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Fumetti tra noi
Inutile nascondercelo: i fumetti piacciono anche ai grandi, eccome. E non pochi adulti acquistano normalmente, magari assieme al quotidiano o al magazine, una copia di “Topolino” (un classico, dal 1928). L’altro giorno ho scoperto che una nuova collana di libri – li pubblica una prestigiosa casa editrice – utilizza tavole di fumetti per spiegare le scoperte e il pensiero di personaggi come Galileo, Einstein, Rousseau, etc.: “Bel colpo!” – mi è sfuggito – “cosa non si fa per conquistare i lettori più pigri e recalcitranti!” (ma il libraio ha precisato che quei libri vengono utilizzati, magari per una “ripassata”, anche da clienti colti).
Qual è, allora, il segreto dell’inossidabile successo del fumetto? Facciamo qualche passo indietro. Come genere della cultura di massa, il fumetto nasce con “Yellow Kid” e le vignette di un certo Outcalt sul “New York World” nel 1895. Da allora in poi è tutto un pullulare di Bibì e Bibò, Fortunello, Little Nemo, Arcibaldo e Petronilla, Braccio di Ferro, Felix. Memorabili le creature nostrane de “Il Signor Bonaventura” (con, fra una rima e l’altra, l’immancabile “Milione”) e “Sor Pampurio” che dagli anni ’20 compaiono sul Corriere dei Piccoli: svagate, fra il candido e l’avveduto ma sempre bonarie e attente ai piccoli-grandi sogni dell’Italia di allora. Negli stessi anni nascono Tarzan, Flash Gordon, Mandrake, Dick Tracy, Mickey Mouse, Superman, Batman: eroi pronti a lottare, chi nelle foreste chi nelle metropoli, contro l’ingiustizia e il mondo del crimine. Per il genere western, arrivano poi le avventure di Tex Willer e Pecos Will: siamo negli anni ’40, e gli eroi del fumetto riflettono, chi con l’audacia e l’intelligenza, chi con l’onestà “tutta d’un pezzo”, le speranze e l’ideale di rettitudine morale del tempo.
Nel ’50 la svolta decisiva: il fumetto si “psicanalizza” e intellettualizza, comincia a rappresentare nevrosi e contraddizioni della società dei consumi come pure, sempre con humor contagioso, a ironizzare sul mito dell’istituzione matrimoniale; è il trionfo di “Peanuts” (in Italia su Linus), di Mafalda, di Andy Capp e più avanti di Cipputi. Con Barbarella e Valentina, negli anni ’60, la narrazione delle nevrosi si sposta sul piano di un’ambigua e raffinata sessualità che, passando per Diabolik e Satanik, aprirà la strada al fumetto sadico e pornografico.
Narrare speranze, sogni e frustrazioni, quindi, ma anche ideologie, corsi e ricorsi collettivi (Corto Maltese, ad esempio, ha recuperato tutto il desiderio dell’avventura romantica che c’era nell’aria): il successo sta forse proprio nel saper parlare al lettore del momento offrendogli, fra nuvolette, caricature e godibilissime vignette, soddisfazione visiva e messaggi d’insuperabile immediatezza.
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- l’Informatore Vigevanese, 26 settembre 1996
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