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CHIROPRATICA:

UN PREZIOSO AIUTO

PER IL BENESSERE DELLA COLONNA VERTEBRALE

 

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SALUTE / DIVULGAZIONE SCIENTIFICA

 

____DALL’ARCHIVIO DI COMUNICARECOME____

 

CHIROPRATICA:

UN PREZIOSO AIUTO PER IL BENESSERE DELLA COLONNA VERTEBRALE

 

di Marina Palmieri

con intervista al Dr. John G. Williams, presidente dell’A.I.C, Associazione Italiana Chiropratici 

Info Pubblicazioni, Medici del Mondo

 

Lombalgia, ernia del disco e chiropratica - Quando, perché, come mettersi in buone mani”: questo il titolo della conferenza tenutasi il 5 ottobre 2006 al Circolo della Stampa di Milano per fare il punto della situazione sui moderni trattamenti di chiropratica che, sempre più, trovano indicazione in caso di mal di schiena, come pure in caso di dolori causati da ernia del disco. Sono intervenuti all’incontro i seguenti specialisti: dott. Alfredo Biasini, neurochirurgo presso l’Ospedale Fatebenefratelli-Oftalmico di Milano; dr. John G. Williams, Doctor of Chiropractic (USA) e presidente dell’A.I.C., Associazione Italiana Chiropratici; dott.ssa Simona Pasquetto, medico chirurgo e Doctor of Chiropractic; dr. Manuel Marco Mazzini, Doctor of Chiropractic (G.B.); dr. Andrea Clementoni, Doctor of Chiropractic (USA).

Un’occasione, quest’incontro promosso dall’Associazione Italiana Chiropratici, anche per richiamare l’attenzione del largo pubblico sulla specifica formazione accademica necessaria per il conseguimento del titolo di “Doctor of Chiropractic” e per offrire informazioni particolareggiate sul complesso di conoscenze e competenze professionali richieste a questa figura specialistica.

Per inquadrare al meglio l’argomento, iniziamo con una serie di indicazioni che, nel corso della conferenza, sono state fornite dal dottor Alfredo Biasini, neurochirurgo presso l’Ospedale Fatebenefratelli-Oftalmico di Milano, sul tema della lombalgia. A seguire verranno esposti i princìpi di base della chiropratica, l’approccio del chiropratico verso il paziente e alcuni suggerimenti dell’A.I.C. per “mettersi in buone mani”, ossia per accertarsi che il chiropratico al quale ci si rivolge sia in possesso di idoneo titolo professionale. Una sezione apposita è poi dedicata all’intervista che, in occasione della stessa conferenza, ci è stata rilasciata dal Dr. of Chiropractic John G. Williams, presidente dell’Associazione Italiana Chiropratici (A.I.C.), il quale ci ha consentito di entrare ulteriormente “nel vivo” di questa disciplina.

 

 

 

Lombalgia (“mal di schiena”): 7 domande al dottor Alfredo Biasini, specialista in neurochirurgia presso l’Ospedale Fatebenefratelli-Oftalmico di Milano.

 

Perché compare il mal di schiena?

Il mal di schiena ha quasi sempre come prima origine l’indebolimento dei muscoli che sorreggono la colonna vertebrale (rachide), a volte associato al cedimento dei due legamenti (quello longitudinale anteriore e quello longitudinale posteriore) che si estendono dalla zona cervicale alla zona lombare, fasciando le vertebre e i dischi intervertebrati come una guaina di protezione e contenzione. I muscoli della colonna possono essere suddivisi in intrinseci ed estrinseci. I primi sono inseriti nelle vertebre e nei legamenti e formano una sorte di ponte tra un vertebra e l’altra. I secondi collegano la colonna con le altre strutture ossee (testa, scapole, omero, clavicola, costole, bacino, femore).

 

Perché la muscolatura è così importante per il benessere della colonna?

Perché solo se i muscoli sono tonici, forti ed elastici la colonna vertebrale è messa al riparo dall’usura causata dai microtraumi a cui viene sottoposta durante le attività fisiche impegnative (per esempio: sollevare peso, effettuare torsioni brusche, saltare, correre, etc.). inoltre una muscolatura efficiente protegge la colonna dal logoramento indotto dalle posture scorrette, che peraltro la perdita di tonicità dei muscoli favorisce. Se i muscoli sono deboli, allora ogni sforzo fisico e ogni singola pressione ricevuta dalla colonna (anche in seguito a un semplice colpo di tosse) si ripercuotono negativamente sulle strutture ossee, alla lunga danneggiandole. Così è dimostrato che anche la comparsa dell’ernia del disco, oltre ad essere associata al cedimento dei legamenti che rivestono la colonna, è fortemente favorita anche dal generale indebolimento dei muscoli della schiena.

 

Quali fattori indeboliscono la muscolatura della colonna, rendendola inefficiente nel suo compito di sostegno?

Si possono indicare sei grandi responsabili della perdita di tonicità della muscolatura della schiena:

-          le posture scorrette, che obbligano la muscolatura a sostenere uno sforzo innaturale e quindi dannoso per la sua efficienza;

-          lo stress, che provoca una dannosa e costante contrattura dei muscoli;

-          il sovrappeso, che sottopone la muscolatura a un superlavoro logorante, sia in quanto tale sia perché favorisce le posture scorrette;

-          la mancanza di movimento, che da un lato impedisce di scaricare lo stress e dall’altro priva la muscolatura della possibilità di affrontare quell’allenamento indispensabile per la sua tonicità;

-          gli sforzi fisici eccessivi, che sottopongono la muscolatura a un sovraccarico di lavoro che la indebolisce;

-          il fumo di sigaretta, che da un lato contiene sostanze che accelerano i naturali processi degenerativi dei dischi intervertebrali e dall’altro provoca la tosse, durante la quale la colonna viene sollecitata in modo negativo.

 

Che cos’è l’ernia del disco?

L’ernia del disco è la fuoriuscita dalla sua sede naturale del nucleo polposo, contenuto nel disco intervertebrale. Tutte le vertebre che formano il rachide sono costituite da un corpo vertebrale anteriore e da un arco osseo posteriore. Il corpo vertebrale e l’arco posteriore sono collegati dai peduncoli vertebrali. Tra corpo vertebrale, peduncoli e arco posteriore ci sono due spazi, detti “canali foraminali”, da cui fuoriescono le radici nervose, che hanno la funzione di trasferire gli impulsi nervosi dl cervello alla periferia e viceversa. I dischi intervertebrali sono posti tra una vertebra e l’altra e hanno la funzione sia di tenere unite le vertebre sia di ammortizzare le sollecitazioni che la colonna riceve durante il movimento. Al loro interno c’è il nucleo polposo, costituito da tessuto spugnoso e ricco d’acqua, che a sua volta è contenuto in una fibrocartilagine detta “anello fibroso” per la sua caratteristica di essere una struttura lamellare concentrica. Il compito dell’anello fibroso è di tenere ancorato il disco intervertebrale alle sue due vertebre. Quando si forma l’ernia, il nucleo polposo fuoriuscito può comprimere le terminazioni nervose che passano nel canale vertebrale provocando di conseguenza un dolore acuto e intenso che si può irradiare fino ai glutei, alla coscia, alla gamba, al piede.

 

Che relazione c’è tra ernia e indebolimento dei muscoli della schiena?

L’ernia può essere la più diretta conseguenza dei microtraumi che la colonna subisce durante l’attività fisica, in caso di abituale assunzione di posizioni scorrette o in seguito al sollevamento di pesi. Più la muscolatura è tonica e forte, meno effetti negativi producono le sollecitazioni dannose che la colonna riceve. Anche i legamenti della colonna rivestono poi una certa importanza nella comparsa dell’ernia: il loro assottigliamento e indebolimento ostacola infatti il loro compito di contenimento del nucleo polposo entro la sua sede naturale. Le cause del cedimento dei legamenti non sono ancora del tutto chiare, anche se si ipotizza che una simile alterazione sia favorita anche dalla familiarità.

 

Quali cure per l’ernia?

La tendenza più attuale è quella di non intervenire chirurgicamente su tutti i casi di ernia, visto che da un lato è possibile che il nucleo polposo si disidrati in modo spontaneo cessando di esercitare una pressione dolorosa sui nervi spinali e dall’altro l’operazione non sempre è risolutiva completamente, perché l’ernia può riformarsi. L’intervento può essere irrinunciabile solo quando l’ernia provoca deficit neurologici progressivamente più gravi e tali da impedire lo svolgimento delle normali attività quotidiane. In tutti gli altri casi il ricorso all’intervento è considerato opportuno eccezionalmente, cioè nella rara eventualità in cui il dolore si prolunghi nel tempo (almeno sei mesi continuativi) e non si risolva né con l’assunzione di antidolorifici né grazie ad altri interventi conservativi, tra cui la chiropratica.

 

Qual è il ruolo della chiropratica?

La chiropratica appartiene alla categoria degli interventi conservativi. In tutto il mondo occidentale e ora anche in Italia si va delineando come un prezioso aiuto per recuperare l’efficienza funzionale sia in caso di ernia sia per tutte le altre forme di lombalgia.

 

 

 

La chiropratica nei trattamenti di prima opzione delle lombalgie.

Indicazioni dal convegno “Lombalgia ed Ernia del disco - un approccio multi-professionale”(Roma, 30 settembre 2006). Il ruolo dell’A.I.C. anche nella ricerca scientifica della clinica chiropratica.

Un momento importante per illustrare lo stato della chiropratica moderna è stato il recente convegno “Lombalgia ed Ernia del disco - un approccio multi-professionale”, svoltosi lo scorso settembre nella capitale e presieduto da Vincenzo Saraceni e Valter Santilli, professori di medicina fisica e riabilitativa presso l’Università La Sapienza di Roma. Una prima indicazione riguarda il ruolo di primo piano accordato dalla comunità scientifica internazionale alla professione chiropratica nel trattamento di tipo conservativo del mal di schiena. Andrea Clementoni, Doctor of Chiropractic, nella sua relazione esposta durante il convegno ha a tale proposito sottolineato che “gli studi finanziati da agenzie governative in USA, Canada, Gran Bretagna, Svezia, Danimarca, Australia e Nuova Zelanda hanno portato la Comunità scientifica a concludere che la professione chiropratica ha la formazione, gli strumenti e le garanzie di sicurezza per offrire trattamenti di prima opzione riguardo alle lombalgie”.

Prima ancora di entrare nel merito nei princìpi di base della chiropratica moderna, è opportuno ricordare che l’iter di studio che porta alla laurea e quindi al titolo accademico di “Doctor of Chiropractic” è adeguato agli standard indicati dalla Federazione Mondiale di Chiropratica - World Federation of Chiropractic - che ha per interlocutore l’Organizzazione Mondiale delle Sanità. Portavoce ufficiale e rappresentante della professione Chiropratica in Italia è l’A.I.C., Associazione Italiana Chiropratici. L’A.I.C. accetta come soci soltanto i chiropratici che hanno conseguito il diploma di laurea di “Dottori in Chiropratica” e, così come tutte le altre associazioni del mondo riconosciute dalla World Federation of Chiropractic, organizza corsi di aggiornamento post laurea che i chiropratici iscritti sono obbligati a frequentare, pena la perdita della qualifica di soci. L’Associazione Italiana Chiropratici - che fa parte anche dell’European Chiropractors’ Union, organizzazione che dal 1932 rappresenta l’Europa (attualmente con 18 Associazioni Nazionali) presso la World Federation of Chiropractic - promuove non soltanto rapporti di collaborazione tra i chiropratici, ma anche tra gli stessi Doctors of Chiropractic e altri professionisti del settore sanitario, e un ruolo importante lo svolge in particolare nella ricerca scientifica della clinica chiropratica. Un ruolo, questo, oggi sempre più rilevante negli studi scientifici volti a stabilire le opzioni terapeutiche per il trattamento di molti disturbi neuromuscoloscheletrici e che, per l’appunto, ha avuto ulteriori conferme nel corso del recente convegno scientifico dedicato all’approccio multi-professionale nel trattamento di lombalgia ed ernia del disco. Un ruolo, per di più, che oggi vede impegnata la figura del chiropratico anche nella fase di riabilitazione post-operatoria dell’ernia del disco: dopo l’intervento chirurgico di asportazione dell’ernia, trattamenti di chiropratica effettuati con particolare competenza e con adeguamenti particolari della tecnica favorirebbero infatti un più veloce recupero e, soprattutto, possono diminuire il rischio di recidiva, ossia le possibilità che l’ernia stessa si riformi. 

 

Ernia del disco e chiropratica

L’ernia del disco è oggi considerata da gran parte degli specialisti un disturbo da trattare con metodi conservativi. In particolare negli USA, molti medici indirizzano i pazienti con ernia del disco dal chiropratico, al fine di ottenere una riduzione del dolore e di evitare l’intervento chirurgico.

La chiropratica può trovare indicazione anche dopo un eventuale intervento chirurgico di asportazione dell’ernia del disco, sia per favorire il recupero sia per evitare o diminuire il rischio del riformarsi dell’ernia.

 

 

Princìpi di base della Chiropratica. La teoria della triangolo equilatero.

L’approccio del chiropratico e le tecniche di “aggiustamento”.

La chiropratica viene definita una “disciplina olistica” perché considera l’essere umano nella sua interezza, teorizzando che l’equilibrio di una persona sia come un triangolo equilatero, i tre lati del quale rappresentano i tre aspetti fondamentali dell’organismo: biochimico, strutturale e psicologico. L’ipotesi di fondo è che la condizione di salute sia buona solo quando esiste armonia di questi tre aspetti. Diversamente si instaura uno “stato di non equilibrio”, con potenziali malesseri e dolori dovuti proprio all’indebolimento di uno di questi tre aspetti, ovvero al loro stato di disarmonia.

L’intervento di chiropratica consiste innanzitutto nell’identificare le cause che hanno determinato la comparsa del sintomo. Identificate le cause, la chiropratica agisce a scopo correttivo sul sistema neuro-muscolo-scheletrico, sollecitando la capacità innata dell’organismo di ritornare in condizioni di equilibrio. In questo senso la chiropratica può essere definita un sistema di cura non delle malattie, ma, invece, degli equilibri della persona, intesa come un unicum in cui tutte le funzioni sono strettamente collegate fra loro.

Le tecniche manuali adottate dal chiropratico, che di volta in volta le seleziona in base al singolo caso specifico, mirano a risolvere la “sublussazione”, ossia l’interferenza neuro-fisiologica che esplica un effetto negativo sull’equilibrio e sulla forza vitale dell’organismo. Gli “aggiustamenti”, così come vengono definite le tecniche manuali del chiropratico, non sono dolorosi e vengono in genere effettuati su punti specifici della colonna vertebrale. Le tecniche di aggiustamento sono numerose e vanno dallo sfioramento leggero a pressioni più o meno moderate. Non espongono, infine, a particolari rischi; possono però essere controindicate in caso di fratture recenti e di tumori ossei.

L’approccio del chiropratico si articola in tre fasi:

-          l’anamnesi, ossia la raccolta di informazioni sul paziente a partire dalla sua nascita (malattie, interventi chirurgici, farmaci assunti, eventi traumatici per la psiche);

-          la valutazione, consistente nella presa in visione di eventuali indagini strumentali effettuate sull’apparato osteomuscoloscheletrico del paziente (per esempio radiografie, risonanza magnetica, Tac, ecografie);

-          l’indagine fisica, che consiste in un accurato controllo dell’atteggiamento posturale e della colonna vertebrale, le cui eventuali anomalie di struttura possono influenzare o essere causa del problema riscontrato nel paziente. A tale riguardo è importate ricordare che i dottori in chiropratica studiano per anni la “palpazione dinamica”, ossia l’esame delle strutture del corpo attraverso il tatto e il movimento.

 

 

 

Il titolo di “Doctor of Chiropractic”. Come accertarsi che il chiropratico sia in possesso del titolo di laurea specifico. 800017806: il Numero Verde dell’Associazione Italiana Chiropratici.

Il titolo di studio specifico che abilita a effettuare l’assistenza chiropratica è quello di “Doctor of Chiropractic”. Questo titolo di laurea è adeguato agli standard indicati dalla Federazione Mondiale di Chiropratica - la World Federation of Chiropractic, che ha per interlocutore l’Organizzazione Mondiale della Sanità - e può essere conseguito nei colleges di vari Paesi del mondo occidentale, in particolare negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Franca, in Canada, in Nuova Zelanda; attualmente invece non può essere conseguito in Italia, non esistendo ancora nel nostro Paese un iter di studio mirato all’esercizio della professione di chiropratico.

Quando dunque ci si rivolge a un chiropratico è importante accertarsi che questi sia in possesso del titolo specifico. Portavoce ufficiale della professione Chiropratica in Italia è l’A.I.C. - Associazione Italiana Chiropratici - che come già ricordato è rappresentante nel nostro Paese della Federazione Mondiale di Chiropratica. L’Associazione Italiana Chiropratici accetta come soci solo i chiropratici che hanno conseguito il diploma di laurea di “Dottori in Chiropratica” e per gli stessi soci organizza corsi di aggiornamento post-laurea che i chiropratici iscritti devono obbligatoriamente frequentare. Proprio in quanto ammette al suo interno soltanto chiropratici laureati, l’A.I.C. assicura ai cittadini italiani di poter beneficiare dei servizi di chiropratici qualificati. I chiropratici associati all’A.I.C., è altresì opportuno sottolinearlo, sono in vari casi anche medici-chirurghi, ossia laureati in Italia in medicina e chirurgia e in possesso appunto del titolo di laurea di Doctor of Chiropractic conseguito all’estero.

Per accertarsi che il chiropratico al quale ci si rivolge sia in possesso del titolo di “Doctor of Chiropractic”, ci si può rivolgere al Numero Verde dell’A.I.C.: 800017806. L’operatore di questo servizio fornisce infatti nomi e indirizzi dei chiropratici associati. Rivolgendosi allo stesso Numero Verde dell’A.I.C. si possono ottenere anche informazioni sugli scopi e sull’efficacia della chiropratica, nonché indicazioni sui colleges riconosciuti in cui è possibile laurearsi.

Il sito Internet dell’Associazione Italiana Chiropratici è: www.associazionechiropratici.it

 

 

 “Invito alla prova” e informazioni su come difendersi da chi si improvvisa chiropratico.

La “settimana della chiropratica”.

Un invito alla prova per offrire un controllo gratuito a chi soffre di mal di schiena, ma anche informazioni particolareggiate su come, dove e presso quali operatori è possibile rivolgersi per ottenere trattamenti di chiropratica qualificati: questi gli scopi della “settimana della chiropratica”, giunta nel novembre 2006 alla sua seconda edizione. Quest’iniziativa periodica vede coinvolti i chiropratici associati all’A.I.C., Associazione Italiana Chiropratici, e consente ai cittadini di tutto il territorio nazionale italiano anche di ottenere informazioni particolareggiate su metodica, indicazioni e effetti della chiropratica. Tutte le indicazioni vengono fornite al Numero Verde 800017806. Nell’edizione appena trascorsa, hanno fornito consulti gratuiti la dr.ssa Simona Pasquetto e il dr. Stefano Maioli, entrambi laureati in medicina e chirurgia in Italia e in possesso del titolo di Doctor of Chiropractic. Un’iniziativa di rilievo, quella della “settimana della chiropratica”, sia per diffondere una corretta conoscenza di questa disciplina, sia per difendere l’utente da chi si improvvisa chiropratico senza averne la qualifica.

 

 

 

L’intervista al Dr. John G. Williams,

presidente dell’Associazione Italiana Chiropratici (A.I.C.)

 

 

Dr. Williams, come si colloca la disciplina chiropratica professionale nell’ambito delle tecniche di manipolazione? E quali sono gli elementi più importanti che caratterizzano il vostro approccio verso i pazienti?

È importante tenere presente che sulle tecniche di manipolazione c’è tutto un “mercato” che viene praticato da varie figure. Ma la chiropratica - la chiropratica professionale effettuata dalla figura del “Doctor of Chiropractic” - non è sinonimo di manipolazione, pur essendo l’atto manipolativo un momento importante del trattamento di chiropratica, ma non certo l’unico.

Particolarmente importante, nell’esercizio della nostra professione, è soprattutto l’approccio valutativo. Noi chiropratici prendiamo in considerazione non soltanto il sintomo, sintomo che per noi rappresenta infatti un aspetto incidentale del problema e, in ogni caso, un elemento particolarmente importante perché la sua presenza indica che ci sono problemi, che noi come chiropratici dobbiamo trovare (e proprio in questo senso consideriamo “positiva” la presenza dei sintomi). Ciò su cui focalizziamo la nostra attenzione, nell’approccio al paziente, è soprattutto l’individuazione delle cause del suo disturbo. E le cause sono sempre più di una: si trovano nello stile di vita, nell’ambiente di lavoro (è il caso soprattutto delle posture scorrette mantenute per più ore e dovute per esempio a piani di lavoro non posizionati in maniera ergonomica), nella ripetitività di certi movimenti, nella scarsa attività fisica. L’insufficienza di attività fisica, in particolare, è un aspetto che si rivela progressivamente più importante con l’avanzamento dell’età. Spesso quando si arriva a una certa età si smette di esercitare attività fisica, e questo costituisce un fattore negativo per l’apparato neuro-muscolo-scheletrico, che infatti proprio a causa di un carente esercizio fisico finisce per presentare, a carico delle articolazioni e delle angolature muscolari, dei problemi che poi possono arrecare dolori alla schiena cronici e, spesso, determinare danni alla colonna vertebrale, quali artrosi o discopatie.

 

 

Per di più risulterebbe che la persona che soffra di particolari disturbi muscolo-scheletrici tenda ad assumere posture che (pur consentendole di alleviare momentaneamente il dolore) in realtà costituiscono ulteriori elementi di scompensazione..

Sì, questo accade frequentemente nei pazienti che soffrono di dolori alla schiena, e ciò aggrava sensibilmente una situazione di scompensazione a livello neuro-muscolo-scheletrico che spesso diventa degenerativa.

 

 

Nella vostra valutazione dell’apparato osteomuscoloscheletrico del paziente, che ruolo riveste la presa in visione delle eventuali indagini strumentali, come ad esempio le radiografie?

Dal nostro punto di vista, la presa in visione di eventuali indagini strumentali (come per l’appunto le radiografie) è sì importante, ma non in tutti i casi è assolutamente necessaria per giungere a una corretta indagine delle anomalie delle strutture del corpo. Però, quando si lavora in regime di convenzione con il sistema sanitario nazionale, è obbligatoriamente previsto che il paziente si sottoponga previamente a esami radiologici e altri tipi di esami strumentali e li presenti poi al chiropratico, per l’opportuna valutazione. Questo, per l’appunto, quanto imposto in regime di convenzione, ma, ripeto, ci sono dei casi nei quali si potrebbe non insistere con indagini di tipo strumentale.

 

 

Si dice che il bravo “diagnosta” riesca a capire la natura del disturbo di un paziente già solo osservando il suo atteggiamento posturale, il suo modo di camminare. È così, nel caso di voi chiropratici?

Sì, e infatti questa fase di osservazione è tanto parte integrante del nostro approccio al paziente che ormai, almeno per quanto mi riguarda, ho sviluppato anche nel tempo libero l’abitudine di guardare i difetti della gente, ossia le posture scorrette e i modi col quale l’organismo cerca di compensare le eventuali alterazioni della sua struttura ossea o muscolare. Nello specifico della professione, l’attenzione che il chiropratico dedica all’osservazione del paziente, in particolare ai problemi di asimmetria e di scompensazione che presenta la sua struttura muscolo-scheletrica, è una fase molto importante dell’approccio al paziente: una fase che favorisce una migliore comprensione del sistema biomeccanico globalmente considerato, compresi i biomeccanismi remoti.

 

 

Quanto ancora agli “adattamenti” coi quali l’organismo cerca di ristabilire le condizioni di equilibrio, è vero che la causa di un problema che si presenta a carico di un tratto della struttura neuro-muscolo-scheletrica può risiedere in un’anomalia di un tratto anche molto distante della stessa struttura? Per esempio, assumere che un problema di mal di schiena possa derivare da un problema di masticazione, dovuto a sua volta a un’alterazione dell’arcata dentale, può essere un’ipotesi verosimile?

Sì, perché quando parliamo della schiena parliamo di un sistema biomeccanico globale, e la colonna vertebrale è fatta anche di dischi intervertebrali che, in qualche modo, rappresentano un piccolo “sistema idraulico” che deve adattarsi (mettendo in atto gli “adattamenti” coi quali ricerca una condizione di equilibrio) e deve facilitare e effettuare certi movimenti.

 

 

E l’ernia del disco? Come viene considerata in questa visione biomeccanica globale?

Innanzi tutto, il fatto che in certe condizioni il disco si occluda costituisce un normale biomeccanismo che l’organismo mette in atto per ridurre le tensioni delle meningi. Detto questo, è importante sottolineare che la biomeccanica del disco intervertebrale viene influenzata anche da biomeccaniche remote che interessano l’organismo nel suo complesso. Il problema dell’ernia del disco implica pertanto una valutazione che interessa non soltanto la struttura del disco di per sé considerata, ma anche varie interazioni di natura biochimica (fra le quali, solo per rammentarne alcune, quelle che riguardano la nutrizione e l’inquinamento), a loro volta influenzate da carichi di stress subìti dalla colonna vertebrale. Questo tipo di valutazione, nell’approccio del chiropratico, si ricollega al principio di “stato di equilibrio” tra i tre aspetti fondamentali dell’organismo: biochimico, strutturale e psicologico. Quando uno di questi aspetti si indebolisce, la disarmonia ovvero il disequilibrio che ne consegue comporta dolori, malesseri, fino a propri e veri disturbi. È la teoria del “triangolo equilatero”, i tre lati del quale – lati che rappresentano appunto i tre aspetti fondamentali dell’organismo – devono mantenersi in equilibrio fra loro, affinché la persona resti in buone condizioni di salute. Anche nel caso dell’ernia del disco, quindi, si tratta di un problema che deve essere considerato nel complesso delle molteplici interazioni che intervengono nell’organismo: interazioni che interessano l’aspetto biochimico, l’aspetto strutturale e l’aspetto psicologico della persona.

 

 

Stress e schiena: può tanto forte essere uno stress fino a contribuire all’insorgenza di fastidiose lombalgie, o di veri e propri danni a carico della schiena?

La mente può generare uno stress che, specie se molto intenso, può avere un’influenza notevole sugli altri aspetti dell’organismo, ossia sull’aspetto strutturale e sull’aspetto biochimico che, sempre nella teoria chiropratica del “triangolo equilatero”, rappresentano con quello psicologico i tre aspetti fondamentali dell’organismo. Ciò può ingenerare problemi a carico della schiena, quali malesseri e dolori anche prolungati nel tempo, fino all’insorgenza - come già ricordato a proposito dell’ernia del disco - di danni importanti a carico della colonna. In altre parole, anche la schiena ha il suo stress: stress che può essere non soltanto di tipo strutturale, ma anche di tipo emozionale e psichico, dunque derivato dall’aspetto psicologico dell’individuo. Quello che a tale proposito è importante sottolineare, e che ci viene confermato nell’esercizio della professione di chiropratici, è che molto spesso quando si correggono i problemi fisici si ottiene anche un distinto benessere comportamentale della persona.

(Tipiche conseguenze, sulla schiena, di uno stress forte e/o prolungato sono per esempio la contrattura dei muscoli e certe posture scorrette caratterizzate da “ripiegamento” sulla schiena stessa – n.d.a.)

 

 

Dopo un certo numero di sedute o cicli di chiropratica è verosimile che il problema del paziente possa risolversi in maniera stabile? E quanto conta la risposta individuale del paziente stesso, considerando che la capacità di attenzione sui “segnali” inviati dal corpo può variare in maniera considerevole da soggetto a soggetto?

I risultati non dipendono dal numero di sedute o di cicli di trattamento, né è possibile affermare che il chiropratico abbia tutte le responsabilità nel processo di cura del paziente. Noi come chiropratici dobbiamo identificare le diverse problematiche che portano allo sconforto sintomatico accusato dal paziente, e lo scopo del nostro lavoro è consentire al paziente stesso di riconoscere quello che di sbagliato, di non corretto, sta facendo nella vita, in modo che mettendo in atto comportamenti adeguati possa correggere il sistema strutturale, il sistema chimico e il sistema psichico, per ritrovarsi in una posizione di salute, di omeostasi. Questo significa anche che se noi eseguiamo il trattamento e però il paziente continua nei comportamenti e negli atteggiamenti posturali scorretti (per es. continua a non piegare le gambe nel prendere un peso, e così via) prima o poi saltano fuori di nuovo le sintomatologie. Anche il paziente, quindi, ha le sue responsabilità; noi chiropratici ci occupiamo delle parti passive del trattamento, il paziente deve metterne in atto le parti attive nella sua vita di ogni giorno, consolidando così con comportamenti e stili di vita corretti i risultati ottenuti con il lavoro del chiropratico. La durata dei trattamenti, in definitiva, viene stabilita strada facendo e dipende anche dalla collaborazione del paziente.

 

 

Infine, dottor Williams, come vi comportate con il paziente che, durante il trattamento di chiropratica, presentasse il bisogno anche di altri tipi di trattamento? Come, per esempio, riconoscere da un determinato sintomo che il paziente può probabilmente necessitare di un trattamento farmacologico?

Questo richiede al chiropratico una buona conoscenza del modo in cui il paziente si rapporta al sintomo e, cosa altrettanto importante, richiede una valida collaborazione con le altre figure che gestiscono il paziente. Ci sono pazienti che, mentre si cerca di risolvere i problemi legati al sintomo, resistono bene al sintomo stesso, altri invece no. Dunque è importante che vi sia una proficua collaborazione tra il chiropratico e gli altri professionisti sanitari, specialmente con il medico di base, che - io ritengo - è la persona che dovrebbe sempre gestire i pazienti completamente. Quindi noi chiropratici eseguiamo il nostro intervento, però è il medico di base colui che conosce meglio il paziente.

 

 

 

RIFERIMENTI UTILI:

A.I.C., Associazione Italiana Chiropratici

Segreteria: Via Brigata Liguria, 1/20 - 16121 Genova

Tel.: 010.55.33.036

Fax: 010.58.48.607

Numero Verde: 800.017.806

E.mail: a_i_c@iol.it

 

 

Sito Internet: www.chiropratica.it

 

 

Marina Palmieri

 

 

 

 

 

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Info Pubblicazioni:

- Bollettino Cardiologico N. 148, Marzo 2007

 

 

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