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ANGIOJET: l’innovativo sistema per il
trattamento d’urgenza dell’Infarto Acuto.
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SALUTE / DIVULGAZIONE SCIENTIFICA
____DALL’ARCHIVIO DI COMUNICARECOME____
L’INNOVATIVO SISTEMA PER IL TRATTAMENTO
D’URGENZA DELL’INFARTO ACUTO.
Un dispositivo di alta avanguardia tecnologica che elimina rapidamente il trombo: gli ottimi risultati conseguiti all’Ospedale Luigi Sacco di Milano, e le grandi aspettative per l’applicazione della nuova tecnologia nel trattamento delle embolie polmonari. |
- Intervista col prof. Maurizio Viecca, di Marina Palmieri -
Si
chiama Angiojet ed è un innovativo dispositivo tecnologico già sperimentato con
successo nel trattamento d’urgenza dell’infarto acuto e che, a breve, verrà
utilizzato anche per il trattamento dell’embolia polmonare. Ne parliamo in
queste pagine con il prof. Maurizio Viecca, Primario di Cardiologia
all’Ospedale Luigi Sacco di Milano e personaggio già noto ai lettori di Bollettino
Cardiologico, fra i primi in Italia ad aver applicato questo dispositivo
d’avanguardia in pazienti colpiti da infarto acuto, risolvendone brillantemente
il caso. I pazienti in questione hanno infatti superato benissimo l’intervento
e recuperato in breve tempo le loro condizioni di salute.
Ma
vediamo meglio, dalle parole dello stesso prof. Viecca, in cosa consiste la
tecnologia Angiojet e quali sono, precisamente, i vantaggi della sua
applicazione sul paziente.
∼
Professor
Viecca, quali sono le caratteristiche principali che fanno dell’Angiojet uno
strumento tanto innovativo e pregiato nel trattamento d’urgenza dell’infarto
acuto?
La
caratteristica principale dell’Angiojet è rappresentata dalla sua proprietà di rimuovere
efficacemente il trombo grazie a un meccanismo di lavaggio e di aspirazione.
Questo meccanismo d’azione, mirato per l’appunto all’eliminazione del trombo
(cioè il deposito intravascolare solido che si forma in situ in conseguenza
della rottura della placca e che è responsabile dell’infarto acuto), è reso
possibile dalla presenza, all’interno di questo strumento, di un tubicino
estremamente sottile che riesce ad arrivare nei punti più stretti, periferici,
della coronaria e all’interno del quale scorre del liquido (acqua): quando il
tubicino arriva a posizionarsi in stretta prossimità del trombo, si fa
fuoriuscire parte del liquido da alcune piccole aperture (poste all’estremità
del tubicino stesso), e il getto a “vortice” che viene generato dalla fuoriuscita
del liquido produce l’effetto: 1) di “lavare” e ripulire la coronaria dalla
massa gelatinosa rappresentata dal trombo; 2) di asportare poi all’esterno
quanto è stato rimosso con il getto del liquido.
A
questo punto, una volta eliminato e asportato il trombo, può in taluni casi
presentarsi la necessità di rimuovere la placca, specie se questa ha una
consistenza che supera il 50-60%, e quindi di intervenire con le tecniche di
angioplastica (trattamento con il palloncino e applicazione dello stent). Nei
casi, invece, nei quali la placca abbia una consistenza minima (0,1% circa), la
si lascia così e il trattamento si considera risolto con l’asportazione del
trombo.
Quanto
dura l’intervento di rimozione del trombo praticato con questa nuova
tecnologia?
Complessivamente,
e in assenza di complicazioni, l’intervento di rimozione del trombo praticato
con l’Angiojet ha una durata che varia dalla mezz’ora a un’ora circa. Un tempo davvero minimo, quindi, che fa di
questo strumento un supporto cardiochirurgico assolutamente prezioso laddove,
proprio come nel caso dell’infarto acuto, si ha poco tempo per intervenire e
salvare il paziente.
Professor
Viecca, dei molti pazienti infartuati che vengono curati in quest’ospedale
(circa 250 all’anno) quanti, finora, sono stati trattati con l’Angiojet? E con
quali risultati a distanza di tempo?
I
pazienti che finora, e a partire dallo scorso luglio, abbiamo trattato con
l’Angiojet per il trattamento d’urgenza dell’infarto acuto sono in tutto
cinque: non molti, quindi, e ciò precisamente per ragioni economiche (essendo
attualmente l’Angiojet uno strumento notevolmente costoso), ma tutti trattati
con successo. Dopo l’intervento d’urgenza sono stati trattenuti in ospedale per
qualche giorno, per tutti gli opportuni controlli, e, verificata la tempestiva
ripresa delle loro condizioni di salute, sono stati dimessi. Questi pazienti
sono quindi tornati a svolgere la loro di vita di prima e, nonostante il grave
pericolo occorso, hanno recuperato molto presto e stanno adesso tutti benissimo.
Ma
a tale proposito va sicuramente ricordato quello che, della nuova tecnologia
per il trattamento d’urgenza dell’infarto acuto, costituisce l’altro grande
vantaggio per il paziente, e cioè la possibilità di evitare il trattamento
farmacologico con antitrombotici: farmaci largamente utilizzati fino a pochi
anni fa e che, seppur molto efficaci, hanno sempre comportato gravi effetti
collaterali. Basti pensare che le complicazioni dovute all’uso di fibrinolitici
hanno comportato ben il 3% di mortalità, soprattutto per emorragia cerebrale.
Riassumendo,
i vantaggi offerti al paziente da questo nuovo trattamento d’urgenza
dell’infarto acuto sono notevolissimi: tempestività e tempi molto ridotti
dell’intervento chirurgico, rimozione totale del trombo, assenza di recidive
post-operatorie e, come appena ricordato, delle complicazioni tipiche da uso di
farmaci antitrombotici.
E i
vantaggi per il cardiochirurgo? In particolare: quanto è agevole l’uso di una
strumentazione tanto tecnologicamente raffinata, proprio com’è quella
dell’Angiojet?
L’uso
di questo innovativo strumento, sicuramente molto evoluto e raffinato dal punto
di vista tecnologico, non pone all’operatore problemi particolari: questa,
perlomeno, è l’esperienza della mia équipe chirurgica. Sicuramente richiede un
training, una preparazione ad hoc per l’apprendimento dei suoi meccanismi
specifici, e questa viene svolta direttamente dallo specialista del prodotto.
La stessa cosa dicasi per lo “X-Sizer”, altro strumento pressoché analogo
all’Angiojet e che proprio in questi ultimi mesi, qui all’Ospedale Sacco,
abbiamo cominciato ad utilizzare sempre nell’ambito del trattamento d’urgenza
dell’infarto acuto. È uno strumento che, similmente all’Angiojet, è dotato di
un device interno che consente di raggiungere facilmente anche le parti più
ristrette della coronaria ed è altrettanto efficace nella rimozione del trombo,
con la differenza, però, che in questo caso il trombo viene triturato.
Accennava
prima a un problema di costi per l’Angiojet: come si prospetta, più in
generale, il problema economico dell’applicazione su più vasta scala, in ambito
ospedaliero, di questa moderna metodica per i trattamenti d’urgenza?
Il
problema cui prima accennavo è, proprio in questo periodo, all’attenzione della
Regione Lombardia nell’ambito del regime DRG (Diagnostic Related Group, ital.:
Raggruppamenti Omogenei di Diagnosi – n.d.a.), e non riguarda comunque
soltanto l’approvvigionamento dell’apparecchiatura, ma anche, ovviamente, tutti
i vari costi connessi all’applicazione della metodica (attivazione di altri
reparti, presenza di ulteriori operatori, degenze specifiche per il paziente,
tempi di lavoro in più, etc.). Vista e comprovata l’importanza di questa nuova
metodica per un’emergenza tanto grave e diffusa com’è, per l’appunto, quella
dell’infarto acuto, confidiamo ovviamente nel fatto che, a breve, si giunga a
un riconoscimento economico specifico.
Un’ultima
domanda, professor Viecca, sulle aspettative che riguardano l’applicazione
della tecnologia Angiojet nel trattamento dell’embolia polmonare: per quando se
ne prevede l’uso in quest’ospedale? Si tratterà davvero di un ‘salvavita’ per i
pazienti colpiti da questa affezione polmonare?
L’arrivo
di una specifica apparecchiatura Angiojet per la cura delle embolie polmonari è
previsto in tempi imminenti: la proveremo, in questo reparto, con ogni cautela
e accortezza (l’utilizzo per quest’uso specifico è già stato convalidato), ma
posso già dire che, se funzionasse, sarebbe davvero un grande successo, perché
attualmente, a parte la somministrazione di farmaci anticoagulanti, non esiste
altro trattamento che possa risolvere questa grave affezione. Un’affezione che
rappresenta sicuramente una tragica emergenza: ogni anno si registrano circa
50.000 morti di embolia polmonare, 2/3 dei quali non vengono riconosciuti,
mentre per quelli riconosciuti si ha una mortalità in acuto di circa il 70%.
Una mortalità massiva, quindi, contro la quale, oggigiorno, purtroppo non si
può fare quasi nulla.
In
questo caso, l’applicazione del sistema Angjojet sarà simile a quella per
l’infarto acuto, ovviamente con qualche modifica: si tratterà, sostanzialmente,
di portare il device già descritto laddove un grosso trombo ostruisce
un’arteria polmonare, e azionarlo in modo che frantumi il trombo e poi lo
aspiri dall’arteria polmonare.
∼
Il trombo
(dal greco thrombos, coagulo) è un deposito intravascolare solido formatosi in situ
nell’individuo vivente. È composto da un fitto reticolo di fibrina, contenente
elementi figurati del sangue (emazie, leucociti e piastrine) o loro prodotti di
disfacimento. Il trombo può essere parietale (arterie, vene, cuore) o obliterante
(arterie e vene di piccolo calibro). A seconda del suo aspetto e delle sue
dimensioni, si distingue in: - trombo rosso, raro, vero trombo da
coagulazione e a volte anche voluminoso; - trombo bianco, più frequente,
piccola massa grigiastra formata da leucociti, da piastrine e qualche filamento
di fribrina, con sede nei capillari o nelle arterie ateromatose; - trombo
misto, il più frequente, ha una struttura complessa ed è composto da una
testa bianca (da conglutinazione piastrinica) e da un corpo, fatto da
alternanza di trombi bianchi e trombi rossi.
In genere il trombo
viene invaso da tessuto fibroso e si organizza aderendo alla parte del vaso,
che si ispessisce. Quando è voluminoso può ostruire il lume del vaso e, di
conseguenza, arrestare il flusso del sangue. Quando tale fenomeno si verifica a
carico di organi vitali quali il cuore, il cervello, la retina, dà luogo a
eventi di – rispettivamente – infarto cardiaco, ictus cerebrale, cecità; in
altri casi può dar luogo a manifestazioni anche molto rischiose di malattie
d’organo, come la flebotrombosi, la tromboflebite, l’infarto entero-mesenterico
(o intestinale).
Può
anche verificarsi una calcificazione del trombo, o (generalmente a distanza di
qualche giorno o di qualche settimana dalla formazione del coagulo) una
fibrinolisi, cioè un fenomeno di dissoluzione della fibrina che può causare
emorragie anche molto abbondanti. In altri casi, ancora, può prodursi una
mobilitazione del trombo, ovvero una rottura del trombo con conseguente
distaccamento di alcuni suoi frammenti e migrazione di questi nei vasi,
fenomeno che dà luogo a embolia.
La trombosi è una malattia complessa e
multifattoriale. I fattori di rischio specifici sono rappresentati da
alterazioni del processo di coagulazione, ovvero delle sostanze (per la maggior
parte proteine enzimatiche) che consentono l’elaborazione di un coagulo di
fibrina. Molteplici i fattori di rischio generici della trombosi, fra i più
importanti dei quali: l’ipertensione, l’iperlipidemia (aumento dei grassi nel
sangue), obesità, sedentarietà, fumo da sigaretta, assunzione di estrogeni.
Il rischio di sviluppo di malattie da
trombosi è altamente correlato all’aterosclerosi, patologia
cardiovascolare di tipo degenerativo causata dalla progressiva formazione di
placche arterosclerotiche sulle pareti di vene e arterie, con conseguente
restrizione delle stesse (fenomeno che facilita la formazione di trombi). Anche
l’aterosclerosi (malattia cardiovascolare attualmente tra le più diffuse fra le
popolazioni dei paesi occidentali, ovvero nell’area del mondo più
industrializzata) è riconducibile a fattori di rischio diversi e molteplici,
molti dei quali, tuttavia, secondo quanto indicato da un’ampia serie di
rigorosi studi scientifici e di popolazione, sono largamente riferibili al cd. stile
di vita e costituiscono quindi fattori di rischio modificabili (vd.
sotto).
≡
Malattie cardiovascolari: fattori
di rischio modificabili e non modificabili fra i più comuni.
(prospetto sintetico)
Fattori di rischio modificabili:
-
ipertensione arteriosa (fattore di rischio tanto più alto
quanto più associato a errata alimentazione, sovrappeso/obesità, fumo, stress);
-
eccesso di colesterolo nel sangue (colesterolo LDL - low
density lipoprotein - o cd. “colesterolo cattivo”, che favorisce la formazione
di placche aterosclerotiche);
-
alimentazione (specie consumo di grassi saturi, di origine
animale, responsabili di alti livelli di LDL);
-
sovrappeso e obesità (rischio di cardiopatie tanto più alto
quanto più l’accumulo di adipe interessa la zona addominale);
-
sedentarietà;
-
fumo di sigaretta;
-
stress (propriamente: “distress”, stress eccessivo);
-
alcool (abuso regolare di vino e di tutti i superalcoolici).
Fattori di rischio non modificabili:
-
età (rischio cardiovascolare più alto dopo i 60-65 anni,
tuttavia con incidenza non irrilevante anche in individui, specie uomini,
intorno o sotto ai 40 anni);
-
sesso (in generale, maggiore incidenza del rischio
cardiovascolare fra gli uomini, cui tuttavia fa riscontro un aumento dello
stesso rischio fra le donne in post-menopausa);
-
familiarità (trasmissione di fattori di rischio specifici
e/o di errate abitudini, specie alimentari);
-
malattie cardiovascolari pregresse;
-
diabete mellito.
Marina Palmieri
- Bollettino Cardiologico N. 111, Gennaio-Febbraio 2003
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(articoli, servizi, interviste)
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