si presenta in
episodi più lunghi e regredisce soltanto dopo trattamenti specifici;
-
«permanente» la fibrillazione atriale che si presenta la
maniera costante e non regredisce dopo il trattamento.
La terapia farmacologica della fibrillazione atriale
si avvale di: beta-bloccanti, calcio-antagonisti e digitale (impiegati per
rallentare la frequenza cardiaca e la velocità di conduzione degli impulsi tra
l’atrio e il ventricolo); anticoagulanti (contrastano la formazione di coaguli
di sangue e riducono quindi il rischio di eventi tromboelitici, come l’ictus);
antiaritmici (utilizzati per favorire la stabilizzazione della frequenza
cardiaca).
Pesanti effetti collaterali (come per esempio il
sanguinamento nel caso degli anticoagulanti) ed efficacia per pochi pazienti
sarebbero tuttavia, secondo gli specialisti, aspetti largamente imputabili ai
trattamenti farmacologici della fibrillazione atriale. Da anni è stata
dunque messa a punto un’alternativa ai trattamenti farmacologici: l’ablazione,
trattamento chirurgico di cui oggi, per la prima volta al mondo, sarebbe stata
dimostrata l’efficacia nel risolvere definitivamente il problema
della fibrillazione atriale su una larga parte di pazienti.
Indicazioni per una svolta terapeutica.
Cosa dimostrano i risultati presentati all’American College of Cardiology.
Dai farmaci al trattamento chirurgico: una risposta
che per molti pazienti potrebbe dirsi definitiva al problema della
fibrillazione atriale, una svolta possibile anche sui grandi numeri e di sicuro
interesse anche per la popolazione del nostro Paese. Proprio illustrando il
quadro della situazione italiana, il dottor Giuseppe Stabile, Responsabile
Elettrofisiologia presso la Casa di Cura S. Michele, Maddaloni (CE) e ideatore
dello studio “Catheter Ablation for Cure of Atrial Fibrillation”, ha commentato: «In
Italia circa
60 mila persone ogni anno presentano problemi di fibrillazione atriale. Si
calcola che 2 milioni di persone in Italia abbiano sperimentato almeno un
episodio di fibrillazione atriale nella loro vita. La frequenza del problema
cresce con l’età. Questa anomalia del ritmo cardiaco è la principale causa di
accesso al pronto soccorso e di ricovero in cardiologia, e costringe molti
pazienti ad una terapia anticoagulante per evitare l’ictus. Esistono
– ha proseguito il dottor Stabile - diversi trattamenti a cui ricorrere in caso
di fibrillazione atriale, scelti in base all’età del paziente e alla presenza o
meno di altre problematiche a livello cardiaco. In genere i farmaci non riescono a
controllare l’aritmia, ripristinando il ritmo normale, e le probabilità di
recidiva sono elevate.»
L’alternativa
terapeutica al trattamento farmacologico potrebbe dunque, in una buona parte
dei pazienti affetti da fibrillazione atriale, essere rappresentata dal
trattamento chirurgico dell’ablazione. E la prospettiva è che in futuro molto
prossimo lo stesso trattamento chirurgico, oggi praticato in pochi centri, possa diventare una terapia consolidata, inclusa nelle linee guida
per il trattamento di questa disfunzione. « Ciò che è possibile dichiarare oggi
grazie a questo studio - ha affermato il dottor Giuseppe Stabile
- è che
l’ablazione è veramente efficace e che può essere introdotta nella pratica
clinica come valida opzione terapeutica nei pazienti con fibrillazione atriale.
Oggi in Italia circa 3-4
mila persone si sottopongono a questa procedura ogni anno, ma dopo questo
studio il numero è destinato ad aumentare.»
Lo
studio “Catheter Ablation for
Cure of Atrial Fibrillation”, CACAF, è stato condotto su 137 pazienti, che
soffrivano da almeno 5 anni di fibrillazione atriale e che non avevano tratto
alcun beneficio dalle terapie tradizionali. I pazienti sono stati
randomizzati a ricevere ablazione e terapia antiaritmica (68 pazienti) o solo
farmaci (gruppo di controllo, 69 pazienti). L’efficacia è stata definita come
assenza totale di aritmie a un anno di controllo.
«I
risultati appena presentati all’American College of Cardiology - ha spiegato il
dottor Giuseppe Stabile - hanno
dimostrato che nei 12 mesi di follow-up il 91% dei pazienti trattati con
farmaci era andato incontro a recidive di aritmia contro il 44% degli individui
sottoposti ad ablazione. Quindi il valore aggiunto dell’ablazione è quello di
ottenere un successo terapeutico in circa il 50% in più dei pazienti. Si tratta
di un dato particolarmente rilevante se si considera che chi è stato trattato
in questo studio aveva un’aritmia di lunga durata e resistente al trattamento
con più farmaci, spesso associata ad altre patologie cardiache. Un altro
aspetto importante dello studio è che per la prima volta l’efficacia
dell’ablazione non è stata verificata solo sulla base della scomparsa dei
sintomi, ma anche di un elettrocardiogramma eseguito quotidianamente e trasmesso
attraverso il telefono. Questo è importante per verificare la reale efficacia
del trattamento, che può risultare erroneamente elevata in studi che non
valutano la possibile presenza di episodi asintomatici.»
“Concreta alternativa alle terapie farmacologiche”. Un intervento per l’interruzione dei circuiti anomali e l’eliminazione dell’aritmia.
«Il
messaggio che si trae dai risultati dello studio CACAF – ha sottolineato il dottor Gaetano Senatore, Responsabile di
Cardioaritmologia presso l’ospedale civile di Ciriè (Torino) - è che l’ablazione è
maturata dallo stadio di terapia sperimentale a quello di intervento
terapeutico consolidato in grado di risolvere situazioni cliniche complesse,
diventando una concreta alternativa alle terapie farmacologiche. Si tratta di
un cambiamento importante: fino ad oggi infatti, l’unico modo per curare questa
disfunzione erano i farmaci, che migliorano le condizioni generali di salute,
ma non riescono a curare efficacemente il paziente. Lo studio CACAF al
contrario, dimostra per la prima volta che l’ablazione, abolendo i
cortocircuiti elettrici responsabili dell’aritmia, consente di migliorare
enormemente le percentuali di successo. Solo il 2-3% dei pazienti curati con i
farmaci riesce a mantenere un ritmo normale, mentre circa il 60% dei pazienti
trattati con l’ablazione ha di nuovo un cuore che batte normalmente.»
La fibrillazione atriale rappresenta la forma più comune di tutte le aritmie. Si stima che questa disfunzione interessi circa il 2,2% della popolazione maschile e circa l’1,7% di quella femminile. Dati, questi, destinati però ad aumentare con il progressivo innalzamento dell’età media della popolazione, essendo la fibrillazione atriale una disfunzione tipica della tarda età. Il picco di incidenza della patologia - circa l’8,8% - si registra infatti nella fascia d’età compresa tra gli 80 e gli 88 anni. Segue la cosiddetta “mezza età”, con un 5% di prevalenza della malattia tra gli individui con più di 65 anni d’età. Tutt’altro che trascurabile è comunque anche il dato epidemiologico riferito alla popolazione compresa tra 50 e i 59 anni, che risulta essere interessata da problemi di fibrillazione atriale in misura dello 0,5%.
Un unico intervento di ablazione. Vantaggi anche nei casi di aritmia molto severa.
Lo studio “CACAF 2”.
Poter ripristinare con unico intervento terapeutico
il regolare battito cardiaco, anche nei casi di aritmia più severa, è
sicuramente l’informazione d’interesse più immediato per quanti soffrono di
fibrillazione atriale e sono quindi esposti al rischio delle gravi complicanze
della patologia stessa, in primo luogo ictus e scompenso cardiaco. Ma è
un’informazione di sicuro interesse anche per la popolazione in generale,
poiché, come già ricordato, con l’avanzare dell’età si è anche potenzialmente
più soggetti al rischio d’insorgenza delle aritmie cardiache (l’età rappresenta
propriamente uno degli indici clinici più importanti della fibrillazione
atriale, rischio che aumenta notevolmente oltre i 65 anni).
Illustrando i vantaggi offerti dall’intervento di
ablazione e confermati dai risultati dello studio CACAF, il dottor Emanuele
Bertaglia, Dirigente medico I livello del Dipartimento di Cardiologia Azienda
Ulss n°13 Mirano - Presidio ospedaliero di Mirano (Venezia), ha affermato: «Per
curare la fibrillazione atriale sino ad oggi si poteva ricorrere alla terapia
farmacologica o alla cardioversione elettrica, una scossa che riesce a far
ripartire a ritmo normale il cuore. Un recente studio americano ha dimostrato
che queste terapie tradizionali non curano queste disfunzioni, non migliorano
quindi la sopravvivenza e non prevengono le complicanze. Lo studio CACAF
(Catheter Ablation for Cure of Atrial Fibrillation) ha dimostrato che un unico
intervento di ablazione, in associazione alla terapia medica, è in grado di
eliminare totalmente l’aritmia in un anno di osservazione, e quindi evitare le
complicanze e migliorare le condizioni dei pazienti. Il dato emerso dal CACAF è ancora più
rilevante considerando che la ricerca ha interessato pazienti con
aritmia molto severa, tipicamente i peggiori che vediamo in clinica. Hanno una
lunga storia di fibrillazione atriale, con molti tentativi falliti di
cardioversione e senza benefici nonostante l’uso di due o più farmaci. Il CACAF
è il primo studio randomizzato che ha dimostrato che un unico intervento di
ablazione combinato con la terapia medica è in grado di eliminare totalmente
l’aritmia in un anno di osservazione, e quindi evitare le complicanze oltre che
far stare meglio pazienti con un’aritmia resistente alle terapie tradizionali.»
Importante, allora, capire in che direzione sta
proseguendo la ricerca delle soluzioni terapeutiche al problema della
fibrillazione atriale e quale sia l’impegno degli specialisti per consolidare i
risultati sinora raggiunti. Così, ancora, il dottor Emanuele Bertaglia, nel
fare il punto della situazione: «Con
l’obiettivo di curare questa aritmia con la sola ablazione, la ricerca si sta
movendo in due direzioni: 1) iniziare il trattamento dei pazienti con
fibrillazione atriale in una fase più precoce, invece di riservare l’ablazione
transcatetere come “ultima spiaggia”; 2) utilizzare le nuove tecnologie, come
l’integrazione del mappaggio elettroanatomico con immagini Tac o RMN dell’atrio
sinistro, per aumentare l’efficacia e la sicurezza degli interventi. Per
valutare questa possibilità è stato concepito lo studio randomizzato CACAF 2,
che coinvolgerà 270 pazienti in 13 centri Europei, con a capo i Centri di
Mirano, Maddaloni, Ciriè. L’arruolamento è iniziato nel 2004, i risultati sono
attesi per il 2008.»
Fondi idonei per consentire la diffusione dell’intervento.
La speranza
e, ancora, il vivo auspicio dei ricercatori impegnati nello studio “Catheter
Ablation for Cure of Atrial Fibrillation”, all’indomani dei risultati già
ottenuti e presentati all’American College of Cardiology, è quello di giungere
a una diffusione della pratica chirurgica dell’ablazione. Ha affermato, a tale
proposito, il dottor Gaetano Senatore: «Attualmente l’intervento è eseguito
solo in centri specializzati, 20 in Italia. La difficoltà è disporre di
metodiche che rendano più semplice l’intervento eseguibile in tutti i pazienti
che ne hanno bisogno.» Precise
indicazioni, in tal senso, anche quelle fornite dal dottor Emanuele Bertaglia:
«Tuttora l’ablazione per la fibrillazione atriale è eseguita in pochi centri di
élite. Non fa parte delle terapie consolidate. Non è stata neanche citata nelle
linee guida di trattamento per la fibrillazione atriale pubblicate nel 2001
dalle Società scientifiche cardiologiche europee ed americane. Lo studio CACAF,
attraverso il confronto tra ablazione e farmaci, ha fornito una prova
scientificamente valida dell’efficacia di questa tecnica innovativa. Quindi è
arrivato il momento di considerare l’ablazione una valida opzione terapeutica
in grado di risolvere situazioni complesse. È necessario che il sistema
sanitario nazionale preveda fondi idonei per sostenere i costi dell’intervento
e un rimborso per la procedura.»
L’intervento
di ablazione della fibrillazione atriale: “ablazione transcatetere mediante radiofrequenza” – Note sintetiche.
L’intervento
di ablazione della fibrillazione atriale consiste nell’isolare, attraverso
piccolissime lesioni o “bruciature” prodotte
dall’applicazione della radiofrequenza, le aree
del cuore responsabili del cortocircuito che genera l’aritmia. Queste aree sono
situate nella zona di sbocco delle vene polmonari in atrio sinistro.
L’intervento, propriamente detto di “ablazione transcatetere mediante
radiofrequenza”, richiede
l’introduzione di alcuni sondini attraverso le vene della gamba o, se
necessario, del braccio. Queste zone vengono disinfettate e preparate con un
anestetico locale. Il paziente rimane sveglio durante l’intervento. I cateteri
vengono spinti fino al cuore sotto la guida dei raggi X e vengono posizionati
nella zona dove origina l’aritmia o dove è più facile interrompere il circuito
elettrico responsabile dall’aritmia stessa; queste zone sono individuate
attraverso segnali elettrici registrati dalla punta del catetere stesso. Dopodiché
si passa alla fase di applicazione della radiofrequenza, che viene fatta
passare attraverso il sondino: si ottiene il riscaldamento della punta
metallica del catetere e si possono allora produrre delle piccolissime
bruciature o lesioni. Le lesioni circolari prodotte dall’applicazione della
radiofrequenza bloccano la propagazione di impulsi elettrici irregolari nelle
zone critiche del cuore, e vengono quindi riportati alla normalità i battiti
cardiaci.
Per utilizzare la tecnica di ablazione transcatetere mediante
radiofrequenza è necessario poter valutare accuratamente la struttura e la
forma del cuore in tre dimensioni. A tale scopo si utilizza una specifica
tecnologia che, sfruttando i campi magnetici a bassissima energia emessi da
magneti posizionati a livello del torace del paziente, riporta sul computer il
mappaggio anatomico ed elettrico del cuore. Il mappaggio del cuore consente di
osservare direttamente la morfologia dei circuiti elettrici che circolano lungo
le pareti del cuore e, proprio grazie alla visione tridimensionale, permette di creare con la punta del catetere
lesioni multiple e geometricamente complesse per interrompere i circuiti
anomali.
Scheda
- Fibrillazione Atriale -
Fattori di rischio, Sintomi, Esami diagnostici.
Fattori di rischio più comuni della FA:
-
Età (circa 1 paziente su 100 di età superiore ai 60 anni
soffre di FA)
-
Cardiopatia ischemica
-
Precedenti infarti del miocardio
-
Ipertensione arteriosa
-
Valvulopatie (in particolare patologie della valvola
mitrale)
-
Cardiopatie congenite
-
Malattie della tiroide
-
Infiammazioni a carico del pericardio (pericarditi) e del
muscolo cardiaco (miocarditi)
-
Scompenso cardiaco
-
Malattie polmonari croniche, come l’asma, o altre condizioni
polmonari come le broncopneumopatie croniche ostruttive (BPCO) che provocano
una diminuzione della quantità di ossigeno nel sangue
-
Abuso di alcool (*)
-
Assunzione di sostanze stupefacenti (ad esempio cocaina) (*)
-
Eccessiva assunzione di caffeina o eccessivo utilizzo di
farmaci decongestionanti (*)
(*) Qualora sia associata all’uso di una o più di queste sostanze e
senza che vi siano fattori di rischio o cardiopatia concomitante, la
fibrillazione atriale è definita “isolata”.
Sintomi della FA:
Molti soggetti che soffrono di fibrillazione atriale
non accusano disturbi (sono cioè asintomatici). Altri, invece, accusano sintomi
che comprendono:
-
palpitazioni (i battiti cardiaci rapidi e molto forti)
-
capogiri
-
svenimenti
-
senso di debolezza; stanchezza
-
difficoltà nel respiro (dispnea)
-
dolore al petto (non necessariamente angina)
Esami diagnostici della FA:
-
Elettrocardiogramma (ECG) - Studia
l’attività elettrica del cuore, che viene riportata sotto forma di grafico;
evidenzia le irregolarità del ritmo cardiaco e/o le eventuali alterazioni dei
segnali elettrici.
-
Registrazione ECG Holter -
Consiste in una registrazione continua dell’elettrocardiogramma, effettuata
mediante un piccolo registratore ECG che viene fatto indossare al paziente per
un periodo di 24 ore. Serve per diagnosticare irregolarità del ritmo cardiaco
(aritmie), come pure un ridotto apporto di ossigeno al cuore (ischemia
miocardica).
-
Radiografia del torace - Si
tratta di un’immagine del cuore ottenuta mediante raggi-X che permette di
valutare le dimensioni, la forma e la struttura del cuore e dei polmoni.
-
Esami del sangue – Possono fornire varie
informazioni su indicatori il cui squilibrio può essere alla base della FA (per
es. il livello di ossigeno e degli elettroliti).
-
Prova da sforzo - Consiste nell’analizzare
l’elettrocardiogramma mentre il paziente è sottoposto a uno sforzo fisico,
graduato per livelli di intensità. Serve per esaminare il comportamento del
cuore sotto sforzo e verificare l’eventuale insorgenza di aritmie e/o di
ischemia miocardica.
-
Ecocardiogramma Transtoracico - Utilizzando onde
ultrasonore, permette di studiare il cuore e i grossi vasi. Una sonda
ecografica viene appoggiata sul torace e l’immagine del cuore così ottenuta è
riportata su uno schermo. Analizzando le immagini è possibile valutare lo
spessore delle pareti, le dimensioni e la funzione del cuore, e si visualizzano
le valvole cardiache (le 2 valvole atrio-ventricolari e le 2 valvole dei grossi
vasi che partono dal cuore, aorta e arteria polmonare). Tramite l’ecocolor
Doppler è possibile verificare se il flusso di sangue passa normalmente
attraverso le valvole.
-
Ecocardiogramma Transesofageo – Tipo di ecocardiogramma che
richiede l’introduzione di una sonda ecografica nell’esofago. Serve per
ottenere informazioni dettagliate su determinate parti del cuore, come l’atrio
sinistro. Utile per identificare la presenza di eventuali trombi all’interno
dell’atrio e dell’auricola sinistra.
-
Studio elettrofisiologico endocavitario (SEE)
– Per effettuare questo esame vengono posizionate, attraverso le vene, delle
sonde all’interno del cuore a livello degli atri e dei ventricoli. Una volta
posizionate, le sonde consentono di registrare l’attività elettrica all’interno
del cuore. Serve per valutare la presenza e l’esatta origine di ritmi
irregolari.
Marina Palmieri
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Bollettino Cardiologico N. 133, Giugno 2005
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