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ANNI '70: ARTISTE A
MILANO 2007 - Quintocortile,
Milano |
Quintocortile - Viale Col di Lana 8, 20136 Milano - tel.
338.8007617 Comune di Milano - Settore Tempo libero |
▼ Comunicato stampa Quadri e
sculture di alcune artiste operanti nell'area milanese intorno agli anni
'70 tra astrattismo geometrico, poesia visiva, ricerca e contro-design. -
a cura di Donatella
Airoldi - Opere
di: Giuliana Balice, Mirella
Bentivoglio, Alessandra Bonelli, LeoNilde Carabba, Silvia Cibaldi, Dadamaino,
Betty Danon, Fernanda Fedi, Mavi Ferrando, Eliana Lumetti, Lucia Pescador,
Fausta Squatriti, Lucia Sterlocchi, Thea Vallé, Grazia Varisco Vernissage martedì 23 ottobre 2007 alle ore
18,00 Finissage giovedì 8 novembre 2007 alle ore 18:
incontro-dibattito con Roberto Borghi, Chiara Gatti, Angela Madesani,
Giorgio Seveso Orario: 23
ottobre - 8 novembre 20007, da martedì a venerdì h.
17,30 - 19,30 - SABATO 27 ottobre 2007 aperto dalle
16 alle 19 Sì: sono tutte artiste! Tecniche
primarie, tecniche complesse e composte, sperimentali, sculture in resina,
ferro, legno, acciaio, opere a parete disegnate, incise, dipinte,
stratificate di segni, di materiali, di senso. Ogni artista ha scavato il
contemporaneo con il rigore che si osserva nei riti religiosi, cibando la
propria necessità d’arte con raffiche di vento e metodo, lampi improvvisi
lucidamente diretti e ponderazioni di campo. Artiste che sono state tra gli artefici del '68 o le loro
sorelle maggiori e la determinazione e grinta di alcune delle loro opere
realizzate negli anni '70 resta tuttora emblematica. È quello il periodo in cui
per la prima volta nella Storia dell’Arte tante artiste hanno operato
contemporaneamente. Milano
negli anni ‘70 viveva ancora del fervore culturale e artistico del decennio
precedente, era una città internazionale nella quale confluivano personaggi
da ogni luogo. Tutti i protagonisti di quell’epoca credevano fermamente in
qualcosa: l’ideologia marxista, la libertà sessuale, la lotta armata, la
parità tra i sessi, l’arte astratto-geometrica, la body art, le performances,
l’arte come strumento politico, l’arte concettuale, povera, la simmetria,
l’asimmetria, i gruppi .... Ciascuno era un capostipite o un seguace di prima
onda, o meglio un co-capostipite. L’immaginazione al potere era elemento e
alimento di un diffuso sentire rivoluzionario che, si pensava, avrebbe
innovato la società e di conseguenza anche l’arte. In questa
mostra presentiamo opere di forza, artiste autorevoli all’attacco, della
forma, dei materiali, dei volumi, del dissacrante che investe e scaraventa il
mondo. Artiste che sovente sono arcistufe della ‘differenza’,
arcistufe per le scale perennemente in salita che accompagnano il loro fare,
che non può permettersi di sfiorare errori. Artiste capaci di rivoluzioni
gridate a piccoli strappi, capaci di lavorare giorni e notti perché l’opera
non ha raggiunto il suo punto eccellente, la sua lenta morte d’eccesso.
Artiste autorevoli che aggrediscono il nuovo come se fosse un insieme di
ostacoli da spianare, plasmare, dove il non conosciuto è attraente come
sviscerare al buio l’essenza di pieghe, luce e forme. Nei loro lavori fuochi
e cesoie, un rapporto incandescente con il sé e il reale in cui energia,
capacità, conoscenza, sapere, costanza, abbattimento, rivoluzione, sono
battaglie vinte e perse, in attesa di un qualcosa che sconvolga come possono
esserlo una silente massa di opere, sculture, corpi, mani, con le armi in
tasca, in allerta ad ogni piccolo sospiro. Nel loro operare c’è una
preparazione sovvertitrice, uno scartare infinità di opere belle per arrivare
al nodo centrale, allo sconvolgimento della materia, senza abbellimenti o
coperture, a quella astrazione concreta che supera ogni relazione parziale
per raggiungere un qualcosa che assomiglia all’assoluto. “Se si
sale e si scende per le scale si è sempre trattenuti dalla balaustra e quindi
non si può cadere. Ma noi abbiamo perduto la balaustra. Questo mi sono detta.
E questo cerco di fare”. (Hannah Arendt) Anni
settanta. Anni furibondi di godimenti senza discrezione, lotta politica per
sciogliere un’energia vitale che scoppiava dentro. Artiste che si sono
confrontate direttamente col femminismo, artiste che ne hanno preso da sempre
le distanze, ma la consueta festa della Befana a casa di Dadamaino,
dichiaratamente non femminista, era sempre piena di artiste. Non c’erano e
non ci potevano essere isole a Milano, in un contesto tutt’altro che
clandestino si praticava e si annusava la politica e lo scorrere delle parole
in ogni angolo di casa, fossero essi oscuri scantinati semiproletari o case
soleggiate di ricche milanesi che avevano trasformato la loro residenza in un
accumulo stratificato, antropologicamente creativo, di corpi, cibi, politica,
linguaggi, canti, divertimenti, pianti e cancellazioni del privato
trasformato in collettivo. Impigliarsi
nelle grondaie cerebrali e soffocare rigurgiti di anni colpevoli di aver dato
speranze morenti di rivoluzioni affogate nel gorgoglio di un lavandino
intasato. Possiamo diramare ogni parola falsa, ogni gesto di impazienza, ogni
sogno spezzato malamente strappato a piccoli denti di latte. Sgomberare ogni
pezzo di cibo dal corpo nauseabondo immettendo cifre senza risultato,
sorteggiare la sorte in ciclostili feriti copiando pedissequamente la
brutalità del reale. Quando
qualcuna ci riporta agli anni settanta i suoi occhi brillano, il colore del
viso si accende, il cuore sembra per un breve istante rigenerarsi e prendere
da quella storia un’energia strana, un’abbagliante infusione di ormonueroni
che potrebbero all’istante far partire un motore. “Nell’arte
la contestazione ha già intaccato uno dei capisaldi dell’estetica
tradizionale: la necessità che l’arte, per essere arte produca opere d’arte,
cioè oggetti che diventano immediatamente merce e il cui valore si traduce in
prezzo”. (Giulio Carlo Argan 1976) Cosa è
accaduto, cosa sono questi bagliori energetici che passati trent’anni danno
ancora una forza di contaminazione, di spiazzamento creativo, un brivido che
scorre dalla colonna vertebrale all’occhio lucido con traiettoria
cerebellare? “È vero ho
cominciato questo lavoro per far giustizia, per togliere le orchidee
dall’obitorio e mi si sono spalancati davanti gli inferi. Euridice senza
Orfeo, ho incontrato fantasmi che si accalcano alle falde delle gonne... avrò
quel disagio definito resistenza, magari mi sento altro da loro, eppure l’amo
questo continente abbandonato, questa enorme provincia d’ingegni… tacerò che
sottili come una garza furono i diaframmi che divisero i loro atelier dalla
tragedia”. (Lea Vergine, 1979) E la rivoluzione è stata, e la rivoluzione c’è. Donatella
Airoldi ottobre 2007 |
Fonte: Quintocortile - Viale Col di Lana 8, 20136 Milano - tel. 338.800.7617 - segr.telef. 02.5810.2441 - quintocortile@tiscalinet.it www.sitart.org/spazi/quintocortile.htm |
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