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SINDROME DEL COLON IRRITABILE
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SALUTE / DIVULGAZIONE SCIENTIFICA
____DALL’ARCHIVIO DI COMUNICARECOME____
Un disturbo dell'intestino molto fastidioso, un problema molto diffuso.
Ampiamente confermato il ruolo di stress e ansia nello sviluppo della sindrome.
In questo spazio trattiamo stavolta di un disturbo
che rappresenta il problema gastroenterico per il quale più spesso si ricorre
all'aiuto del medico: la "sindrome dell'intestino irritabile", ovvero
IBS (da " Irritable Bowel Syndrome").
Noto ancor più come "sindrome del colon
irritabile", questo disturbo è stimato essere al primo posto, con una
percentuale che si aggira sul 70%-80%, fra le malattie dell'apparato
gastroenterico più lamentate. La sintomatologia prevalente della IBS è in
genere contrassegnata da dolore addominale di tipo colico, distensione addominale,
flatulenza, alternanza di stipsi e diarrea.
È un problema, come vedremo, non facilmente
diagnosticabile giacché molti dei suoi sintomi sono in comune con quelli di
varie altre patologie che interessano l'intestino e che costituisce, per chi ne
è affetto, motivo di sicuro disagio anche nell'ambito della vita sociale.
Importante, nell'ambito del quadro eziologico, il ruolo che nello sviluppo e nell'evoluzione dell'IBS svolgerebbe il fattore dello stress psicologico: un ruolo che, anche alla luce delle conferme scientifiche degli ultimi anni sugli stretti legami fra cervello e intestino, getta nuova luce sulle possibilità di affrontare e curare questo fastidioso e quanto mai diffuso problema.
IBS: una sintomatologia complessa.
La
sindrome del colon irritabile viene definita un disturbo
"funzionale", ossia un disturbo dovuto a un'alterazione del
funzionamento dell'intestino. Tale alterazione funzionale colpisce, per
l'appunto, il colon (la parte dell'intestino prima del retto), che si contrae
più frequentemente e più violentemente del normale.
I
sintomi più tipici della sindrome del colon irritabile sono:
-
dolore
addominale fluttuante e ricorrente, con esacerbazione di secondi o minuti
(dolore quindi di tipo colico), in genere di natura crampiforme; lo stesso dolore
è spesso riferito alla parte inferiore sinistra dell'addome in corrispondenza
della regione del sigma (la quarta porzione del colon, cioè il tratto ad
"S" del colon che collega il colon discendente al retto) e in genere
scompare con l'emissione di feci e/o gas;
-
meteorismo,
ossia gonfiore addominale dovuto a gas contenuti nell'intestino (l'eccesso di
gas intestinali può anche causare iperdistensione dei visceri, con conseguente
peggioramento generale della sindrome);
-
eccessiva
flatulenza;
-
stipsi
e/o diarrea, spesso alternate fra loro.
A
tali sintomi, che rappresentano quelli più caratteristici della IBS e
l'intensità dei quali può risultare anche sensibilmente variabile da soggetto a
soggetto, si accompagnano spesso sintomi secondari ma altrettanto fastidiosi
quali: nausea, alitosi, stanchezza e facile affaticamento anche di tipo
mentale. Talvolta vengono poi accusati anche sintomi riferibili al tratto
urinario, come pure mal di schiena, bruciori restrosternali e palpitazioni
cardiache. In un certo numero di casi la sintomatologia della IBS comprende
anche emissione di muco con le feci (nel quale caso si parla di colite mucosa).
Le cause più comuni: alimentazione errata e stress.
La
sindrome del colon irritabile è un disturbo assai comune, rappresentando
infatti nella pratica medica la malattia dell'apparato gastroenterico più
frequente. Le più colpite sarebbero le donne, con un esordio del disturbo nella
fascia d'età compresa fra i 20 e i 30 anni. L'alimentazione errata è ritenuta
una delle cause principali della sindrome del colon irritabile. Altro fattore
di primo piano nella IBS sarebbe lo stress emotivo - stress che per l'appunto
somatizzerebbe nel colon, suo "organo bersaglio" - quando protratto
nel tempo e quando superata la soglia di tolleranza psicofisica individuale.
L'importanza dei disturbi dell'umore nella sindrome del colon irritabile è uno
dei risultati su cui concordano le varie ricerche di settore, che a tale
proposito indicano un netto aumento dell'incidenza della sindrome stessa in individui
con disturbi di ansia, paranoia, attacchi di panico; i pazienti che presentano
questi e altri simili disturbi dell'umore costituirebbero ben il 70% circa del
totale dei casi IBS. (Sull'argomento vd. avanti: IBS e stress).
Fra
gli altri fattori ritenuti responsabili, come cause o concause, della sindrome
del colon irritabile, un posto importante avrebbero l'abuso di alcool e l'abuso
di farmaci.
Problemi di identificazione della IBS. Terapia su più fronti.
Come
si è visto, quella della IBS è una sintomatologia complessa, e per di più una
sintomatologia che può presentare molti aspetti in comune sia con malattie
infiammatorie croniche dell'intestino (morbo di Crohn e colite ulcerosa), sia
con più gravi malattie organiche. Ciò pone al medico un problema di
identificazione della malattia e quindi la necessità, per quanto già detto, di
formulare una diagnosi basandosi sui criteri di esclusione di altre malattie
più gravi (incluse quelle tumorali), ovvero, specie nel caso di pazienti non
più giovani e comunque senza una storia tipica di colon irritabile, di inviare
il paziente stesso ad alcune indagini di laboratorio ed eventualmente ad esami
strumentali particolari, come ad esempio la colonscopia e il clisma opaco.
Una
volta formulata la diagnosi, la terapia della IBS si incentra generalmente su
tre elementi:
dieta
appropriata (esclusione di alcuni elementi che possono esacerbare i sintomi e,
qualora predomini la stipsi, supplementazione con fibre alimentari per il loro
effetto di aumentare la massa fecale e quindi la frequenza delle evacuazioni);
supporto
psicologico (in molti casi, come
riferito in letteratura, si ottiene un miglioramento semplicemente con una
tranquilla spiegazione della natura dei meccanismi del disturbo e, quindi,
rassicurando il paziente stesso; in casi più complessi può invece rendersi
necessario un supporto psicoterapeutico);
farmaci
antispastici di varia natura (farmaci che agiscono contro le manifestazioni
spasmotiche, quali crampi, spasmi, convulsioni, e che per l'appunto trovano
spesso indicazione nel trattamento del dolore da IBS), eventualmente associati
a blandi tranquillanti e, in alcuni casi, ad antidepressivi; in presenza di
seri problemi di diarrea - turba intestinale che, specie se protratta, può
provocare sindromi di malassorbimento e peggiorare lo stato di stanchezza e
facile affaticamento - può essere necessaria l'assunzione di antidiarroici
(difenoxilato, difenossina, loperamide).
IBS e Alimentazione
La terapia alimentare della IBS prevede in genere l'esclusione di alcuni particolari cibi e gruppi di cibi dei quali è noto il loro effetto di peggioramento sui sintomi della sindrome stessa, e in particolare sui sintomi rappresentati da flatulenza.
IBS / Cibi da evitare e/o da consumare con molta prudenza (*) =
cibi con potenziale flatulogenico molto forte latte
e derivati del latte (*) (in particolare: pecorino, parmigiano, gorgonzola) salami,
carni affumicate molluschi,
crostacei sottaceti fagioli
(*), lenticchie (*), ceci (*) insalata
cruda, cetrioli, cavoletti di Bruxelles (*), cavoli (*), melanzane cipolle
(*), aglio (*), sedano (*), zucca, funghi noci
e nocciole, fragole, agrumi, albicocche (*), banane (*) dolci
grassi ed elaborati (es. torte, briosches, bignè, etc.) caffè,
cioccolata, tè, alcoolici/superacoolici |
Per
ciò che riguarda, in particolare, l'esclusione del latte, va sottolineato che
un'alta percentuale (stimata attorno all'80%) dei pazienti con sindrome del
colon irritabile sarebbe costituita da soggetti con intolleranza alle proteine
del latte. A tale intolleranza sarebbe largamente riconducibile, secondo gli
specialisti, la sintomatologia dolorosa e diarroica che accompagna la sindrome
stessa. Di norma, quindi, la terapia dietetica per la cura dell'IBS esclude il
consumo del latte stesso, come pure di latticini e formaggi. Si ricorda che
l'intolleranza alle proteine del latte può essere rilevata tramite il test di
tolleranza al lattosio. In ogni caso, l'osservazione empirica - fatta già dal
paziente - dei sintomi IBS legati all'assunzione di latte e latticini, ossia
l'osservazione dei sintomi legati all'entità e alla frequenza del consumo
dell'alimento in questione, potrà sicuramente essere un'informazione importante
da sottoporre alla valutazione del medico.
Per
quanto riguarda l'altro disturbo della defecazione tipico della IBS e cioè la
stipsi (disturbo che, come già ricordato, nello stesso soggetto con IBS può
anche alternarsi periodicamente al sintomo della diarrea) la terapia dietetica
include spesso nell'alimentazione quotidiana un aumento dell'apporto di fibre,
sia tramite i cibi stessi, sia sotto forma di crusca. Effetto indesiderato di
una dieta ad alto contenuto di fibre può essere però la flatulenza, effetto che
in vari casi può scomparire o diminuire spontaneamente dopo pochi giorni, ma che
richiede comunque un'attenta osservazione da parte dello specialista ai fini
della valutazione dei tempi di prosecuzione della dieta stessa.
Una
raccomandazione dietetica generale in caso di IBS è l'esclusione di cibi fritti
e la moderazione del consumo di cibi grassi, per non sottoporre a eccessivo
lavoro la muscolatura intestinale. Altresì da evitare, o da consumare con
estrema cautela, sono tutte le bevande a potenziale irritativo sull'intestino,
quali - come sopra indicato - il caffè, il vino e soprattutto i superalcolici.
Quanto,
infine, all'‘alimento’ acqua, va ricordato che diversi studi (fra i quali un
recente studio del Prof. G. Nappi, Direttore Centro Studi e Ricerche di
Medicina Termale - Cattedra di Terapia e Medicina Termale dell'Università degli
Studi di Milano) confermano l'efficacia della idropinoterapia
bicarbonato-calcica nella cura della IBS nella varietà con stipsi.
Miglioramenti significativi dei parametri clinici e sintomatologici della IBS
si avrebbero già dopo cicli di cura idropinoterapica di circa due settimane e,
in particolare, sfruttando in modo sinergico l'assunzione di acque
bicarbonato-calciche e le risorse climatiche dei relativi luoghi termali.
IBS e stress
Per
quanto riguarda lo stress, è interessare notare che mentre fino a pochi anni fa
l'importanza di questo fattore nello sviluppo della IBS era desunta,
fondamentalmente, dal fatto che da numerosi studi fosse emersa una
significativa percentuale di pazienti IBS più ansiosi rispetto alla popolazione
generale - fatto che però in letteratura non assumeva prova consistente che
l'IBS potesse essere considerato una malattia psicogena - oggi l'importanza
dello stesso fattore nello sviluppo della IBS è ampiamente avvallata da
importanti ricerche che confermano la stretta interrelazione esistente fra
cervello e intestino. Cervello e intestino che, come sottolineato dal Dr.
Michael Gershon, autore di una decisiva ricerca in questo campo e dell'ormai
celeberimmo "The Second Brain" ("Il secondo cervello"),
sarebbero, propriamente, i due cervelli dell'essere umano. Con un lavoro di
circa trent'anni dedicato all'indagine di molte malattie gastrointestinali, fra
le quali la gastroenterite e, per l'appunto, la sindrome del colon irritabile,
il Dr. Gershon - direttore del Dipartimento di Anatomia e Biologia Cellulare al
Columbia University's College of Physicians and Surgeons presso il
Columbia-Presbyterian Medical Center della città di New York - è giunto infine
alla scoperta che le cellule nervose dell'intestino agiscono come un cervello e
che i "due cervelli", quello della testa e quello dell'intestino,
cooperano strettamente fra loro.
Una
prima conferma di tale stretta correlazione venne inizialmente fornita dal
neurobiologo statunitense sulla base della spiegazione che la serotonina, sostanza
già nota come importante regolatore dell'umore nel cervello, funziona anche
come neurotrasmettitore nell'intestino, intestino dove viene prodotto più del
95% della serotonina fornita all'organismo.
Proseguendo
nella sua ricerca, il dr. Gershon è poi approdato alla conclusione che
l'intestino, con le sue centinaia di milioni di cellule nervose, è il solo
organo capace di mediare i riflessi in completa assenza di stimoli dal
cervello. Rimandando all'opera summenzionata (1) il lettore che volesse approfondire
la conoscenza degli affascinanti meccanismi del "secondo cervello",
ci basti qui, nell'economia dell'argomento trattato, far notare che la scoperta
delle complesse funzioni del sistema nervoso enterico ha avuto il merito di
mettere completamente in luce l'importanza di quel nesso privilegiato, qual è
quello fra stress e disfunzione intestinale, laddove indica nell'intestino non
solo una importantissima centrale di elaborazione e di "smistamento"
di informazioni (circa il 90%) dirette al 'primo cervello', cioè alla testa, ma
anche l'organo che percepisce gran parte delle emozioni di carattere più
profondo, più inconscio.
Nella
stessa direzione i risultati del lavoro diretto dal Dr. Svein Blomhoff del
National Hospital di Oslo e pubblicati di recente sull'importante rivista di
settore "Digestive Diseases and Sciences" (2). Il lavoro del Dr.
Blomhoff e della sua équipe è stato articolato in due ricerche che hanno messo
a confronto due gruppi di pazienti (pazienti IBS con disordini fobici legati a
stress e ansietà, e pazienti IBS con normale controllo sulla sfera
dell'emotività) ed ha compreso un'indagine di monitoraggio sugli stessi tramite
elettroencefalogramma, al fine di valutare l'entità della risposta
"emozionale" a parole e toni ad alto potenziale di ansia e stress. I
risultati di tale indagine hanno confermato ampiamente l'ipotesi di partenza
sulla stretta correlazione fra problemi dell'umore e sindrome del colon
irritabile. Il lavoro complessivo compiuto nell'ospedale norvegese ha
costituito quindi, a detta degli stessi ricercatori, la dimostrazione che
esiste una stretta interazione tra mente, cervello e intestino, e che la
motilità intestinale può essere un indicatore dinamico del livello di stress o
dello stato emotivo.
Considerazioni
Le
implicazioni di questa direzione di ricerche nell'ambito clinico delle malattie
gastrointestinali e, in particolare, della IBS (sindrome nella quale, come già
detto, gli esperti avevano da sempre sospettato una forte componente ansiogena)
sono ovviamente molteplici, e anche piuttosto complesse. Innanzi tutto, qualora
rilevata in un soggetto con IBS una netta e diretta relazione fra stress e
sviluppo e/o peggioramento del disturbo stesso, di che tipo di stress dovrebbe
trattarsi? Non certo solo di stress da semplice 'sovraccarico mentale',
evidentemente, poiché come le varie ricerche sul 'cervello addominale' hanno
indicato, in causa sarebbero sensazioni tanto profonde da non affiorare a
livello conscio. Altra importante implicazione riguarda sicuramente i farmaci:
in quale misura potrebbero continuare a trovare indicazione gli attuali
antispasmodici o, nel caso, gli eventuali tranquillanti o gli antidepressivi? E
in particolare, stante il circolo vizioso dei riflessi fra cervello
dell'intestino e cervello della testa, quali nuove combinazioni - nello stesso
medicinale - di sostanze farmacologiche si andrebbero prospettando per la cura
della IBS, e con quali rischio di effetti indesiderati sull'uno o l'altro dei
"due cervelli"?
Questi
alcuni degli interrogativi che scaturiscono dai nuovi approdi di ricerca su
quel problema, diffuso e quanto mai fastidioso, che è appunto la sindrome del
colon irritabile.
Ma più di tutto, naturalmente, sorge spontaneo un interrogativo da parte dei tanti che sono direttamente colpiti dal disturbo IBS a causa - o anche a causa - di stress e ansia, problemi che com'è noto insorgono spesso come reazione individuale a ritmi di vita troppo pressanti, ritmi purtroppo che difficilmente o solo in parte (almeno nella gran parte dei casi) possono essere cambiati. E l'interrogativo è verosimilmente il seguente: cosa fare per tenere sotto controllo la propria sfera emotiva, prima che stress e ansia finiscano col somatizzarsi in modo tanto fastidioso? La risposta, se una risposta univoca a tale domanda può mai davvero esistere, è chiaramente di una complessità enorme, e per definirla ciascuno di noi dovrebbe evidentemente avere la capacità di mettere in controluce il proprio stesso modo di essere, il proprio modo di relazionarsi agli altri e a tutto l'ambiente, e soprattutto il modo di elaborare costruttivamente i molteplici stimoli esterni, e non in modo autolesionistico (sul piano psichico e, alla lunga, anche su quello fisico). Intanto, pur nella consapevolezza della (giusta) invalicabilità della sfera privata entro la quale, soltanto, la risposta può trovare una sua definizione personale, ed entro la quale, nello specifico, ciascuno può cercare e tentare nuove soluzioni per non creare attriti tanto dolorosi fra "primo" e "secondo" cervello, una crescente parte del mondo della medicina sembra parlare al paziente un linguaggio nuovo: un linguaggio che sempre più sembra indirizzarsi anche a ciò che fino a ieri era il "non detto" o il "non dicibile" della malattia, e cioè alla sfera delle emozioni, degli stati d'animo, dei molti umori che fanno l'essere umano e che tanta influenza hanno sul suo stato di benessere generale; un linguaggio che non viene meno al rigore scientifico (prove, conferme, dimostrazioni) ma che con serena disinvoltura sa anche indicare al paziente nuovi spazi per una prevenzione responsabile nella quale trovano posto, proprio e soprattutto come nel caso di molte nuove indicazioni di cura della sindrome qui trattata, parole come "supporto psicologico", parole come tecniche "dolci", come "pratiche di rilassamento" (yoga, massaggi, biofeedback, etc.). Un linguaggio, in definitiva, che si estende in più direzioni e che, proprio come i tanti e affascinanti studi che sempre più si avvicendano su quella sindrome che si sviluppa fra i meandri e le oscurità dei visceri umani (mettendo in luce di quella parte del nostro corpo una capacità sensoriale, percettiva, "pensante" che fino a ieri sarebbe parsa inaudita), si arricchisce di un nuovo valore nell'indicare, dietro vocaboli e termini fino a ieri inusitati, una strada dove la figura del medico dà prova di una più ampia attenzione per l'essere umano globalmente considerato.
Riferimenti bibliografici:
Michael D. Gershon, The second brain, Harper Collins, New York 1998.
Digestive Diseases and Sciences, giugno 2000;45:1153-1165.
Marina Palmieri
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- Bollettino Cardiologico N. 98, Luglio-Agosto 2001
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