Tema: Autolesionismo
e suicidi fra i giovanissimi // Induzione alla depressione >>
Cyberbullismo >> Abuso tecno-digitale
■ Rif.: «IL CYBERBULLISMO COME VOLTO
DEMONIACO DEL POTERE DIGITALE E LE (POSSIBILI) POLITICHE DEL DIRITTO ANTIDOTO»
- Autore: Prof. SILVIO BOLOGNINI (*) - Giuffrè Editore, 2017;
Pubblicazioni CE.DI.S. – Università e-Campus.
(*)
SILVIO BOLOGNINI Prof. Straordinario - Università e-Campus, cattedre
"Teoria generale del diritto" e "Principi giuridici
fondamentali, legislazione e programmazione dei servizi". Direttore
CE.DI.S. - Centro Studi e Ricerche sulle politiche del diritto e sviluppo del
sistema produttivo e dei servizi - Università e-Campus.
Grave e decisamente pesante è l’aumento esponenziale
rilevato in questi ultimi anni – e con punte di raddoppio da un anno all’anno successivo
– dei casi di giovani adolescenti che a causa di cyber-interazioni
dannose hanno tentato il suicidio.
Così l’Autore, Prof. Silvio
Bolognini, della citata pubblicazione «Il Cyberbullismo come volto demoniaco del potere
digitale e le (possibili) politiche del diritto antidoto»:
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«Stando ai dati
dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza e di Skuola.net 2016, la
versione cyber, analogamente a quanto rilevato dalla ricercOa di Jama Pediatrics, sarebbe ancora più
pericolosa, in un contesto che vede crescere in modo preoccupante i suicidi fra i giovanissimi: “Ogni anno
l’Osservatorio Nazionale Adolescenza monitora questi fenomeni e questi
comportamenti degli adolescenti. Secondo
i dati del 2015 gli adolescenti che pensavano al suicidio erano circa il
20%, 2 su 10, e solo il 3,3% aveva tentato il suicidio, rispetto al 6%
del 2016. PARLIAMO DI DATI CHE SONO RADDOPPIATI NEL CORSO DI UN ANNO.
Uno dei fattori che spinge i ragazzi a tentare il suicidio è il bullismo
e ancor più il cyberbullismo. Tra le
vittime del cyberbullismo, infatti, circa la metà pensa di togliersi la
vita”, scrive su L’Espresso la Presidente dell’Osservatorio
Nazionale Adolescenza e direttore del magazine AdoleScienza (6).»
(6)
Manca, M., Il suicidio in adolescenza: un fenomeno in forte aumento
soprattutto tra le ragazze, in L’Espresso, 10 settembre 2016.
(Silvio
Bolognini, «Il cyberbullismo come volto demoniaco del potere digitale e
le (possibili) politiche del diritto antidoto», p.15)
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«(..) Anche la persecuzione che origina e si esaurisce nel cyberspazio è tuttavia in misura
drammaticamente crescente, come rilevato dalle ricerche richiamate
nelle pagine precedenti, ragione
sufficiente ad indurre la vittima alla depressione e al suicidio».
(Silvio
Bolognini, «Il cyberbullismo come volto demoniaco del potere digitale e
le (possibili) politiche del diritto antidoto», p.26)
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◘
Quanto, ancora, al vissuto più
immediato dei giovanissimi a stretto contatto con il mondo del web e dei social media, e quanto, più in particolare, a quei piani più
sensibili e anche più nevralgici del rapporto ‘giovani vs web’ che spesso esprimono un turbolento desiderio di
accettazione e di conferme esterne della propria identità, anche in termini di conferme
del sentimento del "diritto di stare al
mondo", il citato libro del Prof. Bolognini sul cyberbullismo dispiega al
lettore una nutrita serie di situazioni e anche di case-studies
afferenti ad un’altrettanto nutrita casistica tratta dal mondo più
inquietante, più drammatico, del web: quella dell’autolesionismo giovanile, compreso l’autolesionismo
spinto fino all’atto suicidario (di tipo “tradizionale” e più,
perlomeno fino ad oggi, consueto, e quello “ritualizzato” per via cyber
mediata).
Nell’analisi dei casi di
autolesionismo giovanile cyber-indotto ed esitato in suicidio, l’Autore
torna puntualmente a rappresentare sia l’elemento delle modalità interattive,
sia l’elemento della morfologia del cyberbullismo. Più precisamente, il libro del Prof. Bolognini descrive e analizza i “Profili morfologici prioritari” del cyberbullismo (cfr. in particolare la ‘Parte
I’ del libro, a pag. 11 e segg.) e, paragrafo dopo paragrafo, pagina dopo
pagina, conduce a una chiara comprensione dei campi d’azione nei quali si
esplica il fenomeno del cyberbullismo propriamente detto, come pure
dei campi d’azione nei quali a volte i due aspetti del bullismo, quello tradizione e quello
mediato dal cyberspazio, si alternano e/o si sovrappongono oppure, altre
volte, si avviluppano e si autoperpetuano in una catena infinita di atti
incresciosi.
~
«Il cyberbullismo
mostra – tanto più nella sua fase di esordio – vari elementi di continuità
con il bullismo tradizionale, ma nello stesso tempo presenta, nella
variante base che stiamo prendendo qui in considerazione, caratteristiche sue peculiari: una
modalità di aggressione che non prevede necessariamente una relazione
“fisica diretta” fra il bullo e la vittima per cui – almeno nel momento
iniziale – l’’aggressore non vede gli effetti del suo gesto sulla
vittima. Da qui l’azione inibente del web rispetto all’innesco di
meccanismi empatici che potrebbero limitare gli attacchi; la non necessaria
ripetizione nel tempo degli atti aggressivi, stanti le caratteristiche
della comunicazione in rete, per cui anche un solo episodio, divulgato e
rimbalzato verso migliaia di utenti, di fatto sempre disponibile, può
arrecare grave danno alla vittima; l’assunzione di un ruolo minimale da
parte della forza fisica o del carisma del cyberbullo, dato che chiunque,
senza particolari doti fisiche o di leadership,
può compiere atti di cyberbullismo su un numero illimitato di vittime con
semplici operazioni telematiche; l’estensione e la condivisione di
responsabilità anche a chi “semplicemente” visiona un video (rendendosi
sostanzialmente complice dell’aggressione con il proprio silenzio) o
decide (imprudentemente o con esplicita complicità) di commentarlo o di condividerlo
(like; commenta; condividi) con
altri: da qui la decisa amplificazione della rilevanza sociale del
fenomeno in rapporto al bullismo “tradizionale”, tendenzialmente
caratterizzato da un numero relativamente limitato di bulli
“gregari-seguaci”.
In buona sostanza, la differenza più rilevante fra il
bullismo e il cyberbullismo è data dall’assenza dei confini
spazio-temporali nel secondo rispetto al primo: il bullismo avviene di
solito in luoghi e momenti specifici (spesso nel contesto scolastico); il
cyberbullismo investe la vittima ogni volta che si collega allo strumento
elettronico utilizzato dal cyberbullo.»
(Silvio Bolognini, «Il cyberbullismo come volto
demoniaco del potere digitale e le (possibili) politiche del diritto
antidoto», p.13)
~
Ma perché mai – possiamo chiederci – gli effetti
certo spiacevoli e negativi del cyberbullismo dovrebbero evolvere, nella
vittima, in atti tragici, estremi, quali le varie forme
di autolesionismo, il pensiero di suicido e il suicidio effettivamente
agito? Questo genere di domanda ce lo poniamo un po’ tutti allorché
apprendiamo di notizie di “ultimi atti” giovanili, atti tragici appunto,
compiuti a causa di un cattivo vissuto sul web, e in specie sui social
media. E allora si cerca anche di capire perché mai una cyber-relazionalità
debba arrivare ad essere così pesantemente impattante, così devastante. Nel libro del Prof. Silvio
Bolognini l’andamento progressivo degli effetti negativi
cyber-indotti è illustrato molto chiaramente,
con diversi passaggi in cui vengono esposti gli elementi di criticità quali in particolare:
«dimensione dominante» della relazionalità tecno-mediata; «valenza
totalizzante acquisita dalla dimensione digitale» e conseguente rischio
di dipendenza, che in questo caso diventa dipendenza digitale;
autopercezione; emotività e vulnerabilità particolari in rapporto agli
eventuali ‘colpi’ inferti alla propria identità digitale attraverso le
relazioni web-cyber («sperimentazione di feedbacks negativi dalla rete»; cfr. p.133).
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«(..) Se dunque la relazionalità tecno-mediata si
impone come dimensione dominante tanto da renderne la real-time identity sensibilmente
dipendente, la sperimentazione di feedbacks
negativi dalla rete è suscettibile di
impattare in modo devastante sull’emotività e sull’autopercezione del
soggetto generando reazioni – in un rapporto di proporzionalità
diretta con la vulnerabilità dell’individuo – che possono essere anche estreme: ciò accade nel caso del
cyberbullismo (suicidio della vittima), è accaduto nei casi di violenza
riconducibile ad atti di ritorsione richiamati nelle pagine precedenti
(omicidio per reazione ad una “offesa” subita) ed accadrebbe,
verosimilmente, nel caso prefigurato in cui tali atti divenissero parte
integrante delle dinamiche caratteristiche
del cyberbullismo in una sua fase evoluta.»
(Silvio Bolognini, «Il cyberbullismo come volto
demoniaco del potere digitale e le (possibili) politiche del diritto
antidoto», p.133)
~
[Estratti da
Note di Marina Palmieri al libro del Prof. Silvio Bolognini «Il
cyberbullismo come volto demoniaco del potere digitale e le (possibili)
politiche del diritto antidoto», cit.]
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Come già evidenziato, il
Professor Bolognini nel suo libro sul cyberbullismo si esprime molto
chiaramente sui rischi che possono derivare dall’assenza di adeguate strategie educative: «(..) Nello scenario delineato, in assenza di una strategia educativa
tesa a promuovere una “riappropriazione” del proprio “Esserci nel mondo”
(..) atta a riorientare il movimento fluido fra on line e real-time
identity, è plausibile prospettare una progressiva esasperazione dello
scivolamento delle identità create e validate dalla rete (..)» (S.Bolognini, op.cit., p.161). E torna più
volte, l’Autore, a rimarcare nel libro quell’assenza, quel (far) “restare
nello sfondo”, nei processi scolastici, le prospettive socio-educative di natura pedagogica, le dimensioni dell’etica, della morale, le azioni sui modelli socio-relazionali. L’argomento viene
specificamente trattato nella Parte III del libro, intitolata ‘Lineamenti per un approccio non riduzionistico alle
problematiche del cyberbullismo’ (p.169 e segg., op.cit.).
Scrive il Prof. Bolognini in alcuni passaggi nei quali
torna a sottolineare l’importanza di addivenire ad azioni sistemiche per la prevenzione del fenomeno
del cyberbullismo:
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«(..) In questa prospettiva azioni dirette di contrasto
al cyberbullismo sono da accogliere positivamente soprattutto in ragione
degli strumenti messi a disposizione
delle vittime – auspicabilmente atti ad arginare le conseguenze
estreme del cyberbulling – e dei percorsi
di recupero rivolti agli aggressori, il cui cambiamento indotto
avrebbe verosimilmente l’effetto di
disinnescare anche l’eventuale spirale della ritorsione.
Per quanto concerne tuttavia la prevenzione del fenomeno, e delle dinamiche evolutive
prefigurate, una strategia mirata, tesa ad agire sul cyberbullismo quale deriva patologica della razionalità sociale
tecno-mediata, rischia, ribadiamo ancora una volta, di non essere
efficace se non supportata da una contestuale azione sistemica non
solamente in quanto multi livellare e multi-stakeholder (quale è
senz’altro l’azione perseguita dalle istituzioni), ma in quanto basata su
un approccio non riduzionistico del fenomeno in oggetto. (..)»
(Silvio Bolognini, «Il cyberbullismo come volto
demoniaco del potere digitale e le (possibili) politiche del diritto
antidoto», p.169-170)
~
[Estratti da
Note di Marina Palmieri al libro del Prof. Silvio Bolognini «Il
cyberbullismo come volto demoniaco del potere digitale e le (possibili)
politiche del diritto antidoto», cit.]
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